Con l’approvazione dell’emendamento proposto dalla maggioranza e sottoscritto anche dai consigliere di opposizione, si pone temporaneamente fine alla questione legata al centro faunistico di Terranova scoppiata poche settimane fa.
Qualche sassolino dalla scarpa, adesso, ce lo possiamo togliere. Se alla fine, la maggioranza di centrosinistra è stata costretta ad agire per risolvere il problema, è solo perché è diventato evidente al mondo intero che il bando fosse stato scritto con i piedi; lo ha confermato anche lo stesso Assessore in aula. E a dimostrazione di questa tesi, ci sono stati innumerevoli interventi da parte di enti e persone altamente qualificate (Isola della Cona, forestali, la riserva di Miramare ecc. ecc.), che pubblicamente hanno sostenuto la qualità del centro di Terranova.
Centinaia di cittadini e decine di associazioni, alcune riconosciute a livello nazionale, si sono attivate inoltre per raccogliere le firme della petizione che oggi è stata depositata in Consiglio regionale. In soli cinque giorni la petizione on-line ha raggiunto, infatti, un numero straordinario di adesioni, toccando lunedì quota 12688. Una cifra incredibile, alla quale vanno sommate anche le oltre 13 mila firme raccolte sui moduli della petizione consegnata oggi nelle mani del presidente del Consiglio regionale. Numeri che parlano da soli!
Quando si toccano strutture di questo tipo, che così tanti cittadini apprezzano per l’amore, la competenza e la dedizione dimostrata giorno dopo giorno dai gestori del centro di Terranova, è normale che si chieda alla Regione di riparare i danni fatti. Ancora una volta i cittadini hanno lanciato un messaggio importante a chi ricopre ruoli istituzionali: la politica deve sempre ascoltare i cittadini di questa Regione.
Fortunatamente per una volta – forse l’unica – i cittadini sono stati ascoltati, anche grazie alle pressioni che noi del MoVimento 5 Stelle e altri consiglieri di opposizione hanno esercitato fin da subito nei confronti dell’assessore Panontin.
Speriamo che la situazione venga risolta una volta per tutte con il nuovo bando. Ci auguriamo venga predisposto tenendo conto anche delle specificità dei territori e dei centri che sul territorio sono presenti. Va messa la parola fine a questo modo di operare. I cittadini vanno ascoltati, sempre.
CENTRO FAUNISTICO DI TERRANOVA: LA POLITICA DEVE SEMPRE ASCOLTARE I CITTADINI
CEMENTIZILLO: AMMESSA L’ESISTENZA DI EMISSIONI DI AGENTI CANCEROGENI
La questione posta dalla nostra interrogazione a risposta immediata è molto tecnica ma estremamente rilevante dato che riguarda una realtà (quella dei Pcb rilevati nel territorio maniaghese) che dovrebbe da tempo essere monitorata in maniera approfondita.
I Pcb (policlorobifenili) sono dei composti chimici, sintetizzati dall’uomo nel secolo scorso e non presenti in natura né risultanti in maniera accidentale da processi industriali, utilizzati soprattutto in trasformatori e condensatori fino alla messa al bando nel 1988. Per la loro tossicità nei confronti dell’uomo e dell’ambiente sono considerati oggi tra gli inquinanti più pericolosi esistenti, tanto che l’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro (Iarc) di Lione li ha classificati come agenti cancerogeni certi per l’uomo. Lo smaltimento dei Pcb avviene in maniera prioritaria tramite incenerimento ad altissime temperature in appositi impianti per l’incenerimento o coincenerimento di rifiuti pericolosi che devono sottostare a stringenti limiti e norme tecniche di funzionamento. Come evidenziato nei Piani regionali per la decontaminazione e lo smaltimento degli apparecchi contenenti Pcb soggetti e non ad inventario, nonché nella risposta dell’assessore Vito alla nostra interrogazione di luglio, nel Friuli Venezia Giulia non esistono impianti autorizzati allo smaltimento dei Pcb (ma solo al pretrattamento e stoccaggio).
Da dove viene quindi il Pcb rilevato in questi anni nei polli e nelle uova analizzati nel Maniaghese? Ricordiamo oltre al fatto che ad oggi risultano ben 6 polli e 1 campione di uova fuori limite di legge, che tutti i campioni fin qui analizzati (quindi anche quelli entro i limiti) hanno elevate concentrazioni di Pcb rispetto ad altri inquinanti, ma soprattutto che i diversi riscontri evidenziano una diffusione tale sul territorio che non può essere giustificata da sversamenti accidentali puntuali.
Analizzando i risultati dei controlli annuali sulle emissioni eseguiti dallo stesso Cementificio di Fanna negli ultimi 5 anni, scopriamo che l’impianto ha emesso Pcb dal camino principale, pur non essendo autorizzato a smaltire o trattare alcun rifiuto contenente Pcb; e questo nemmeno in quantità esigue (pur entro i limiti fissati dall’Aia): per fare un esempio, prendendo il valore riscontrato nel 2015 come media e immaginando di moltiplicarlo per volumi e giorni di emissione, arriviamo a un’emissione annuale di 4,3 kg! Chilogrammi di una sostanza che è tossica per l’uomo in dosi di miliardesimo di grammo!!
La domanda che abbiamo posto all’assessore Vito oggi chiedeva appunto l’origine dei Pcb emessi dalla Cementizillo dal 2011 al 2016, prima quindi che iniziasse la combustione del Combustibile solido secondario (Css). La risposta dell’assessore è stata semplicemente imbarazzante, sia dal punto di vista politico che da quello scientifico.
Innanzitutto Vito fa notare che il valore riscontrato dai controlli a camino del 2016 è di 0,00093 mg/Nm3, 2-3 ordini di grandezza inferiore rispetto al limite autorizzato (0,5mg/Nm3). Peccato che, in barba a precise indicazione dell’Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale), tale impianto non dovesse essere proprio autorizzato ad emettere Pcb con tale limite massimo previsto per gli impianti appositamente predisposti allo smaltimento termico di rifiuti speciali, limite che rappresenta il minimo di tutela che deve essere in ogni caso garantito, ma che in sede di rilascio dell’Aia, sempre secondo Ispra, può essere prescritto di valore inferiore rispetto alle normative nazionali. Peccato anche che, se teniamo in considerazione il volume effettivo di emissione della cementeria (ben 320.000 m3/h), il limite indicato nell’Aia si traduce in un’autorizzazione ad emettere fino a 1,4 tonnellate di Pcb all’anno e il valore riscontrato nel 2016 significa che sono stati emessi 2,6 kg di Pcb in tale anno!
Una assurdità, soprattutto in considerazione del fatto che il limite vale anche prima dell’introduzione di rifiuti nel processo termico (conversione che è avvenuta solo in aprile 2017, ben successivamente alle analisi qui considerate) e del fatto che altri cementifici in Italia contemplano emissione di Pcb solo con l’utilizzo di rifiuti come combustibile.
