LEGGE DI STABILITA’ 2016 – IL DISCORSO DI CRISTIAN SERGO

Grazie Presidente,

è francamente difficile poter affrontare la discussione generale inerente tre disegni di legge, più una relazione politico programmatica regionale, in soli dieci minuti. Le novità che si susseguono e le diverse modalità con cui si è costretti di volta in volta a lavorare su quella che una volta si chiamava legge Finanziaria – oggi Legge di Stabilità – non agevolano certo il lavoro e nemmeno le valutazioni sui testi presentati.

Dall’inizio della legislatura siamo stati abituati a dividere la programmazione della Regione in due momenti, la Legge Finanziaria di fine anno e l’assestamento di Bilancio. Fino a un anno fa le certezze dal punto di vista economico erano date dagli stanziamenti di inizio anno e una volta stabilito l’ammontare dell’assestamento si potevano fare scelte in merito ai settori sui quali fosse il caso di intervenire. Nel 2015, in virtù dei nuovi disposti normativi, abbiamo avuto una recente dimostrazione di questo con l’approvazione di quello che alcuni colleghi hanno definito “assestamento bis” e ci siamo detti che casi del genere potranno capitare anche in futuro.

Ebbene, qui di “Certo” rimane poco o nulla e di “Certo” rimangono solo le rassicurazioni degli assessori in merito ai futuri stanziamenti per finanziare alcuni capitoli di spesa che, in questa fase, non solo non vengono coperti ma addirittura portati a zero rispetto a quelle che erano le precedenti previsioni. Mi riferisco, ad esempio, ai finanziamenti per le imprese della Regione stabiliti con la Legge Rilancimpresa FVG.

Come già ricordato in Commissione rispetto ai 10 milioni di euro previsti in Legge per l’anno 2016, le imprese avranno a disposizione da gennaio 2016 poco meno di quattro milioni di euro. Gli altri, come rassicurato dal vice presidente Bolzonello saranno stanziati nel corso dell’assestamento di Bilancio.

Questo però non può che portarci ad una riflessione.

I recenti dati Istat attestano il tasso di disoccupazione nella nostra Regione all’8,4% (era l’8% nel 2014), un numero di persone non più occupate pari a 1900 in più nel corso dell’ultimo anno, un numero di imprese attive che si attesta a circa 92.366, ovvero oltre 1000 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Anche i dati di Unioncamere parlano chiaro: continuano a calare le imprese della manifattura -1,7% quelle del commercio -1,3% e le imprese di edilizia, settore tra i più penalizzati dalla crisi degli ultimi anni, ma, evidentemente, non ancora in ripresa anzi in calo dell’-1,9% ed infine quelle dei trasporti che fanno segnare il -3,1%.

Sono mesi che sentiamo parlare di congiunture astrali favorevoli al rilancio delle imprese e della occupazione in Italia, chi attribuisce i meriti al prezzo del petrolio, chi agli aiuti delle Banche (e su questo aspetto stendiamo un velo pietoso), chi al Job Act del Governo Renzi, sui cui risultati spesso e volentieri anche esponenti di questa giunta si lasciano trasportare con facili entusiasmi, poi sempre disattesi dalla lettura dei dati reali.

Difficile anche commentare i dati relativi al Pil regionale. Tuttora non sappiamo se credere ai dati sbandierati dalla giunta per il 2014 (che parlano di un aumento dell’0,8%) oppure a quelli dell’ISTAT che attestano il dato in calo dell’1,3%. Di sicuro ci sono le parole di questa mattina dell’assessore Peroni che afferma che i dati in nostro possesso “non sono ancora del tutto coerenti con l’inversione di tendenza” auspicata, ma che evidentemente ancora non c’è.

Non avrei saputo dirlo meglio, assessore. Non so voi, ma io son sicuro che se uscissimo da questo palazzo e chiedessimo ai cittadini di questa regione quale sia la loro sensazione rispetto all’aumento o al calo del prodotto interno lordo, la maggioranza delle persone risponderebbe in maniera convinta che la crisi non è finita. So che non si dovrebbe dire, che vent’anni di Berlusconismo ci hanno portato a guardare le cose con ottimismo, ma qui non c’è da essere pessimisti, ma solo realisti, leggere i dati e rimboccarsi le maniche.

