È piena di incongruenze la legge approvata ieri dal Consiglio regionale. Alcune delle quali saranno sicuramente impugnate dalla Corte costituzionale. Le più gravi sono l’ampliamento del periodo e dell’orario di caccia al cinghiale due ore prima del sorgere del sole e quattro ore dopo il tramonto e la possibilità data ai cacciatori di sopprimere gli ungulati feriti a seguito di incidente stradale. Animali che diventeranno di proprietà della riserva dove l’animale viene trovato, quando invece, per legge, sono patrimonio indisponibile dello Stato.
Tra le altre disposizioni a nostro avviso inaccettabili diventate legge troviamo anche l’eliminazione del divieto di utilizzo del cane segugio entro 1 km dalle aree protette e la libertà d’immissione del cosiddetto “pronta caccia”. Pratica assurda che prevede la liberazione di diversi esemplari di animali, solitamente fagiani, per poi cacciarli. Uccelli che, di solito, vengono liberati di sera e cacciati la mattina seguente. Inoltre sarà possibile cacciare in modo tradizionale anche su terreni coperti da neve in zona faunistica, quando per gli animali è molto difficile nascondersi, e viene fatto divieto al Corpo forestale regionale di controllare i tesserini di caccia. Controllo che potrà essere effettuato solo durante l’attività venatoria. Assurdo, veramente assurdo, che un ente pubblico titolare di un organo di vigilanza, quale il Corpo forestale regionale, continui, ogni volta che gli si presenta la possibilità, a depotenziare il proprio organo.
La nuova norma regionale consente poi di uccidere fino a 25 colombacci per giornata di caccia quando prima il limite era di 5 uccelli. Di fatto è stato modificato il calendario venatorio che indica l’inizio e il termine della stagione venatoria, le specie cacciabili, il regolamento di caccia e le modalità di caccia. Modifica che molto probabilmente sarà oggetto di ricorso da parte dello Stato. Ricordiamo che la Corte costituzionale si è infatti già espressa più volte – anche nei confronti di regioni a statuto speciale – sancendo l’obbligatorietà del parere dell’Ispra sugli atti di pianificazione venatoria e l’illegittimità dell’utilizzo dello strumento “legge” in luogo dell’atto amministrativo per l’articolazione dei calendari venatori.
A nostro avviso, compito di una amministrazione regionale dovrebbe essere quello di far sedere attorno a un tavolo gli attori coinvolti: corpo forestale, cacciatori, associazioni ambientaliste, uffici che si occupano di tematiche di protezione della fauna, di biodiversità e di attività venatoria, consiglieri regionali. Solo, infatti, attraverso un comitato ristretto o una sottocommissione, priva di pregiudizi e preclusioni, si poteva mettere in campo una vera riforma organica su questa materia. Percorso che non si è voluto intraprendere. Questa legge allontanerà ancora di più i mondi che ruotano attorno a questa materia, rendendo vani gli sforzi fatti da tempo. Rimaniamo basiti dal fatto che tutti siano consapevoli che queste modifiche siano state introdotte solo da alcuni rappresentanti del mondo venatorio e che questi cacciatori ringrazino la presidente della Regione Debora Serracchiani per aver portato avanti le loro richieste.