Ma l’assurdità più grande riguarda l’affermazione che i Pcb si formino normalmente durante i processi di combustione, in qualsiasi processo chimico che coinvolga cloruro e carbonio organico o nella combustione incompleta di combustibile che contenga impurità.
Ci dispiace smentire l’assessore, ma è evidente che chi le ha scritto la risposta o non ha ben presente la materia, o merita un Nobel per la Chimica per aver scoperto dei processi sconosciuti alla letteratura scientifica!
I Pcb non si sintetizzano con energia termica (processi di combustione), ma solo si distruggono a 1150 °C; si producono tramite un ben determinato processo chimico, che alla base ha – questo sì – cloruro e composti organici, ma non da qualsiasi processo chimico che li coinvolga!!! Anche perché il brevetto per produrli industrialmente, che la Caffaro di Brescia acquistò presso l’americana Monsanto, fu pagato a peso d’oro, proprio perché il processo era unico!
Inoltre se, come ipotizzato dall’assessore, nel processo di combustione del Cementificio si utilizzassero miscele di olio con impurità, contaminate quindi da Pcb in maniera residuale (cosa che non giustificherebbe comunque tali valori di emissione), vorrebbe dire che non si sono rispettate le leggi che prevedono la separazione e lo smaltimento controllato dei Pcb!
L’unica cosa positiva di questa insensata risposta è il fatto che per la prima volta finalmente si ammette l’esistenza di una fonte decisamente rilevante di emissioni diffuse di Pcb sul territorio maniaghese: non sarà più possibile accettare dagli organi competenti fantasiose ricostruzioni che danno la colpa della contaminazione da Pcb all’incuria dei cortili di un paio di cittadini! Visto che le emissioni del Cementificio sono da anni a disposizione degli uffici regionali e di Arpa, anche solo ipotizzare di incolpare prioritariamente i singoli cittadini è stata a tutti gli effetti una vergognosa presa in giro.
UCCELLI DESTINATI A FIERE E MERCATI: NO ALLE GABBIE PIÙ PICCOLE
In Consiglio regionale è stato approvato un emendamento alla legge sul benessere animale che consentirà l’uso di gabbie di dimensioni inferiori a quanto previsto dalle legge, per gli uccelli destinati a fiere e mercati ornitologici. Questo emendamento, che si occupa in particolare dei concorsi canori, va contro la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, sottoscritta anche dal nostro Paese e contro numerose norme nazionali che disciplinano questa materia.
In questo caso, però, si va addirittura oltre. È stata inserita anche una “bella” moratoria. L’emendamento prevede infatti che le nuove disposizioni vengano applicate ai provvedimenti sanzionatori in corso. Un’altra vergogna voluta dal Partito democratico che governa questa regione; Pd che ha voluto introdurre modifiche alla norma sul benessere animale, che inizialmente prevedeva tutele decisamente maggiori per questi animali. Oggi creiamo ulteriori animali di serie B. Per il Pd gli uccelli che partecipano ai concorsi canori non possono avere le stesse tutele.
Con una ulteriore modifica, il consigliere del Pd Agnola ha dichiarato che questa previsione vale solo 20 giorni all’anno, ovvero nelle giornate in cui le fiere coincidono con le mostre canore. Ancora più angosciante pensare che la maggioranza abbia voluto fare questa precisazione, come se – siccome sono solo 20 giorni all’anno – ciò possa essere consentito.
Inoltre questo emendamento è in contrasto con alcune sentenze della Cassazione che ha stabilito che, nell’ambito del maltrattamento degli animali, disposizioni di questo tenore possano esser penalmente rilevanti. Vengono tollerate così sofferenze inutili per questi animali che in queste condizioni non possono né volare né muoversi liberamente all’interno di una gabbia, a tutto vantaggio di chi fa profitto con queste manifestazioni.
Abbiamo denunciato queste atrocità in Consiglio regionale perché rimanga agli atti e perché non vogliamo essere corresponsabili di simili brutalità. Non possiamo accettare che gli animali non vengano tutelati in modo adeguato. Nessuna deroga deve essere prevista per chi viene multato per aver commesso un reato di carattere penale. In questo caso a rimetterci sono essere viventi costretti all’interno di gabbie molto anguste; a guadagnarci sono esseri umani. Purtroppo nel Friuli Venezia Giulia sono ancora troppi i politici che mettono altri interessi davanti al benessere degli animali.
CHIUSURA UFFICI POSTALI: PENALIZZATI MOLTI COMUNI DEL FVG
Anche nel Friuli Venezia Giulia il governo Gentiloni deve garantire il servizio universale di corrispondenza su tutto il territorio nazionale, compromesso dal contratto di programma 2015-2019 tra Poste Italiane e il Ministero dello Sviluppo Economico. Con il cosiddetto Piano di razionalizzazione, infatti, è stata introdotta la consegna a giorni alterni della corrispondenza ed è stato dato il via alla chiusura di numerosi uffici postali nei piccoli centri, privando così moltissimi comuni della nostra regione di un servizio essenziale, come appunto quello postale. Ricordiamo che per questo servizio Poste Italiane incassa ben 262,4 milioni di euro l’anno di soldi pubblici.
Questi tagli hanno prodotto tonnellate di missive in giacenza, con bollette consegnate anche dopo la scadenza, e compromesso persino invii prioritari, come raccomandate dell’Inps, avvisi di Equitalia e telegrammi. Questo scellerato piano di riorganizzazione, che andrà a regime ad inizio 2018 e coinvolgerà decine di comuni della nostra regione, contrasta con le norme Ue che obbligano gli stati membri ad assicurare la raccolta e la distribuzione degli invii postali al domicilio del destinatario ‘come minimo cinque giorni lavorativi a settimana’ e non per 5 giorni ogni 2 settimane come fa invece Poste Italiane. Secondo la Ue solo in presenza di circostanze o condizioni geografiche eccezionali è ammessa la fornitura di questo servizio per un numero inferiore di giorni. Profili di eccezionalità che, per stessa ammissione di Poste Italiane, non esistono: difendendosi davanti al Tar, Poste Italiane ha infatti ammesso che la riduzione del servizio non dipende da particolari difficoltà nel raggiungere le località interessate bensì da un mero calcolo di convenienza economica.
Anche il Parlamento europeo è intervenuto sulla materia: oltre un anno fa ha approvato una risoluzione che ribadiva la necessità, da parte degli stati Ue, di garantire il servizio universale e il mantenimento degli sportelli postali proprio in quelle aree remote, montane, disagiate e a maggiore rischio di isolamento. Purtroppo l’Italia oggi sta facendo tutto l’opposto, rischiando di incorrere in una procedura d’infrazione europea per violazione del diritto degli utenti. E nel Friuli Venezia Giulia la giunta Serracchiani pare essersi dimenticata delle due mozioni accolte nel marzo del 2015. Che fine ha fatto il tavolo regionale di trattativa sul piano di riordino degli sportelli in Fvg che doveva coinvolgere l’Anci regionale e le parti sociali? Cosa sta facendo l’esecutivo di centrosinistra per garantire la capillare presenza degli uffici postali soprattutto nelle zone disagiate e di montagna? Domande cui difficilmente avremo una risposta da parte di una giunta Serracchiani sempre molto attenta a non disturbare il manovratore nazionale.
Cristian Sergo & Arianna Spessotto M5S Camera
GESTIONE E COSTI DEI RIFIUTI: EVENTO TARGATO M5S
Giovedì 26 ottobre, con inizio alle ore 18, si terrà presso il bar teatro Verdi di Muggia una iniziativa dedicata alla gestione e ai costi dello smaltimento dei rifiuti. A Muggia abbiamo sopportato l’ennesimo aumento della Tari, la tariffa sui rifiuti: sarebbe ora di invertire la tendenza. Nel corso dell’incontro analizzeremo brevemente i costi per capire come siamo arrivati a questo livello e cosa si possa fare per abbassare la tariffa e al contempo salvaguardare l’ambiente.
La Regione, con una legge da poco aggiornata e con i piani di settore, disciplina i principi cardine e le strategie che regolano la gestione dei rifiuti. Inoltre, attraverso l’Autorità unica per i servizi idrici e i rifiuti (Ausir), svolge funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio. Purtroppo, come abbiamo già evidenziato, la combinazione di ambito unico e mancata separazione dei ruoli nella gestione, non farà altro che agevolare il graduale passaggio ad una gestione unica in mano ad una grande multiutility.
L’incontro sarà anche l’occasione per spiegare come la Regione abbia obbligato il comune di Muggia a entrare nell’Ausir. Il passaggio comporta che fra due anni la Net non potrà più essere il gestore del servizio rifiuti. Servizio che anche a Muggia passerà inevitabilmente nelle mani dei privati, con gli ulteriori aumenti tariffari che tutto ciò comporterà.
Eleonora Frattolin & Emanuele Romano M5S Muggia
POSTE PUNTUALI: BOCCIATA PROPOSTA DEL M5S
Non c’è niente da fare, centrosinistra e centrodestra non vogliono privarsi delle poste puntuali. Con la nostra proposta di legge volevamo passare dal procedimento legislativo attuale, che purtroppo continua a tollerare il frequente ricorso alle contribuzioni puntuali, ad una legislazione per obiettivi, fondata su principi di imparzialità e di eguaglianza. Proposta ovviamente bocciata dai politici di professione che preferiscono avere le mani libere in vista della prossima legge di stabilità, una manovra – l’ultima di questa legislatura – che che ci aspettiamo smaccatamente elettorale.
A dicembre via libera quindi alle famigerate poste puntuali grazie alle quali i singoli consiglieri regionali potranno ottenere finanziamenti ad hoc per associazioni, parrocchie, comuni, luoghi di culto da ristrutturare ecc ecc. Una pratica odiosa che però centrodestra e centrosinistra ritengono indispensabile! Nel Friuli Venezia Giulia non si può riaffermare il rispetto del criterio della generalità delle autorizzazioni legislative previste dagli strumenti di programmazione finanziaria e dalle altre leggi, che devono limitarsi a determinarne finalità e oggetto della spesa, senza individuare uno specifico beneficiario.
In questa regione non si può stabilire che ogni spesa debba avvenire nella successiva fase amministrativa ad opera degli organismi deputati e nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo politico ed attività di gestione. Qui non si vuole garantire l’imparzialità dell’assegnazione di contributi e finanziamenti a soggetti pubblici e privati mediante procedure concorsuali o bandi. Molto meglio sprecare risorse pubbliche per permettere al singolo politico di coltivarsi il proprio orticello elettorale. Una logica che il MoVimento 5 Stelle spazzerà via quando sarà al governo del Friuli Venezia Giulia.
CESSIONE DELLE AZIONI ATAP SPA DA PARTE DEGLI ENTI LOCALI: PRESSING DEL M5S
Un esposto alla Corte dei conti e un pressing continuo sulle amministrazioni comunali coinvolte. Nel mirino del MoVimento 5 Stelle continua a esserci la cessione delle azioni Atap spa da parte degli enti locali che detengono quote della società per azioni che si occupa di trasporto pubblico nel Pordenonese. Tutto questo nonostante le ultime decisioni prese dal sindaco di Pordenone Ciriani che pare abbia deciso di fare retromarcia, accettando una proposta di delibera del centrosinistra che chiede la rimozione del diritto di prelazione sia per soci pubblici che privati (la stessa coalizione, per altro, che la introdusse due anni fa con l’ultima modifica dello statuto).
I consiglieri regionali e comunali del M5S da alcune settimane hanno chiesto alla Corte dei conti di verificare l’utilizzo appropriato ed efficace dei fondi pubblici impiegati e la regolarità dell’azione amministrativa. I pentastellati, preoccupati dalle conseguenze per la cessione delle quote Atap in mano ai comuni del Pordenonese, vogliono che si faccia chiarezza sul legittimo esercizio del diritto di prelazione da parte dei soci come previsto dallo statuto dell’azienda e il possibile caso di conflitto di interessi che coinvolge l’ex presidente del cda di Atap Mauro Vagaggini e amministratore unico di Mva srl, che detiene alcune quote della stessa Atap. Attraverso Mva Vagaggini, infatti, oggi può esercitare il diritto di prelazione – possibilità introdotta con la modifica statutaria del 18 aprile 2016 anche per i soci privati – ed è in grado di acquisire le azioni di Atap messe in vendita tramite bando di gara ad evidenza pubblica, al medesimo prezzo di chi ha regolarmente partecipato e vinto la gara.
Una parte rilevante dell’eposto alla Corte dei conti, infatti, riguarda proprio la convenzione che il sindaco di Pordenone Ciriani ha proposto alle altre amministrazioni comunali che fanno parte di Atap. Una convenzione, pensata per disciplinare la procedura di cessione delle quote pubbliche, che prevede la rinuncia al diritto di prelazione in capo ai soci pubblici aderenti alla convenzione stessa e l’obbligo di cedere le quote ad un prezzo minimo che sarà stabilito da una perizia commissionata da Atap. A questo proposito i consiglieri del MoVimento 5 Stelle ricordano che l’art. 8 dello statuto di Atap prevede il diritto di prelazione dei soci nel caso in cui le quote vengano vendute, senza però distinzioni tra soci pubblici o privati. È corretto ritenere quindi che questo diritto possa essere esercitato sia dai soci pubblici che da quelli privati.
Inoltre la proposta avanzata dall’amministrazione di Pordenone non contempla la preventiva – e quanto mai necessaria – deliberazione dei consigli dei comuni che aderiscono alla convenzione. Si parla solo della determinazione di un prezzo di cessione “minimo” stabilito da una perizia commissionata dalla stessa Atap. Questo, per i consiglieri del M5S, pone un problema di congruità sull’effettiva remuneratività del capitale pubblico messo in vendita, una situazione in evidente contrasto con le recenti determinazioni del Consiglio di Stato. Forti dubbi, infine, anche sulla possibilità che il soggetto aggiudicatario possa ripartire il pagamento del dovuto su base rateale o pluriennale.
Ricordiamo che a firmare l’esposto sono stati i consiglieri regionali del M5S Cristian Sergo, Elena Bianchi, Ilaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin e Andrea Ussai e i consiglieri comunali del M5S Giulia Fiorillo e Stefano Della Flora (Fontanafredda), Mauro Rampogna (San Quirino), Fabio Tamai (Roveredo in Piano), Enza Piccinin (Prata di Pordenone), Antonino Iracà e Johnny Didonni (Maniago), Fabio Veronese (Porcia), Samuele Stefanoni, Mara Turani e Danilo Toneguzzi (Pordenone), Paola De Anna e Giampaolo Biason (Cordenons) e Gianfranco Zuzzi (Sacile).
25 OTTOBRE TUTTI AL SENATO: PULLMAN DAL FVG
Segnatevi questa data: mercoledì 25 ottobre tutti al Senato con una benda bianca. Siamo in piena emergenza democratica e dobbiamo reagire! Stiamo organizzando due pullman da 50 posti con quota di partecipazione a offerta libera per favorire il più possibile la partecipazione. Per partecipare è necessario compilare questo modulo in tutte le sue parti.
Mercoledì prossimo dobbiamo essere in migliaia – cittadini, portavoce comunali, regionali, nazionali, europarlamentari, attivisti – ad ‘accerchiare’ il Senato, a partire dalle ore 14,00. Vi chiediamo quindi di raccogliere il maggior numero di adesioni possibile usando tutti i mezzi a vostra disposizione.
Scarica e diffondi il materiale informativo
Per problemi con la compilazione del modulo o informazioni contattare 040 3773334/3870
RIFIUTI: DENUNCIA DEL M5S
Vogliono trasformare Maniago nella pattumiera d’Italia. La Bioman ha deciso di ampliare l’impianto passando da una capacità annuale di 280 mila tonn/anno a quella di 315.770. Chiediamo alla giunta Serracchiani di opporsi a questo progetto assurdo.
Nel luglio scorso Bioman aveva depositato in Regione una per eseguire una serie di lavori all’impianto che l’azienda definisce “di compostaggio e di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”. Tra le opere da realizzare erano previsti gli ampliamenti dei depositi di stoccaggio e la realizzazione delle nuove biocelle per il compost. Silenzio assoluto invece in merito a un eventuale ampliamento della capacità produttiva totale.
La Direzione competente in materia, rispondendo in via preliminare alla richiesta, tra le altre cose, rileva appunto che “dalla lettura … non è stata citata la capacità annuale dell’impianto riportata negli atti autorizzativi, si ritiene che la variante richiesta preveda un incremento della quantità di rifiuti conferibili all’impianto da 280.000 a circa 480.000. A tal fine si chiede alla ditta di chiarire questo punto che lo scrivente Servizio ritiene fondamentale anche ai fini della pianificazione”. E, sempre la Direzione, conclude: “Al fine di poter valutare correttamente gli scenari futuri, tenuto conto che, dal punto di vista pianificatorio, sono in fase di valutazione altri progetti similari per la realizzazione di impianti di produzione di biogas e biometano dal trattamento della FORSU e della frazione organica putrescibile (FOP) che potrebbero andare ad intercettare ulteriori quantitativi, anche significativi, di rifiuti urbani biodegradabili prodotti a livello regionale, si ritiene indispensabile avere un chiarimento dalla ditta in merito alla effettiva potenzialità dell’impianto”.
Come abbiamo rilevato più volte in Consiglio regionale, stiamo parlando di un impianto già abbondantemente sovradimensionato rispetto alle necessità del Friuli Venezia Giulia. Per saturare la propria capacità Bioman, infatti, è costretta a importare l’umido da fuori regione. E come ricordato anche dagli uffici regionali, nonostante tale mega impianto sia già attivo da anni, si stanno costruendo e autorizzando altri impianti simili. Questa sarebbe la brillante pianificazione strategica della giunta Serracchiani in un settore così delicato come quello dei rifiuti!
Alla richiesta di integrazioni e alle perplessità mosse dagli uffici tecnici della Regione, la Bioman ha risposto in modo stupefacente il 9 ottobre scorso, confermando che l’impianto vorrebbe essere destinato a passare da una capacità annuale di 280 mila tonn/anno a quella di 315.770. Evidentemente adesso la palla passa alla Regione. Vedremo se le “buone intenzioni”, messe nero su bianco nella nuova legge regionale in materia di rifiuti, saranno – come temiamo – solo parole al vento. Per questo nei prossimi giorni depositeremo una interpellanza per indagare le intenzioni della giunta Serracchiani.
Di sicuro è andato a farsi benedire già da tempo il principio di autosufficienza e di prossimità degli impianti di trattamento regionali! Per usare le parole degli uffici della Regione: “L’impianto travalica la pianificazione regionale per assumere un ruolo di valenza interregionale se non nazionale. All’interno della pianificazione regionale l’impianto della Bioman riveste comunque un ruolo fondamentale per quanto concerne il fabbisogno impiantistico in termini di trattamento di compostaggio e biodigestione dei rifiuti urbani biodegradabili in quanto la sua attività, da sola, sarebbe in grado di garantire l’autosufficienza regionale”. Perché quindi autorizzare un ampliamento o addirittura la costruzione di altri nuovi impianti similari? Cosa aspetta il Comune di Maniago a battere un colpo?
GESTIONE DELL’ACQUA PUBBLICA E FUSIONE TRA SA E LTA
“Il grande affare: la gestione dell’acqua pubblica”. Questo il titolo dell’incontro pubblico, organizzato dal MoVimento 5 Stelle sabato 7 ottobre, che si terrà dalle ore 15.30 a Villa Cattaneo a San Quirino (Via Molini di Sotto, 37).
Al centro dell’incontro – moderato dal consigliere comunale del M5S di San Quirino Mauro Rampogna – alcuni aspetti tecnici e dettagli ancora non rivelati sulla fusione tra Sistema Ambiente (SA) e Livenza Tagliamento Acque (LTA), ma anche le iniziative portate avanti dai consiglieri di minoranza in diversi comuni del Friuli Venezia Giulia, i quali parleranno delle loro esperienze dirette.
Sono previsti gli interventi di Valentina Pippolo, specialista in operazioni societarie straordi narie e dei consiglieri comunali del M5S Enza Piccinin (Prata di Pordenone), Paolo Menis (Trieste), Antonio Iracà (Maniago). Saranno presenti anche i consiglieri regionali del M5S Eleonora Frattolin e Cristian Sergo.
BOATO DEL F-16 AD AVIANO: CHIEDIAMO CHE VENGA FATTA LUCE
L’11 gennaio 2017 un velivolo militare superando incautamente la barriera del suono aveva causato sconcerto e preoccupazione tra i cittadini di una vasta area al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. Immediatamente ci eravamo attivate e avevamo presentato una interrogazione parlamentare per fare piena luce sull’episodio e per ottenere gli opportuni chiarimenti da parte del governo. Soltanto dopo ben 7 mesi è arrivata una risposta che non è assolutamente esaustiva ed è lacunosa nei dettagli. Nella risposta tra l’altro viene confermato – fatto molto grave – che il velivolo in questione fosse un F-16 statunitense proveniente dalla Base di Aviano.
Per questo abbiamo depositato pertanto una nuova interrogazione in merito, chiedendo urgenti e definitivi chiarimenti. Il governo Gentiloni tace, infatti, sui reali motivi che hanno portato al superamento della barriera del suono da parte del velivolo statunitense, che ha violato completamente le prescrizioni previste in caso di sorvolo sui centri abitati. Inoltre nulla si dice sulle misure, opportune e per noi assolutamente necessarie, che si sono intraprese nei confronti della controparte statunitense affinché simili episodi non debbano più ripetersi. È inaccettabile che nei cieli italiani gli Stati Uniti possano continuare a effettuare impuniti tali scorribande che, peraltro, mettono in pericolo la sicurezza dei cittadini.
Tatiana Basilio e Eleonora Frattolin
UNIVERSITÀ DI UDINE SOTTOFINANZIATA
Il pianto greco del rettore dell’Università di Udine Felice De Toni è senza fine. Dopo essersi lamentato per anni nei confronti del Ministero – negli ultimi mesi guidato dalla senatrice del Pd ed ex sindacalista della Cgil Valeria Fedeli – per i finanziamenti sempre troppo scarsi ricevuti dal suo ateneo, adesso De Toni ha iniziato a battere cassa nei confronti della Regione Friuli Venezia Giulia. Oggi, infatti, il numero uno dell’ateneo friulano ha ricordato pubblicamente che molte altre università italiane vengono generosamente sostenute dalle proprie Regioni. Qui invece la giunta Serracchiani, secondo De Toni, in sostanza avrebbe “il braccino corto”. Innanzitutto questo siparietto fa sorridere perché il rettore friulano viene da settimane indicato come uno dei possibili candidati del centrosinistra alla presidenza della Regione. Quindi il possibile successore di Debora Serracchiani, rimprovera la stessa Serracchiani e i suoi colleghi professori universitari e assessori regionali Francesco Peroni e Loredana Panariti di essere particolarmente avari con l’eccellente Università di Udine.
In questo casi non possiamo che rispolverare il vecchio adagio “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”. Come abbiamo già ricordato, alcune settimane fa l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) ha selezionato intanto i migliori 350 dipartimenti universitari italiani per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica. In seconda battuta, tra questi, con cadenza quinquennale, saranno individuati solo 180 dipartimenti che dal prossimo anno si divideranno una somma complessiva annuale di 271 milioni di euro. Bene, nei 350 dipartimenti “top” in Italia troviamo un solo dipartimento dell’Università di Udine: quello di Studi umanistici e del patrimonio culturale. Un dato oggettivo che testimonia la difficoltà in cui versa l’ateneo friulano sia per quanto riguarda la qualità della ricerca. Una bocciatura, senza appello, che arriva proprio da chi è deputato a sostenere economicamente gli atenei.
Oggi Felice De Toni è tornato alla carica nei confronti della Regione. L’obiettivo del Rettore tanto amato dal Pd e dal centrosinistra tutto, è quello di ottenere risorse economiche aggiuntive, oltre a quelle ricevute solo pochi giorni fa anche attraverso il sistema di perequazione della Regione Fvg. In poche parole, secondo lui, la Regione deve sopperire alla mancanza di fondi ministeriali, nonostante la pessima valutazione ottenuta complessivamente dall’Ateneo di Udine.
Noi siamo convinti che l’Università di Udine, invece di lagnarsi continuamente, debba innanzitutto migliorare i propri meccanismi di reclutamento dei ricercatori, l’unico modo per far crescere concretamente la qualità della ricerca. E in questi anni, anche attraverso la Conferenza dei rettori italiani, avrebbe potuto impegnarsi, inoltre, per modificare i criteri di valutazione avvallati dai governi amici di centrosinistra. Se avesse lavorato bene su questi fronti, oggi saremmo qui a commentare risultati certamente più gratificanti, anche da un punto di vista economico.
SOLIDARIETÀ AL POPOLO CATALANO
I fatti cui abbiamo assistito sono sconcertanti. Certamente il torto ce l’ha sempre chi esercita per primo la violenza fisica, indipendentemente da quanto sia stato provocato o meno. Chi colpisce per primo con un pugno ha sempre torto marcio. Per questo, come ha già fatto il MoVimento 5 Stelle a livello nazionale, condanniamo le violenze perpetrate dalla polizia contro il popolo catalano durante le operazioni di voto al punto da arrivare a sparare proiettili di gomma persino contro anziani e ragazzi mentre cercavano di difendere le urne con all’interno le schede già votate.
Non possiamo però dimenticare il contesto nel quale tutto questo sta accadendo. Siamo arrivati, infatti, a questo punto, a questa esasperazione a causa di 20 anni di politiche sbagliate. Adesso è successo in Catalogna, ma se le cose non cambieranno, focolai simili finiranno per scoppiare ovunque in Europa. Dobbiamo sempre ricordare che le stesse politiche depressive, attuate all’inizio del secolo scorso, ci hanno condotto fino alla Seconda Guerra Mondiale. Tutto questo deve finire. Vanno infatti progettate politiche concrete in grado di produrre reddito, di redistribuire reddito. Troppo spesso ci si dimentica infatti che dietro ai grandi principi ci cono milioni di persone che vanno messe sempre nelle condizioni di vivere in modo dignitoso.
COMITATI DI GESTIONE DEI PORTI: NO ALLE NOMINE POLITICHE
C’era da aspettarselo; anche il nuovo assetto delle “Autorità di sistema portuale” diventa pretesto per infilare qualcuno di fidato e conosciuto. Non appena sono state adottate le regole per valorizzare la professionalità dei componenti dei Comitati di gestione dei Porti, i politici locali hanno alzato barricate o prenotato le nomine dei soliti amici degli amici.
Le nuove regole nazionali parlano chiaro: a ricoprire tale ruolo dovranno essere chiamati cittadini aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale, e non chi ha ricoperto ruoli politici. Una chiara apertura alla meritocrazia che però non piace a professionisti della politica come il sindaco Dipiazza, cui secca rinunciare alla poltrona in Porto, o come il senatore Russo.
Dibattito inutile, invece, per Debora Serracchiani, la quale qualche tempo fa ha collocato Carlo Fortuna a capo della Direzione del Servizio relazioni internazionali e infrastrutture strategiche della Regione. A poco più di un anno, ecco la promozione per Fortuna, indicato dalla presidente della Regione nel Comitato di gestione dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale – Porto di Trieste. Lo stesso Fortuna – definito “bravissimo dirigente” – che poco più di un anno fa Debora Serracchiani era stata costretta a stigmatizzare, con tanto di nota formale di censura, a causa delle espressioni ingiuriose verso i credenti di fede musulmana. Si tratta sicuramente del nome più indicato a gestire i rapporti internazionali del porto triestino con i Paesi del vicino Oriente a maggioranza islamica! E dire che Fortuna non faceva nemmeno parte dell’organico della Regione, ma è stato nominato dirigente a tempo determinato dalla giunta Serracchiani mediate comparazione di curricula. Noi, come sempre, cerchiamo la competenza e la professionalità. Questo giochino di piazzare le pedine in tutti i posti di potere, non ci appartiene e non ci apparterrà mai.
“RIFIUTI ZERO”: UNA STRATEGIA VELOCE ED ECONOMICA
Preg.mo Presidente, Assessori, Consiglieri,
Il futuro della specie umana, o almeno della popolazione mondiale che sopravvivrà con lo standard di vita sperimentato nei paesi industrializzati nell’ultimo secolo, ha raggiunto un punto critico su almeno tre fronti: la salute dell’uomo e dell’ambiente, la sostenibilità e l’iniqua distribuzione delle risorse mondiali.
Un punto di partenza per ripensare le strategie che vogliamo mettere in campo può essere il «Manifesto di Napoli» del 2009, dal quale si possono recepire molteplici spunti per tendere all’obiettivo dei «rifiuti zero». A livello regionale, alcuni Comuni hanno già dimostrato come sia possibile intraprendere un percorso virtuoso, attraverso l’adozione di atti deliberativi e di concreti strumenti operativi volti a scoraggiare lo smaltimento in discarica e a favorire l’estensione della raccolta differenziata.
La salute dell’uomo e del pianeta sono minacciate su diversi fronti:
– la progressiva desertificazione;
– le radiazioni elettromagnetiche e nucleari;
– l’inquinamento atmosferico a causa degli spray e delle nanoparticelle (particelle ultrafini inferiori a 1 micron di diametro che contengono metalli tossici, radicali liberi stabilizzati e altre sostanze altamente tossiche e persistenti come diossina e furani);
– una rapida diminuzione e contaminazione dell’acqua potabile.
Un bambino che nasce oggi si ritrova centinaia di sostanze chimiche nel corpo a causa delle attività industriali e della pratiche di incenerimento e sotterramento dei rifiuti.
Inoltre una popolazione mondiale in continua crescita e contestualmente un sempre maggiore consumo pro capite di materie prime ed energia, minacciano la sostenibilità della nostra società.
La proliferazione della pubblicità, unitamente alla non sostenibilità delle pratiche di incenerimento e sotterramento dei rifiuti, aggrava la questione dell’eccessivo consumismo.
La strategia “rifiuti zero” è attualmente il modo più veloce ed economico attraverso cui i governi locali possono contribuire alla riduzione dei cambiamenti climatici, alla protezione della salute, alla creazione di posti di lavoro “verdi” e alla promozione della sostenibilità locale.
La gestione sostenibile delle risorse passa attraverso tre obiettivi generali:
1. responsabilità dei produttori, a monte del processo produttivo: produzione e progettazione industriale;
2. responsabilità della comunità, a valle: modelli di consumo, gestione dei rifiuti e smaltimento;
3. responsabilità della classe politica, per coniugare responsabilità industriale e della comunità in un contesto armonioso.
La strategia “rifiuti zero” cerca di emulare la sostenibilità dei cicli naturali, dove tutti i materiali eliminati diventano risorse per altri. Significa prodotti pensati, progettati e realizzati in modo da ridurne drasticamente il volume ed eliminare la tossicità del rifiuto, conservare e recuperarne tutte le risorse, senza ricorrere a pratiche di incenerimento o sotterramento. Gli inceneritori esistenti devono essere chiusi e non devono esserne costruiti o autorizzati degli altri, mentre le discariche devono essere eliminate gradualmente. Gli inceneritori e molte altre tecniche di trattamento dei rifiuti a combustione, come gli impianti a biomassa, i gassificatori, gli impianti di pirolisi, gli impianti di torcia al plasma, i cementifici e le centrali elettriche che usano i rifiuti come combustibili sono causa diretta di immissione di particolato ultrafine in atmosfera e trasformano risorse che potrebbero essere ridotte o recuperate in ceneri tossiche di cui bisogna poi sbarazzarsi, ma in maniera sicura (e questo non sempre avviene). Né le discariche né tantomeno gli inceneritori rappresentano una risposta appropriata al problema dell’esaurimento delle scorte di petrolio, evento che renderà inutilizzabile ogni inceneritore, dato che il petrolio necessario al loro funzionamento diventerà troppo costoso.
Ridurre la produzione di rifiuti, riutilizzare i manufatti, riciclare e compostare sono azioni che ci permettono di risparmiare molta più energia – e di ridurre il riscaldamento globale – più di quanto non lo facciano le discariche o gli inceneritori. Le comunità locali hanno tutto il diritto di contrastare ogni tentativo di costruire nuovi inceneritori, sotto qualunque forma essi vengano presentati, e proporre la sostituzione di quelli esistenti con centri di raccolta ed impianti per il riutilizzo, il riciclaggio e il compostaggio.
Esse devono anche fare pressione politica per ottenere leggi nazionali e programmi per responsabilizzare i produttori. Bisogna dare ai produttori l’incentivo economico adeguato per spingerli a riprogettare i manufatti e renderli meno tossici e più facili da riutilizzare o riciclare: esattamente l’opposto dell’obsolescenza programmata che invece è sempre più ricercata dal mercato! I prodotti e gli imballaggi che non possono essere riciclati o compostati localmente, e quelli tossici, devono essere riportati al punto di vendita. La strategia ambientale che l’Unione europea dovrà perseguire nel prossimo futuro deve incoraggiare imprese e consumatori a passare ad un modello economico nel quale il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse sia mantenuto quanto più a lungo possibile. E’ un obiettivo ambizioso, ma divenuto ormai improcrastinabile, che richiede un ripensamento radicale in tutti i settori produttivi, in modo che questi riducano progressivamente la produzione dei rifiuti.
