giovedì, 16 Gennaio 2025
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INTERVENTO SUL TRASPORTO PUBBLICO GRATUITO

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La proposta dei consiglieri M5S è iniqua e populista”, così esordisce l’assessore Santoro è iniqua, e leggo testualmente, “perché la loro proposta non si limita ad individuare alcune categorie di persone da agevolare nel trasporto pubblico, ma lancia la gratuità per tutti, ricchi e poveri, giovani e meno giovani”. Anche per i poveri pensionati!” Pensa che iniquità!
Aiutare tutti è iniquo e far pagare le tariffe anche a chi è in difficoltà è equo? Dare il Bonus benzina a tutti indistintamente è equo? Abolire l’IMU prima casa per tutti è equo?

L’assessore prosegue dicendo che “incredibilmente” Proponiamo la gratuità solo per il trasporto su gomma, “come se coloro che usano il treno fossero figli di dèi minori”.

Siamo d’accordissimo con lei e più che disponibili a votare a favore di un emendamento di giunta che preveda la gratuità anche del trasporto su rotaia. Accogliamo con favore questo suggerimento e a questo punto ci attendiamo in finanziaria una proposta che tenga conto della gratuità anche per il treno, magari per le categorie sociali più deboli e in difficoltà!

L’assessore ha poi voluto segnalare: ” I M5S Ignora anche che l’indirizzo, sia della normativa Statale sia dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, è di tendere ad almeno il 35% di ricavi dai titoli di viaggio nel trasporto pubblico, non certo ad andare verso lo zero. “
Assessore, potrebbe ricordare all’aula quant’è l’attuale rapporto costi/ricavi? Sulla base di alcuni dati forniti dalla sua direzione, glielo dico io: siamo vicini al 25% e quindi abbondantemente sotto alle tendenze indicate dalla normativa statale. Che sono tendenze e che come da Vostra Delibera di Giunta immagino che subiranno dei ritocchi visto che a Trieste si è abbassato il prezzo del biglietto orario da 1,35 a 1,25 per arrivare all’unificazione tariffaria regionale.

L’assessore ci accusa di stanziare SOLO 5 milioni di euro per il 2017, che non sarebbero sufficienti nemmeno per tutti gli studenti della Regione”.
Glielo ripeto: 5 milioni servono per coprire gli ultimi 4 mesi del 2017 prima di entrare a regime dell’esenzione totale per tutti dal 2018. Almeno questo è il testo del nostro emendamento, se l’ha letto!
Certo è che se l’assessore volesse trasformare quei 5 milioni in 10, lo potrebbe fare con un cenno di capo verso il ragioniere generale e un subemendamento che verrà accolto favorevolmente dall’aula.
“Le coperture individuate per la norma ‘a regime’ – ha detto l’assessore – sono estremamente nebulose. No caro Assessore, sono estremamente chiare e gliele ha ricordate anche la mia collega.

Ma lei ha anche aggiunto che “prevediamo l’utilizzo del ribasso d’asta esito della recente gara per l’affidamento dei servizi di TPL eliminando con ciò qualsiasi possibilità di futuro miglioramento quantitativo dei servizi di TPL, incremento dei servizi richiesto a gran voce dal territorio”.

Assessore lei con questa frase sta ammettendo che nel bando di gara non ha previsto tutti i chilometraggi richiesti dal territorio e che saranno necessarie ulteriori risorse per soddisfare queste esigenze.

Ma la gratuità, come ben sa, non va a scapito dell’efficienza del servizio ma viene incontro a un problema reale.

L’assessore ha concluso la sua replica per la quale non ho aggettivi, dicendo che il M5S lancia cifre e proposte a caso, non badando alla realtà. Io le rispondo che la realtà gliela possono raccontare gli 8000 studenti di Pordenone, un gruppo di populisti demagoghi, che l’altro ieri hanno lanciato un appello attraverso il Messaggero Veneto per abbassare il costo del trasporto che, da sito SAF, costa circa 700 euro a studente su tratta extraurbana di media percorrenza.

