“Siamo contenti che l’assessore Shaurli condivida l’obiettivo della nostra proposta di legge istituire la “Banca della terra”. Si vuole dare vita a un progetto finalizzato a riportare a fini agricoli alcune terre demaniali e pubbliche della Regione. Un primo passo che trova tutto il nostro appoggio”. Non nasconde la sua soddisfazione il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Cristian Sergo dopo la decisione della giunta Serracchiani di allocare nuove risorse in difesa del nostro territorio.
“Come avevamo sottolineato nella nostra proposta di legge depositata a Settembre la Banca della terra è uno strumento molto semplice che può avere enormi effetti indiretti e a lungo termine su diversi aspetti della pianificazione del territorio – spiega Sergo -. Recuperare i terreni incolti significa riappropriarsi, infatti, di terre abbandonate da tempo e considerate marginali. Significa quindi riportare imprese e famiglie in zone a forte calo demografico, creando quindi piccoli circuiti economici. L’obiettivo è quello di incentivare la nascita di aziende agricole e zootecniche perché si insedino e fungano da presidio permanente a salvaguardia dei territori, per la prevenzione del dilavamento e l’erosione del suolo fertile, nonché il rischio di incendi”.
“Crediamo però che sia necessario realizzare un inventario completo e aggiornato dei terreni incolti sia di proprietà pubblica che di quella privata. Questo inventario – afferma il consigliere del M5S – dovrebbe poi essere reso pubblico per consentire ai privati interessati di redigere un piano di uso del terreno, per la sua coltivazione o il suo sfruttamento a pascolo. Un piano da consegnare poi alla Direzione regionale competente in agricoltura che, valutati i piani, potrebbe quindi assegnare i terreni”.
“Il recupero produttivo delle terre incolte è un tema estremamente rilevante per la nostra Regione. È stato recentemente stimato dall’amministrazione regionale che a fronte di 30mila campi coltivati sul nostro territorio ne esistono almeno altri 100mila abbandonati o incolti, situati in particolare nelle aree montane e in quelle considerate economicamente marginali. Queste aree, storicamente caratterizzate da una estrema frammentazione della proprietà, hanno subito fortissimi episodi di spopolamento e continuano ad essere soggette a fenomeni di invecchiamento della popolazione e di abbandono dei terreni agricoli. Le aree non coltivate sono sottoposte a un rapido processo di rimboschimento e spesso dipendono da sussidi pubblici per rimanere a prato e a pascolo. Questo fenomeno di rimboschimento – conclude Sergo – non può essere visto come una positiva “rinaturalizzazione”. Si tratta infatti di un indicatore di abbandono del territorio e di allontanamento delle comunità locali dall’ambiente naturale”.