La diversificazione dei processi produttivi ha moltiplicato le tipologie dei rifiuti, producendo impatti sempre più pesanti sull’ambiente. La gestione dei rifiuti riveste un ruolo centrale nello sviluppo della società, perché costituisce un problema ambientale di notevole portata a livello locale e comunitario ed impone una politica coerente in materia di prevenzione della produzione, di riciclaggio e di smaltimento, ma anzitutto un nuovo approccio politico-culturale da parte della società nel suo insieme.
La strategia politica dovrà concentrare l’attenzione essenzialmente su tre fattori: sulla protezione del capitale naturale che sostiene la prosperità economica e il benessere umano; sullo sviluppo economico a basse emissioni di carbonio; sulla salvaguardia delle persone dai rischi ambientali per la salute. Anche e soprattutto nella legislazione riguardante il settore della gestione dei rifiuti.
Come evidenziato anche da diversi portatori di interesse auditi, mentre la nostra proposta di legge si distingueva per coraggio, concretezza ed effetto immediato nel raggiungimento di alcuni obiettivi, il ddl della giunta si limita a definire finalità e obiettivi generali, demandando i contenuti concreti alla pianificazione di settore. Essendo nata come auspicata riforma attesa da 30 anni, tutti si aspettavano qualcosa di più che un adeguamento alle modifiche legislative intervenute negli anni. Il momento storico, la realtà e le peculiarità del territorio avrebbero richiesto più coraggio nell’introduzione di azioni di impatto.
E’ stato detto che il ddl non si sbilancia, non vuole prendere posizione ferma, auspica molto ma procrastina tutto al Piano Regionale di Gestione dei rifiuti, ai Piani d’Ambito o al Piano per l’amianto. Diventa quindi essenziale una rapida emanazione dei vari decreti, regolamenti e piani attuativi, per non vanificare il tutto; occorre ricordare però che siamo a fine legislatura, e sarebbe stato il caso di mettere molti più punti fermi in una legge votata dall’organo legislativo regionale, invece di lasciare quasi tutto alla definizione di atti giuntali, modificabili facilmente a seconda di come tira il vento.
Da più parti si è auspicata una sintesi dei due testi normativi, il ddl e la nostra pdl, proprio per inserire alcune azioni concrete nell’elenco delle buone intenzioni: ad oggi praticamente nessuna delle nostre proposte è stata ancora recepita, nonostante la piena collaborazione ad apportare tutte le modifiche del caso; alcune proposte sono state bocciate, altre sono state ritirate in attesa di approfondimento degli uffici o dei commissari. Fatta eccezione per le questioni che si pongono in insuperabile conflitto con la normativa statale, riproporremo tutto in Aula, anche quelle proposte coraggiose che si insinuano negli spazi di vuoto normativo lasciati per comodo dalla legislazione nazionale, che spesso, quando si parla di ambiente o rifiuti, dimentica di recepire le giuste indicazioni europee.
Dato il momento storico e l’importanza vitale dei diversi aspetti in gioco, riteniamo di poter per una volta rischiare e provare ad essere molto più virtuosi e speciali di quanto lo siamo stati finora. Ovviamente auspichiamo che tutti i consiglieri accolgano l’invito al coraggio e non si facciano intimorire dalla possibilità di un conflitto di competenza con un Governo che in tema ambientale e di gestione dei rifiuti è stato tutt’altro che illuminato.
RIFIUTI: DDL POCO CORAGGIOSO CON AZIONI NON INCISIVE
Abbiamo bocciato il ddl su rifiuti ed economia circolare perché si tratta di un provvedimento poco coraggioso che contiene ancora delle previsioni che ancora non condividiamo. I principi e le finalità sono come sempre condivisibili, ma le azioni previste non sono abbastanza incisive rispetto a quanto necessario oggi. Il disegno di legge approvato dal Consiglio regionale non è certo la pietra filosofale in grado di trasformare radicalmente la gestione dei rifiuti nel Friuli Venezia Giulia. Ci vorranno ancora troppi anni per riuscire a vedere qualche effetto concreto e purtroppo siamo già in forte ritardo.
Troppe le previsioni per noi inaccettabili: con questo ddl si ribadisce l’obbligo per i comuni di entrare nell’Autorità unica per i servizi idrici e i rifiuti (Ausir) per esercitare in maniera associata le funzioni di gestione dei rifiuti. Non sono previste poi sanzioni particolarmente incisive per i trasgressori degli obblighi previsti dalla legge pur essendo un settore molto delicato per la salute dei cittadini. Inoltre questo provvedimento rimanda continuamente alla pianificazione e alle norme attuative, alla faccia della semplificazione normativa. Secondo noi la legge doveva prevedere più punti fermi, tenuto conto soprattutto che siamo a fine legislatura e non si sa cosa accadrà in futuro.
Negativo poi il nostro giudizio in merito al recupero energetico che continua ad avere una impostazione che non possiamo condividere. Il principio di responsabilità estesa del produttore è appena accennato. Bisognava invece stabilire precisi obblighi di assunzione di responsabilità, mentre il provvedimento non dice nulla contro l’obsolescenza programmata e non viene considerato l’impatto cumulativo di diversi impianti sullo stesso territorio. Non da ultimo speravamo che gli ultimi avvenimenti giudiziari, come il sequestro degli impianti Enel-Cementir di Brindisi e Taranto, rendessero le forze politiche presenti in Consiglio regionale più sensibili alla questione della diluizione delle ceneri e delle scorie da incenerimento nella produzione del cemento. Purtroppo però è stato respinto il nostro emendamento che ne chiedeva il divieto.
Ad ogni modo siamo contenti di essere riusciti a contribuire a migliorare il testo, anche in maniera significativa. Grazie ai nostri contributi nel ddl si parla di creazione di filiere del riutilizzo, di riprogettazione e di riciclaggio. Idee mutuate dal nostro emendamento sui distretti del riciclo. Inoltre è stata inserita, oltre alla clausola valutativa della legge, la promozione della sperimentazione sul vuoto a rendere recentemente approvato a livello nazionale.
Grazie a noi non possono essere previste deroghe ai limiti di distanza dai centri abitati per le discariche di rifiuti pericolosi, cosa particolarmente grave che invece era presente nel testo approvato in commissione. È prevista poi la sospensione dell’autorizzazione in caso di reiterata violazione degli obblighi di agevolare le ispezioni e fornire dati e documenti richiesti nelle ispezioni. Infine siamo riusciti a far approvare dall’Aula un ordine del giorno che impegna la giunta a rifinanziare in maniera significativa il capitolo per i centri del riuso, in modo che si arrivi ad averne almeno uno per ogni Uti.
ELETTRODOTTO: NASCOSTI MOLTI ASPETTI DI QUESTO SCEMPIO AMBIENTALE
Debora Serracchiani esulta ancora una volta per l’elettrodotto Udine Ovest Redipuglia ricordando l’accordo raggiunto con Terna nel 2013 e affermando che non poteva fare nulla per non far realizzare questo scempio ambientale. La presidente della Regione, come al solito, dimentica qualche particolare.