INFINE l’assessore ha affermato che il populismo è un costume che possono indossare solo quelli del M5S ma che non appartiene a questa Amministrazione”. E meno male! Le faccio un esempio per tutti: misura di sostegno al reddito. Nei documenti inviati alla corte dei conti questa giunta aveva individuati tra i 6 e gli 8 mila i nuclei beneficiari: ci avviamo verso le 15 mila domande, il doppio di quanto previsto! E voi siete quelli che conoscono la realtà?! Ma per favore…

ACQUA PARADISO DI POCENIA: ENNESIMA CRISI OCCUPAZIONALE

Un’altra azienda di fuori regione, che però qui ha investito, ora è in crisi e rischia di mettere in strada 25 lavoratori. È molto grave quanto sta accadendo all’Acqua Paradiso di Pocenia, la società controllata dal gruppo emiliano Nuova Unibread srl che nel settembre del 2015 aveva acquisito la gestione dello stabilimento di Pocenia. Facciamo fatica a credere che anche in questa occasione, nonostante i soliti buoni propositi, non si possa scongiurare l’ennesima crisi occupazionale scoppiata nel Friuli Venezia Giulia.

Lo scorso 12 aprile era stato convocato infatti un tavolo in Regione per esplorare tutte le soluzioni da mettere in campo. Dopo quell’incontro, secondo i sindacati, non è stato fatto però nessun passo concreto. In sostanza azienda e lavoratori sono stati abbandonati a se stessi. La situazione è particolarmente critica perché i dipendenti dello stabilimento di Cremona hanno chiesto il fallimento del gruppo Nuova Unibread e la sentenza dovrebbe arrivare il prossimo 12 settembre.

Ricordiamo che la giunta Serracchiani ha giocato un ruolo decisivo in questa partita industriale. L’assessorato alle Attività produttive della Regione, con decreto datato 28 agosto 2015, infatti, aveva trasferito la concessione per lo sfruttamento della “fonte corte paradiso” alla Nuova Unibread srl, guidata dall’imprenditore Armando Tedesco, che ha la sua sede principale a Bibbiano in provincia di Reggio Emilia. Già a marzo c’erano state le prima avvisaglie dello stato di difficoltà in cui versava l’azienda con i dipendenti costretti a lavorare a giorni alterni e con i fornitori che avevano iniziato a non mandare più le materie per paura di non essere pagati. Da allora la crisi è via via peggiorata nel silenzio di chi amministra il Friuli Venezia Giulia. Unica speranza è che questo silenzio abbia portato alla soluzione dell’intricata vicenda, sicuri che Friulia sappia essere vicino a un’impresa storica del nostro territorio e ai lavoratori che l’hanno resa tale. Chiederemo questo alla giunta Serracchiani con una interrogazione.

TPL GRATUITO: NO SECCO DEL CENTROSINISTRA, PRONTA PROPOSTA DI LEGGE DEL M5S

Vietato persino discutere in Regione del trasporto pubblico locale gratuito. Questo il messaggio – spiccatamente democratico – lanciato oggi dalla giunta Serracchiani e dalla maggioranza di centrosinistra in Consiglio regionale che non solo hanno bocciato la proposta del MoVimento 5 Stelle, ma hanno persino deciso di evitare la discussione di questo argomento in commissione. L’assessore Santoro ha concluso il suo intervento in Aula sostenendo che il Tpl gratuito sarebbe visto “come un regalo che mamma Regione fa ai cittadini del Friuli Venezia Giulia”. Una proposta già definita “iniqua e populista” a mezzo stampa.
Secondo la giunta Serracchiani sul trasporto pubblico gratuito ai residenti della regione deve calare il silenzio più assoluto. Ma dovrà mettersi il cuore in pace perché il MoVimento 5 Stelle ha già pronta una proposta di legge per garantire, prima regione in Italia, il trasporto pubblico locale gratuito nel Friuli Venezia Giulia. Questo non per populismo ma semplicemente perché è un’esigenza dei cittadini e dell’ambiente.

Con l’emendamento al bilancio volevamo da subito ridurre i costi dei trasporti sulla spesa annuale delle famiglie, abbattere l’inquinamento, tagliare i costi sanitari e aumentare la qualità di vita dei cittadini. Obiettivi che da sempre fanno parte del programma del MoVimento 5 Stelle.

Purtroppo la scure censoria della giunta Serracchiani è caduta anche sugli studenti. Già per l’anno in corso avevamo proposto infatti il Tpl gratuito per chi studia. Un modo concreto per aiutare i più giovani e le loro famiglie, tanto che solo un paio di giorni fa ben 8 mila studenti del Pordenonese avevano lanciato un appello per abbassare il costo dei trasporti che, da quanto riportato sul sito della Saf, ammonta a circa 700 euro a studente per una tratta extraurbana di media percorrenza.
Anche questa proposta “populista” è stata bocciata senza pietà, nonostante la Santoro abbia indicato in 7,5 milioni di euro l’introito annuale per abbonamenti agevolati, confermando quindi la correttezza del plafond previsto nell’emendamento, che individuava per l’ultimo trimestre del 2017 la somma massima di 5 milioni di euro.

L’assessore ha spiegato che, “in base alle indicazioni dell’Autorità di regolazione dei trasporti, i ricavi ottenuti dalla vendita dei titoli di viaggio debbano tendere ad almeno il 35 per cento e non certo andare verso lo zero. Peccato che nella nostra regione oggi siamo vicini al 25 per cento: i ricavi da abbonamenti e biglietti sono pertanto abbondantemente più bassi rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale, a dimostrazione che quindi si possa anche abbassare ulteriormente, altrimenti secondo il pensiero della giunta Serracchiani, è probabile che a breve ci saranno ulteriori aumenti dei costi dei biglietti. Altri soldi che usciranno, come sempre, dalle tasche dei cittadini, dove è più comodo andarli a prendere.

TRASPORTO PUBBLICO LOCALE GRATUITO: LA PROPOSTA DEL M5S

«Trasporto pubblico locale (Tpl) gratuito per tutti i cittadini residenti nel Friuli Venezia Giulia». Questa la nostra proposta politica contenuta in un emendamento che sarà discusso nelle prossime giornate dedicate all’assestamento di bilancio.

L’emendamento intende dare concreta attuazione alle politiche europee in materia di cambiamenti climatici e di Europa 2020 che impongono determinati traguardi da raggiungere per migliorare la vita dei cittadini europei e dell’ambiente stesso. Intendiamo proporre il Tpl gratuito che porterà all’utilizzo dei mezzi pubblici in luogo dei mezzi privati, notoriamente più impattanti in termini di carico viabilistico e relativi costi pubblici derivanti da infrastrutture prive di ricaduta sociale, inquinamento ambientale e spesa sanitaria. Secondo noi, la legge regionale 14/2010 dal titolo “Norme per il sostegno all’acquisto dei carburanti per autotrazione ai privati cittadini residenti in Regione e di promozione per la mobilità individuale ecologica e il suo sviluppo”, attualmente in vigore, presenta misure in aperto contrasto con la politica europea e su cui si auspica un intervento correttivo in sede di prossima finanziaria.

Gli obiettivi di questa proposta sono di ridurre i costi dei trasporti sulla spesa annuale delle famiglie, abbattere l’inquinamento, tagliare i costi sanitari e aumentare la qualità di vita dei cittadini. Obiettivi che vengono portati avanti dal MoVimento 5 Stelle ad ogni livello: dai nostri rappresentanti eletti al Parlamento europeo, fino a quelli nei comuni. Per accedere al Tpl gratuito basterà essere in possesso della tessera sanitaria che varrà come titolo di viaggio.

Nel 2015 il costo del Trasporto pubblico locale nel Fvg è stato di 184 milioni di euro. Un importo coperto al 75% dal finanziamento pubblico e al 25% dalla vendita di biglietti e abbonamenti. Il finanziamento regionale è stato infatti di 138 milioni di euro (la dipendenza da contributo pubblico per km è di 3,32 euro), mentre dagli abbonamenti e biglietti sono stati incassati 46 milioni di euro. Di questi circa 30 milioni di euro sono stati versati dai residenti nel Friuli Venezia Giulia.

Ricordiamo inoltre che gli utili prodotti dalle quattro aziende regionali del trasporto pubblico nel 2015 è ammontato a 33,3 milioni di euro (Atap 6,6 mln, Saf 10,6 mln, Tt 11,9 mln, Apt 4,2). Praticamente la stessa cifra introitata con la vendita di abbonamenti e biglietti. Pertanto l’investimento che la Regione deve fare per rendere il Trasporto pubblico locale interamente gratuito non è particolarmente elevato. In questo modo verrebbe incentivato con forza l’utilizzo del Tpl, purtroppo in calo in tutta Italia, con un impatto evidente e concreto sulle famiglie del Friuli Venezia Giulia. Saremmo i primi in Italia e questa volta veramente speciali. Purtroppo però la giunta Serracchiani ha sempre agito esattamente in maniera opposta, investendo su grandi opere, strade, parcheggi che incentivano l’uso del trasporto privato. E questo mentre contemporaneamente, dove abbiamo evidenti problemi di inquinamento, l’esecutivo regionale e l’Arpa tirano sempre in ballo il traffico veicolare fra le cause più importanti. La nostra proposta è indiscutibilmente efficace se si vuole intervenire in questo fattore di inquinamento.

Le coperture per questa proposta politica saranno ricavate dal risparmio di spesa da gara Tpl (circa 10mln), dalla riprogrammazione delle opere stradali, dai contributi dell’Unione europea, dalla rimodulazione del contributo sulla benzina agevolata (sconto per fasce di reddito). Quando c’è la volontà politica le risorse si trovano, come è accaduto per il sostegno al reddito. Inoltre ogni anno migliaia di famiglie fanno domanda alla Regione per ottenere i contributi per abbattere costi per i trasporti. Costi ingenti sia per la famiglia che per l’amministrazione che deve emettere ogni singolo decreto. Tutto questo meccanismo verrebbe azzerato con una sola manovra che porterebbe a liberare risorse, anche umane, da impiegare in altri servizi.

Il Tpl gratuito dovrebbe partire dal 2018, ma già per il 2017 proponiamo di esentare tutti gli studenti per l’abbonamento annuale 2017/2018 (10 mesi). L’attuale sistema di mobilità è dominato dalla motorizzazione privata che crea disagi sanitari (incidenti e inquinamento) e territoriali (consumo di suolo e cambiamento climatico, opere pubbliche, strade e parcheggi). Il Tpl gratuito, invece, comporta un beneficio economico reale, aumenta l’utilizzo dei mezzi pubblici, riduce drasticamente le spese delle famiglie e degli anziani, abbatte le emissioni di CO2 e rende il Friuli Venezia Giulia apripista in Italia. Il Tpl gratuito, infatti, è già una realtà in una trentina di città europee. Tra queste c’è anche Tallinn, la capitale dell’Estonia, che dal 2013 garantisce il trasporto pubblico gratuito ai suoi 435 mila residenti.

Spesso chiediamo alla giunta Serracchiani di fare scelte coraggiose. Anche in questo caso, per tutelare la salute dei cittadini, chiediamo all’esecutivo regionale e alle altre forze politiche di fare una scelta coraggiosa progettando una mobilità veramente sostenibile. L’Organizzazione mondiale della sanità ha definito le polveri sottili “cancerogeni certe”. Polveri sottili che ogni anno in Italia causano oltre 60 mila decessi prematuri. Una mortalità che sta crescendo sempre di più.

COMMERCIO: MOZIONE A DIR POCO VERGOGNOSA DEL CENTROSINISTRA CHE PENALIZZA GLI AMBULANTI

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Lo scorso 2 maggio c’è stata la discussione in Consiglio regionale della mozione del MoVimento 5 Stelle dal titolo eloquente: “Escludere il commercio ambulante dalla Direttiva Bolkestein”. L’intento era quello di salvaguardare le migliaia di piccoli commercianti dalle logiche liberistiche, che vorrebbero introdurre i bandi anche per l’assegnazione dei parcheggi nei mercati rionali dei nostri comuni.

