Spesso questa Regione, nel redigere leggi e regolamenti in materia venatoria, ha confuso le sue prerogative di autonomia con l’anarchia. Lo testimoniano la lunga serie di ricorsi, controricorsi e pronunciamenti degli organi di giustizia, dalla Corte Costituzionale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Nella lunga serie di avventurose alchimie per aggirare obblighi di tutela imposti da norme nazionali e comunitarie, la Regione ha costantemente dimenticato un punto chiave: la fauna selvatica non è un arrosto, ma è invece – come ribadito dalla legge – un “patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”.
Nonostante gli interventi del Governo nazionale e le sentenze della Corte Costituzionale, permangono invece nella legislazione venatoria del Friuli Venezia Giulia delle gravissime anomalie, che – come denuncia anche la componente più moderata del mondo venatorio – minano la stessa conservazione del patrimonio faunistico, soprattutto per quanto riguarda le specie a maggior rischio.
Qualche esempio: la caccia sui terreni coperti da neve è vietata dalla legge nazionale, che la consente con alcune eccezioni solo in montagna. In Friuli Venezia Giulia la legge regionale prevede invece che sia “vietato cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, fatta eccezione per la caccia agli ungulati, comunque svolta, ai tetraonidi, ai palmipedi ed ai trampolieri, nonché alla cesena. È fatta altresì eccezione per la caccia alla lepre che è consentita solo 48 ore dopo l’ultima nevicata”.
Le norme nazionali e internazionali impongono poi di individuare lungo le rotte di migrazione i punti attraversati dagli uccelli – i cosiddetti “valichi montani” – e di interdire la caccia in queste aree. Ebbene, nel Friuli Venezia Giulia questi punti sono stati individuati presso i valichi di Stato automobilistici, quasi a pensare che gli uccelli per migrare debbano mostrare il passaporto.
Ancora. Gli accordi internazionali, ormai dal 2000, obbligano gli stati a eliminare il piombo dalle munizioni da caccia. In Friuli Venezia Giulia si è tentato di aggirare l’ostacolo consentendo ancora l’utilizzo del piombo, purché nichelato. Ovviamente questo escamotage non allevia in alcun modo le gravi conseguenze delle contaminazioni da piombo né per l’ambiente e né per gli animali selvatici.
La questione più grave riguarda però la totale privatizzazione della caccia in Friuli Venezia Giulia. Mentre le norme sovraordinate imporrebbero che gli organi di gestione faunistica e venatoria siano composti da agricoltori, ambientalisti, enti locali e cacciatori, nel Friuli Venezia Giulia tutta la gestione è affidata al solo mondo venatorio organizzato in riserve di caccia; l’approvazione degli atti gestionali delle riserve di caccia dal 2008 non è più affidata alla Regione, ma agli stessi cacciatori, riuniti nei distretti venatori.
Anche sul Piano Faunistico Regionale, atteso da 23 anni e recentemente approvato dalla giunta Serracchiani, la Regione sta giocando con il fuoco. Molte delle prescrizioni indicate dal Piano dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sono state infatti ignorate o a dir poco “annacquate”. Sta di fatto però che la giurisprudenza italiana ed europea hanno più volte ribadito come i pareri dell’Istituto siano vincolanti, in quanto sono in grado di garantire l’applicazione di standard minimi uniformi per la tutela delle fauna selvatica su tutto il territorio nazionale. A questo proposito il MoVimento 5 Stelle ha chiesto ad Ispra ulteriori chiarimenti, sulla compatibilità del piano approvato e delle norme in vigore, con le norme sovraordinate e la conservazioni della fauna selvatica. È bene sottolineare che la risposta, contenuta all’interno della mozione, ha finito per destare numerose perplessità.
L’altra mozione depositata riguarda una situazione gravissima: la mancanza di controllo sulle carni di selvaggina e la loro commercializzazione. Anche in questa materia, la Regione ha ignorato gli obblighi imposti dai regolamenti europei e dalla sue stesse norme (L.R. 6/2008), creando una situazione di rischio sanitario per la comunità e facilitando l’attività di bracconaggio e l’immissione sul mercato di selvaggina priva di controllo sanitario.
Con queste due mozioni, vogliamo impegnare la Giunta Serracchiani a porre fine a queste problematiche, scegliendo una volta per tutte di tutelare i cittadini e la fauna selvatica e non i soliti interessi delle lobby.
Qui di seguito:
Le mozioni presentate dal Gruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale (Mozione 1 – Mozione 2)
Il parere del Ispra sul Piano faunistico
I chiarimenti dati da Ispra al Gruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale