Una indagine della Guardia di Finanza e della Procura di Gorizia mette in forte dubbio la validità degli affitti di ramo d’azienda imposti dai centri commerciali ai piccoli negozi. Tutto parte da un caso specifico, che riguarda il Tiare di Villesse, ma questo sistema è diffuso sull’intero territorio regionale e nazionale e coinvolge molti imprenditori e i loro dipendenti.
Di questa situazione nei prossimi giorni sarà informato anche il Parlamento e l’esecutivo nazionale. Il deputato del MoVimento 5 Stelle Claudio Cominardi si è detto, infatti, disponibile a portare all’attenzione del governo Gentiloni i risultati di questa indagine che potrebbe avere ricadute importanti sull’intero territorio regionale e italiano.
“Non lasciano spazio all’immaginazione le conclusioni cui sono giunti la Procura di Gorizia e il Nucleo di Polizia Tributaria di Gorizia, a seguito di un esposto presentato alla Guardia di Finanza da Barbara Nadale, una delle tante imprenditrici che ha ceduto nel 2012 alle sirene dei centri commerciali, aprendo un negozio all’interno del Tiare Shopping Centre di Villesse – spiega il capogruppo del M5S in Consiglio regionale Cristian Sergo -. Dopo l’apertura, da subito sono sorti alcuni problemi. La commerciante è già stata protagonista, infatti, di una protesta legata alle perdite degli impianti fognari che di fatto sporcavano la merce e il negozio. Ma come sappiamo il Tiare è tristemente famoso anche per i mancati pagamenti alle ditte esecutrici”.
“Il sogno di una giovane imprenditrice friulana si è dimostrato fin da subito un incubo – aggiunge Sergo -. Va ricordato che a Barbara Nadale è stato consegnato un locale grezzo, nemmeno rifinito dal punto di vista dell’impiantistica e senza le vetrine. Tutte spese che sono state affrontate con investimenti personali di centinaia di migliaia di euro. Dopo le problematiche sorte, che si sono ripresentate anche nel corso del 2015, la commerciante ha prima cercato un concordato con la proprietà, poi si è vista costretta a non pagare più i canoni di affitto previsti dal contratto e per questo le è stato intimato di lasciare il locale, prendersi l’arredamento del negozio, ma di non toccare tutte le migliorie apportate agli impianti e alla struttura, comprese le vetrine”.
“Barbara Nadale ha quindi presentato un esposto alla Guardia di Finanza finalizzato a difendere le proprie ragioni. A seguito di accurate indagini – rivela il consigliere pentastellato – gli inquirenti hanno potuto accertare che sarebbe stato più opportuno stipulare un contratto di locazione commerciale, molto più favorevole per i commercianti che per i proprietari, anche perché dalle risultanze è emerso che non vi era alcuna attività avviata che potesse essere ceduta come ramo d’azienda (volturata). La Villesse Shopping Centre risulta, infatti, in possesso dell’autorizzazione a svolgere attività commerciale presso i locali del Tiare Shopping ma non avrebbe mai segnalato l’inizio di una sua attività commerciale al Comune di Villesse, sebbene nell’atto notarile stipulato con Barbara Nadale si dichiarasse in possesso di una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia). Come sia possibile che un’attività mai avviata sia stata affittata e volturata con una Scia presentata dalla Nadale Fashion al Comune di Villesse rimane un mistero – afferma il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle -. Un mistero che necessita di essere svelato una volta per tutte dalle autorità competenti. Per ora sulla natura di questo contratto si è espressa in maniera inequivocabile la Polizia tributaria di Gorizia attestandone la falsa qualificazione giuridica”.
“È bene fare chiarezza su questi rapporti commerciali perché sono coinvolti anche molti dipendenti, ovviamente di tutti i centri commerciali che presentano situazioni analoghe. La firma di questi contratti definiti “capestro” dallo stessa Procura di Gorizia con contenuti estremamente “pesanti” inseriti dalla parte dominante – ovvero dalla proprietà – comporta l’accettazione di clausole vessatorie che già in altre parti d’Italia sono state contestate e su cui ci sono indagini e processi in corso. Una di queste clausole riguarda i lavoratori dipendenti dei negozi che, una volta cessato il contratto, invece di esser assorbiti dalla proprietà (in continuità con l’attività commerciale asseritamente volturata) vengono spesso licenziati – conclude Sergo – con tutte le conseguenze che questo comporta per centinaia di famiglie e anche per le casse pubbliche in termini di ammortizzatori sociali”.
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