La mozione aveva ottenuto un ampio consenso in Aula ma, come spesso accaduto in questa legislatura con le nostre iniziative, si è preferito rimandare il tutto in Commissione per approfondire la tematica. L’11 maggio 2017 si sono svolte le audizioni dei portatori di interesse e al termine della Commissione persino l’ufficio stampa del Consiglio regionale ha scritto che è stata “unanime la posizione di contrarietà alla Bolkestein e per l’esclusione del commercio ambulante dalla direttiva”. Tutti d’accordo, anche Forza Italia, la forza politica che, sotto il governo Berlusconi, ha creato enormi problemi ai commercianti ambulanti approvando il Decreto Legislativo 59/2010 che ha recepito la Bolkestein nel nostro ordinamento.

Unanimità purtroppo durata poco. Brutte notizie per gli ambulanti questa volta arrivano, infatti, dal Partito democratico che lo scorso 27 giugno ha presentato una propria mozione in Consiglio regionale che va esattamente nel senso contrario a quanto stabilito sia in Aula e che durante le audizioni in Commissione.

Chiedendo alla giunta Serracchiani di sostenere l’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, di fatto, il Pd accetta che anche il commercio ambulante faccia parte della Bolkestein e che si debbano prevedere i tanto odiati – ma solo a parole – bandi. Peccato però che su quell’intesa si sia espressa già in maniera dura e inequivocabile l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, facendo presagire che, nel caso venissero davvero avviati i bandi come vuole il Pd, inevitabilmente si aprirebbe una vera e propria stagione di ricorsi. Ricorsi che i comuni del Friuli Venezia Giulia non sarebbero in grado di affrontare viste le ben note difficoltà economiche che attraversano.

La cosa assurda è che il Pd regionale prende decisioni diametralmente opposte anche al Pd nazionale. Lo scorso 19 aprile la responsabile attività produttive del Partito Valentina Paris, infatti, ha presentato a Roma una proposta di legge che “interviene sul decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di escludere dall’applicazione della direttiva Bolkestein, per motivi imperativi di interesse generale, il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche”. Esattamente quanto richiesto con la nostra mozione. Caro Pd a che gioco stiamo giocando sulla pelle dei commercianti ambulanti?

AEROPORTO FVG: UN’AMARA SCOPERTA

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Un anno fa il presidente della società Aeroporto Fvg spa Marano e il direttore generale Consalvo erano stati auditi dalla I e IV Commissione del Consiglio regionale. Era stata una audizione piena di buoni propositi con l’illustrazione del Piano industriale 2016-2020 che dovrebbe portare lo scalo regionale a movimentare un milione di passeggeri a fronte di 39 di milioni di euro di investimenti.
Nel corso dell’audizione si era fatto solo un breve cenno alla partecipazione a questi investimenti con un apporto da parte dell’azionista Regione Fvg che veniva definito “minimale”. Per questo, già nel corso dell’assestamento di bilancio 2015, il Consiglio regionale aveva deliberato, infatti, un primo aumento di capitale di Aeroporto Fvg del valore di un milione di euro. L’anno successivo, dopo l’audizione, sono stati aggiunti altri 300 mila euro.

Era condivisa l’opinione che il cosiddetto apporto “minimale” fosse concluso e invece ecco che dal cilindro dell’assestamento di bilancio, nascosti tra le tabelle del disegno di legge che andrà in discussione la prossima settimana in aula, spuntano 5 milioni di euro di cui la giunta non ha mai fatto cenno. 5 milioni di cui l’assessore Peroni non ha detto nulla né durante la presentazione della manovrina alla stampa, né ai commissari della I e IV Commissione, spostando l’attenzione più sull’acquisizione delle quote dell’interporto di Fernetti da parte di Friulia spa che non su questa che è la vera grande operazione finanziaria dell’assestamento di bilancio. Basti sottolineare che si tratta praticamente dello stesso importo destinato a settori importanti come agricoltura, ambiente, turismo e cultura.