Il primo è che l’iter non si può ancora definire completato. L’ultima parola, infatti, spetterà di nuovo alla magistratura e a ottobre il Tar tornerà a occuparsi della vicenda.
Il secondo riguarda la delibera di compatibilità ambientale da lei firmata l’anno scorso che ha permesso al Consiglio dei ministri di dare il via libera all’opera. Dopo i pareri contrastanti del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dei Beni Culturali l’ago della bilancia è stato proprio il parere di compatibilità ambientale rilasciato dalla giunta Serracchiani, parere che nemmeno il centrodestra era riuscito a deliberare.
Il terzo punto riguarda l’accordo stipulato da Serracchiani con Terna nell’ottobre 2013 inerente le compensazioni territoriali. Allora si stabilì che dovessero essere pari al 6% del preventivo di spesa di Terna per la realizzazione della linea aerea e della stazione elettrica di Santa Maria che nel 2013 ammontavano a 65 milioni di euro. Sulla base di queste vennero innalzate di qualche migliaia di euro le somme spettanti ai comuni. La presidente se ne deve essere dimenticata quando nel dicembre scorso ha deliberato che le compensazioni rimanessero pari a 3,9 milioni di euro. Se avesse seguito la logica del 6% del costo complessivo dell’opera avrebbe dovuto far riconoscere da parte di Terna una cifra pari a 6,3 milioni, ovvero il 6% di quanto Terna sostiene davanti ai giudici essere il costo dell’opera a seguito delle numerose prescrizioni che si sono aggiunte nel tempo.
Infine, la dimenticanza più grande. Debora Serracchiani finge di non ricordare, ma lo facciamo noi volentieri, che al termine dell’incontro dell’ottobre 2013 riteneva un ulteriore elemento qualificante che l’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia venisse realizzato con pali di tipo ”monostelo”, di minore impatto ambientale rispetto ai tradizionali tralicci. A distanza di 4 anni questa dichiarazione non viene più menzionata, probabilmente perché, come da noi denunciato un mese fa, nel Piano Paesaggistico in corso di approvazione si ritiene che quest’opera impatti negativamente sul paesaggio in diverso modo: in termini percettivi, estetici o visuali, nonché in termini di riconoscimento identitario di luogo. Infatti, secondo il nuovo Piano Paesaggistico i piloni di Terna risultano nettamente più percepibili quali elementi “pieni”, estranei in qualunque contesto paesaggistico. Come la giunta Serracchiani abbia potuto esprimere un parere favorevole di compatibilità ambientale a quest’opera è impossibile da comprendere.
MEDIOCREDITO FVG: INDAGINI ACCERTANO QUELLO CHE ABBIAMO CHIESTO NEL 2014
Dopo le notizie delle indagini della magistratura su Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa e dell’ispezione della Guardia di Finanza negli uffici di via Aquileia a Udine, oggi l’assessore Peroni si è affrettato a dire che la Regione “è vittima – al pari dello stesso Istituto – di condotte di reato quali quelle ipotizzate e che, ove tali condotte risultassero accertate e individuati i relativi responsabili, agirebbe a propria tutela in tutte le sedi giudiziarie competenti”. È lo stesso Peroni che, spalleggiato dalla presidente Serracchiani, negli ultimi tre anni ha parlato di azioni legali per aggiotaggio, diffamazione e danni nei confronti di parlamentari e consiglieri regionali del MoVimento 5 Stelle, colpevoli di aver puntato il dito – costantemente – contro le pessime gestioni del passato e gli immancabili aumenti di capitale sulla pelle dei cittadini del Friuli Venezia Giulia. Probabilmente l’obiettivo era solo quello di zittire chi, secondo la coppia Serracchiani-Peroni, stava minando la stabilità e la reputazione di Mediocredito.
Le forze di centrosinistra e centrodestra stiano certe di una cosa. La nostra azione andrà avanti finché tutte le verità e tutte le responsabilità su Mediocredito non verranno a galla. Più di tre anni fa, nel giugno del 2014, abbiamo depositato in Consiglio regionale una mozione per istituire una commissione d’inchiesta sulle responsabilità nella gestione della Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa. Proposta rigettata con sdegno dalla giunta Serracchiani e dagli altri partiti presenti in Consiglio regionale, quasi non fossero interessati a capire le vere cause della voragine finanziaria della Banca, costantemente in perdita negli ultimi anni. Anche in questo caso – come per CoopCa, Coop Operaie e Aussa Corno – per ottenere la verità, qualunque essa sia, si è dovuto aspettare l’intervento della magistratura.
Con lo stesso spirito, ad ogni occasione, ci siamo opposti alle infinite ricapitalizzazioni dell’istituto bancario (l’ultima di un centinaio di milioni di euro), convinti che non avesse alcun senso coprire con il denaro dei cittadini gli sperperi provocati da una pessima gestione senza accertarne le responsabilità. Ricordiamo a tutti che il bilancio 2016, quello che doveva essere in pareggio, è stato chiuso con un passivo di 76 milioni di euro quando nel 2015 i conti erano in rosso per 39 milioni di euro e nel 2014 di circa 28,5 milioni di euro. E le sofferenze sono passate dai 350 milioni di euro del 2015 ai 385,3 dello scorso anno, con il 58% di queste sofferenze che riguardano operazioni fatte per sostenere realtà industriali che hanno sede fuori dal Friuli Venezia Giulia. Dati drammatici che finora non hanno portato a individuare un partner strategico per uscire da questa situazione.
L’ultimo caso sconcertante riguarda i titoli di prestito subordinato presenti nel portafoglio della Fondazione CRTrieste. Un affarone per l’istituto guidato da Paniccia ma un problema serio per le casse già in profondo rosso di Mediocredito se la partecipata fosse costretta a rimborsare i 20 milioni di euro provenienti dalle tasse dei cittadini del Friuli Venezia Giulia.
È vero, da poco la banca ha sottoscritto un accordo con Bain Capital Credit per la cessione di crediti deteriorati, così come è vero che – a parole – i vertici dell’istituto abbiano annunciato di aver avviato alcune azioni di tutela legale, a fini di risarcimento del danno subito. Tutto sempre nel massimo riserbo. Senza sapere se le persone coinvolte siano alti dirigenti, uomini politici o qualche quadro intermedio perfetto per vestire i panni del capro espiatorio.
Gli atti riguardanti Mediocredito, infatti, sono sempre stati secretati e le nostre richieste di accesso agli atti sono state puntualmente negate. Un muro di gomma denunciato più volte nel corso di questa legislatura coperto sia dal centrosinistra che dal centrodestra. Nel Friuli Venezia Giulia cambia chi sta al governo, ma il modo di gestire Mediocredito è sempre lo stesso.