Il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle non ha partecipato al voto sulla mozione relativa a “Rimozione alle cause di ordine economico e sociale all’aborto e sostegno alla maternità in applicazione della legge 22 maggio 1978, n. 194”. L’aula ha approvato un emendamento del gruppo pentastellato che elimina la previsione secondo cui il sostegno alla natalità e maternità a favore delle donne disoccupate o in grave difficoltà economica avrebbe riguardato soltanto le cittadine italiane e comunitarie. Lo stesso emendamento, inoltre, indica la necessità di informare la Commissione consiliare competente in merito all’applicazione della legge 194 in Friuli Venezia Giulia.
“Tuttavia riteniamo grave il mancato accoglimento del subemendamento che ribadiva l’impegno alla piena attuazione della legge 194. – afferma il consigliere Cristian Sergo – Una bocciatura che svela l’intento strumentale della mozione, la quale avrebbe meritato maggiore condivisione vista l’importanza e la delicatezza del tema trattato”.
“La mozione originariamente era del tutto irricevibile – ha spiegato Andrea Ussai – in quanto la difesa della vita e il sostegno alla natalità sono principi condivisibili da tutti ma farlo soltanto per i cittadini italiani e comunitari racchiude un’ideologia chiara e intollerabile”.
Nel testo inoltre, sempre sulla base dell’emendamento, è stata riscritta la premessa relativa ai dati sull’aborto in Italia: “Se è vero che nel 2016 i casi di interruzione di gravidanza sono stati 84.926, bisogna però sottolineare che rispetto all’anno precedente c’è stata una riduzione del 3,1%, stando alla relazione elaborata dal Ministero della Salute” ha precisato Ussai.
“Con il nostro emendamento – ha concluso il consigliere del Movimento – abbiamo comunque reso più accettabile la mozione. La denatalità è senza dubbio un problema cruciale del nostro Paese ma va affrontata senza preconcetti ideologici. Basti pensare che un terzo degli aborti riguarda donne straniere e che le interruzioni di gravidanza sono in crescita tra le ragazzi comprese tra i 15 e i 20 anni. Serve quindi, soprattutto verso queste categorie di donne, un impegno di educazione e informazione”.
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