Ancor più sconcertante scoprire che Aeroporto Fvg sia alla ricerca di un socio privato da un’intervista del presidente Marano sul Sole 24 Ore. Nel corso dell’intervista, oltre ad annunciare un aumento di passeggeri previsto per il 2017 del 15 per cento – previsione piuttosto ottimistica visto che nei primi 5 mesi dell’anno c’è stato un aumento del 5 per cento, rispetto a un 2016 che aveva già fatto registrare un calo del 2 per cento -, Marano ha anche annunciato che per far fronte agli investimenti sia necessario rivedere l’assetto societario e aprire ai privati, gli unici – secondo lui – a garantire la spinta necessaria alla crescita dell’azienda.

Erano infatti due le opzioni per poter avviare la gara europea alla ricerca di un socio: l’aumento di capitale finalizzato all’ingresso del nuovo socio o la cessione diretta di quote. A quanto pare la scelta è già stata fatta. La giunta Serracchiani mette sul piatto altri 5 milioni di euro e si appresta così a predisporre la gara che probabilmente consentirà di rilevare la maggioranza della società con una quota superiore al 51 per cento, così come auspicato dallo stesso Marano.

Ancora una volta chi governa il Friuli Venezia Giulia ha deciso di per poi mettere sul mercato un prodotto finalmente appetibile per i privati. Ecco come la giunta Serracchiani “utilizza” i soldi dei suoi cittadini!

CONSORZIO DI BONIFICA PIANURA FRIULANA: LE PERSONE NON SONO DEI BANCOMAT!

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Il Consorzio di bonifica pianura friulana (Cbpf) sta spedendo a migliaia di cittadini friulani delle raccomandate per recuperare – si legge nell’oggetto – “quote di proprietà per lavori eseguiti nei bacini irrigui e idraulici del comprensorio”. Queste missive spiegano che nel corso degli ultimi anni sono state realizzate alcune opere idrauliche o irrigue per conto della Regione Friuli Venezia Giulia. Nonostante gli ingenti contributi che la Regione ha versato nel tempo al Consorzio per far fronte a queste spese, l’amministrazione regionale avrebbe stabilito che una parte dei costi debbano essere comunque a carico del Consorzio di bonifica e quindi dei loro soci. In sostanza queste raccomandate invitano i soci del Consorzio a pagare la differenza. Dal tenore delle lettere si evince che ai soci nulla di tutto questo era stato anticipato né erano stati informati su quali opere siano oggetto di contribuzione. Anzi, questi cittadini dovrebbero essere contenti che la cifra richiesta sia solo di qualche migliaia di euro! Silenzio assoluto, ovviamente, sull’obbligatorietà della partecipazione, sulle opere realizzate e sulla loro effettiva utilità, il tutto mettendo i soci di fronte al fatto compiuto. Della serie: pagate e tacete? A nostro avviso queste raccomandate sono irricevibili.

Oltre ai rapporti intrapresi con i soci del Consorzio, desta più di qualche perplessità l’asserita decisione della Regione Fvg di non aver coperto il 100% dell’opera da far realizzare all’ente consortile con la formula della delega amministrativa. Nell’attesa di ricevere i dovuti chiarimenti dall’assessore Shaurli, il quale in questo assestamento di bilancio ha stanziato altri 2 milioni di euro per opere pubbliche di irrigazione, e in attesa di leggere il bilancio consuntivo 2016 del Consorzio non ancora reperibile sul sito del Cbpf è bene ricordare che al 31 dicembre 2015 lo stesso avanzava 20 milioni di euro di crediti dallo Stato, dalla Regione e dal Magistrato delle Acque proprio per lavori in delegazione intersoggettiva e, addirittura, altri 42 milioni per crediti dalla Regione e dalle proprietà per mutui accesi per trasformazione irrigua.