In una situazione come questa, le ricette della maggioranza che vengono fuori da questa legge di stabilità francamente si fanno fatica a trovare. Da un lato abbiamo gli sforzi fatti, anche in maniera trasversale, per individuare nella Legge 3 del 2015 le possibili soluzioni per il rilancio delle imprese, dall’altro rimane l’incognita dei troppi canali contributivi individuati e dei pochi finanziati in questo momento e come detto non andrà certo meglio nel corso dei primi sei mesi del 2016. E’ vero ci sono i fondi europei che daranno qualcosa più che una boccata d’ossigeno alle imprese del territorio, ma basteranno? A giudicare dall’andamento (positivo in termini di utilizzo delle risorse) dei Fondi 2007 – 2013, pensare di poter sconfiggere la crisi solo utilizzando i fondi europei ci sembra un po’ troppo ottimistico.

Si è vero qualcuno ne avrà beneficiato, molte aziende si sono rafforzate, molte si impongono sul mercato, altri però falliscono, chiudono, abbassano le serrande, lasciano operai per strada e noi più di promettere loro il reinserimento nel mondo del lavoro cosa facciamo? Le nostre imprese hanno bisogno di infrastrutture?

Ce lo sentiamo dire spesso: eppure la dotazione infrastrutturale regionale è superiore ai livelli italiani: “ogni 10.000 abitanti si conta un’estensione autostradale pari a 1,7 km, contro 1,1 km a livello italiano e l’estensione di strade regionali, provinciali o di altre strade è pari a 30 km in FVG e a 28 km in Italia”.

Dati presenti nella relazione politico programmatica di questa giunta e non sul blog di Beppe Grillo.

Dal punto di vista ferroviario sempre sulla relazione si riporta che: “La rete in esercizio è pari a 6 km per 100 km2, nel resto della penisola al 2007 era a 5,4, e nella nostra Regione il 64% è a doppio binario elettrificato, quota che in Italia è pari al 45%”. Eppure, si fa un gran parlare in questi mesi di velocizzare la linea ferroviaria Venezia Trieste con 1 miliardo e ottocento milioni di euro. In questa sede ci sembra giusto ricordare che il commissario straordinario per la realizzazione di questa linea, che era stato individuato per quella tratta – Bortolo Mainardi, non proprio un grillino o un No Tav – disse che “con 800 milioni di euro avremmo potuto riqualificare l’esistente, collegare l’aeroporto di Venezia, superare la stazione di Mestre, quadruplicare il bivio San Polo-Monfalcone, raddoppiare la tratta Palmanova-Udine, ed eliminare i circa 30 passaggi a livello”. E ricordava ancora Mainardi come “già solo con l’eliminazione dei passaggi a livello si potrebbero raggiungere i 200 chilometri l’ora”. A cosa serva l’altro miliardo di euro francamente non riusciamo a capirlo. Il tutto per guadagnare al massimo 19 minuti di tempo. Già oggi infatti i Frecciabianca collegano i due capoluoghi di Regione in un’ora e 24 minuti e con le nuove opere lo faranno in un’ora e cinque minuti: una rivoluzione! Comprendevamo di più i docenti dell’Università di Udine che in un recente Forum organizzato nell’Ateneo ipotizzavano di investire un miliardo di euro per sistemare tutti i nostri nodi logistici (scali ferroviari, interporti, porti) per realizzare il Porto Regione.

Nello stesso modo, benché sia passato un anno e mezzo dall’annunciato cambio di strategia sulla Linea ferroviaria Venezia Trieste con (momentaneo) accantonamento del progetto da 7,5 miliardi di euro, non riusciamo a comprendere come in tutto questo tempo non si sia trovato il modo di ascoltare i territori che saranno interessati da questi investimenti. Anzi RFI dà già per scontato che non ci saranno ostacoli alla realizzazione dell’opera, atteso che la maggior parte del progetto sarà lo stesso presentato nel 2010. Ecco appunto, sinceramente non mi risulta che questo progetto fosse così ben voluto dai territori, ma ormai il deposito dei progetti è dato per imminente e lo scopriremo.