La cifra che viene complessivamente richiesta è pari a 1.168.929,50 di euro. Nella lettera si fa riferimento anche a una decisione presa dal Consiglio dei delegati che avrebbero deciso come ripartire le quote alle varie proprietà. Peccato che il documento consortile (22/c/17) si riferisse ad un mutuo da coprire di 870.624,95 euro, ovvero inferiore di 300 mila euro rispetto a quanto richiesto. Considerato che è già previsto un canone annuale che le aziende e le famiglie versano come contributo annuo consortile, crediamo sia ora di finirla di spremere le famiglie in questo modo, soprattutto senza avvisarle con il dovuto anticipo in merito a quanto, come e soprattutto che cosa debbano pagare. Se le banche chiudono i rubinetti, se Agea ritarda i pagamenti, le famiglie e le aziende agricole di questa Regione non vanno usate dalle amministrazioni pubbliche come un bancomat, considerato le tasse alle quali – come tutti i cittadini onesti – devono già far fronte per vedersi riconosciuti diritti, servizi e opere infrastrutturali!

 

 

BOLLO AUTO: IN FVG NON SI PUÒ ANCORA PAGARE CON L’HOME BANKING

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Nel Friuli Venezia Giulia, a differenza di tutte le altre regioni italiane, non è possibile pagare il bollo auto tramite home banking. Cosa aspetta l’Agenzia delle entrate a stipulare finalmente una convenzione con il sistema bancario? Con pochi click si potrebbero evitare molte delle migliaia di notifiche che l’Agenzia delle entrate sta inviando in questi giorni ai contribuenti della regione.

In caso di mancato pagamento del bollo nei termini, l’ente impositore può procedere alla riscossione coattiva, con applicazione di sanzione e interessi. Molti cittadini del Friuli Venezia Giulia potrebbero evitare tutto questo attraverso l’utilizzo dell’home banking. Resta un mistero perché l’Agenzia delle entrate nella nostra regione non voglia utilizzare strumenti telematici ormai di dominio pubblico. Speriamo solamente che le ragioni dello “status quo” non siano legate alla possibilità di ottenere introiti maggiori, facendo la “cresta” sulle sanzioni.

FERRIERA: MOZIONE DEL M5S

Ringraziamo i rappresentanti dei comitati del presidio per aver rappresentato alla politica regionale il problema irrisolto della Ferriera e soprattutto per la tenacia dimostrata nel continuare a essere in piazza, animando il presidio 24 ore su 24. Purtroppo erano presenti solo i consiglieri della minoranza che hanno risposto alla richiesta, fatta alla politica in maniera trasversale, di ascoltare la voce dei cittadini e di impegnare la Presidente della Regione Debora Serracchiani a riconoscere l’urgenza di un incontro con il cav. Arvedi e di richiedere la revisione dell’Aia. Peccato che le forze di maggioranza non siano state coinvolte in modo adeguato, forse, a causa di una organizzazione un po’ frettolosa dell’incontro.
Ad ogni modo tutte le forze politiche presenti si sono dimostrate disponibili a sottoscrivere congiuntamente l’impegno proposto dai rappresentanti dei comitati.

Contestualmente, il gruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale ha presentato alle altre forze politiche una proposta di mozione che recepisce integralmente la proposta dei comitati e la rafforza ulteriormente con altri due impegni.
Con il primo impegno chiede alla presidente Serracchiani di promuovere urgentemente, anche mediante la rinegoziazione dell’accordo di programma, la chiusura progressiva dell’ “area a caldo” dell’impianto siderurgico, fissando un puntuale e stringente cronoprogramma visto che gli interventi finora eseguiti non hanno sortito gli effetti sperati. Al punto che la Regione è stata costretta a emettere una diffida per imporre ad Acciaieria Arvedi – Siderurgica Triestina una riduzione della produzione per rientrare nei valori obiettivo per la polverosità stabiliti dall’Aia.