L’unica certezza è che verrà presentato ancora carta che si accumulerà alla precedente, che a detta del commissario straordinario ci è già costata 22 milioni di euro, di cui 6 pagati dall’Unione europea.
Con tutta questa partecipazione e condivisione temiamo già – ma ovviamente non ce lo auguriamo – che anche il prossimo progetto sarà fortemente osteggiato dai cittadini. Quei cittadini che in queste grandi opere non hanno mai voce in capitolo, e che anche quando ce l’hanno, dentro le urne, il loro parere non viene mai tenuto in considerazione dai politici che vincono le elezioni.

Per quanto riguarda la rete ferroviaria grazie ad un emendamento in questa Legge di Stabilità avremo un contributo straordinario di 1.620.000,00 per i lavori di realizzazione del nuovo scalo ferroviario a servizio del Consorzio per lo sviluppo industriale del Friuli Centrale. In commissione, volendo chiedere alcuni chiarimenti all’assessore Santoro su quest’opera ci siamo sentiti dire che lo scalo della Ziu sarà realizzato per la Ziu e non per l’Abs, che però è una società della Ziu. Evidentemente l’assessore deve aver cambiato idea o ha potuto approfondire un po’ di più la questione, perché un anno e mezzo fa in quest’aula parlando dell’opera oggi oggetto di contribuzione disse: “per quanto riguarda lo scalo previsto alla ZIU faccio una piccola, diciamo così, parentesi, sottolineando com’è a servizio dell’ABS. Non è uno scalo di Interporto, ma l’ABS è una delle aziende più importanti nell’ambito della nostra Regione”. Era il 24 giugno 2014 e si discuteva la mozione n. 55: “Sul sistema intermodale della Regione” (d’iniziativa dei consiglieri: Travanut, Shaurli. Eppure l’opera dovrebbe conoscerla bene visto che di uno scalo ferroviario nella Ziu si parlava anche nel 2011, anno in cui veniva inserito anche nel piano regolatore del Comune di Udine, di cui era lei stessa assessore alla pianificazione territoriale.

Poi però quelli che devono approfondire le materie siamo sempre noi.

Infine, come già ricordato dai miei colleghi in questa Legge di Stabilità abbiamo una grande assente: l’energia. Quasi a dimostrazione che per la giunta regionale le grandi questioni stanno fuori da questo disegno di legge. Tutti i piani più importanti (Piano Paesaggistico, Piano Tutela Acque e appunto il Piano Energetico) devono ancora essere approvati, nonostante i conclamati ritardi e i record non sempre positivi che questa amministrazione riesce a collezionare.

Ritardi che, in questo caso, come invece è abitudine fare per le grandi opere, non si possono certo imputare alle proteste dei cittadini. Eppure sappiamo benissimo che i ritardi delle Grandi Opere, anche quelle già finanziate, troppo spesso sono dovuti proprio alla mancanza di condivisione e partecipazione delle scelte della pubblica amministrazione.

Stessa cosa che è successa per la realizzazione dell’Elettrodotto Udine Redipuglia Ovest, dove per poter veder riconosciute le proprie ragioni alcuni cittadini di questa Regione si sono visti dare ragione dal Consiglio di Stato. Se solo lo avesse fatto a suo tempo anche l’amministrazione regionale a quest’ora probabilmente avremmo il nostro elettrodotto interrato, così come si sta costruendo altrove. Invece abbiamo un’opera costruita a metà, con caparbia e arroganza che non sta servendo a nessuno, che non si sa che destino avrà.

L’unica cosa certa sono i soldi spesi per costruirla e quelli che serviranno per rifarla.

Tanto a pagare son sempre gli stessi: i cittadini!