Con il secondo impegno chiede, inoltre, di tutelare gli attuali livelli occupazionali della Ferriera nel processo di riconversione industriale, sfruttando le prospettive di sviluppo relative al porto di Trieste createsi recentemente con la firma dei decreti attuativi del Porto franco di Trieste e la previsione di ingenti investimenti in seno al progetto “la Via della seta”.
Sulla Ferriera saranno quindi depositate due mozioni, una del MoVimento 5 Stelle e una dele centrodestra: siamo sicuri che durante la discussione in Aula troveremo una convergenza auspicando che anche i consiglieri di maggioranza possano aderire a un testo che non crei ulteriori divisioni, ma che cerchi concretamente di risolvere il problema.

Di seguito il testo integrale della mozione presentata dal gruppo del M5S in Consiglio regionale

Consiglieri proponenti: USSAI, BIANCHI, DAL ZOVO, FRATTOLIN, SERGO

Oggetto: Nuove strategie industriali per la Ferriera

IL CONSIGLIO REGIONALE

Premesso che il 27 giugno 2017 è stato firmato congiuntamente dal Ministero delle Infrastrutture e dal Ministero di Economia e finanze il decreto attuativo per il Porto franco internazionale di Trieste che concede all’Autorità portuale piena disponibilità della gestione delle aree extradoganali e consentirà l’individuazione di aree specifiche da destinare alle attività industriali – come stoccaggio, manipolazione, trasformazione – e di aree in cui concentrare le attività del settore logistico legate al transito della merce;

Lette le dichiarazioni rese lo scorso 5 luglio dalla Presidente Serracchiani e riportate dai giornali locali in cui afferma che: “…Ad una settimana dalla firma del decreto attuativo del Porto Franco, attraverso questa operazione, si concretizza la prima opportunità per attrarre imprese e sviluppare l’economia del territorio con cento nuovi posti di lavoro…”

Richiamate le affermazioni del 16 maggio 2017 del Presidente del Consiglio Gentiloni in cui si sottolinea come “la leadership cinese ha dichiarato esplicitamente l’intenzione di investire su Genova e Trieste”, dichiarati terminal portuali strategici della “Via della Seta”;

Tenuto conto della crescente rilevanza dell’area della Ferriera quale possibile polo logistico, indispensabile per l’espansione del porto di Trieste e ancor più nel contesto del recente decreto attuativo concernente il porto franco e dei possibili nuovi accordi commerciali per il progetto della “Via della seta”;

Considerato che con decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43 (art. 1, comma 7bis), l’area industriale di Trieste è stata riconosciuta “area di crisi industriale complessa” per le problematiche legate alla produzione siderurgica, alla riqualificazione delle attività industriali e portuali e al recupero ambientale e che con decreto apposito del Presidente del Consiglio, la Presidente Serracchiani riveste la carica di Commissario straordinario per l’attuazione degli interventi dei lavori di bonifica del sito della Ferriera di Servola;

Richiamato l’Accordo di Programma del 30 gennaio 2014 recante “la disciplina degli interventi relativi alla riqualificazione delle attività industriali e portuali e del recupero ambientale dell’area di crisi industriale complessa di Trieste” tra il Ministero dello sviluppo economico (MISE), il MATTM, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, il Ministero per la coesione territoriale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste, l’Autorità Portuale di Trieste e la società INVITALIA;

Appurato che con decreto n. 96/AMB del 27/01/2016, la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha approvato il riesame con valenza di rinnovo del procedimento di Autorizzazione integrata ambientale (AIA) di durata decennale inerente l’attività produttiva di Siderurgica Triestina srl presso lo stabilimento della Ferriera di Trieste;

Constatato che in sede di Conferenza dei servizi non sono state acquisite le prescrizioni del Sindaco di Trieste nell’ambito del suo ruolo quale massima autorità sanitaria del territorio comunale ai sensi del comma 6 dell’art. 29-quater del D.Lgs. 152/2006;

Visto che la Regione ha ripetutamente diffidato la Siderurgica Triestina ad adempiere alle prescrizioni dell’AIA, e precisamente tra le più significative:

⎯ In data 16 marzo 2016 in merito all’eliminazione dell’impatto acustico generato dall’impianto;

 In data 7 marzo 2017 in merito al progetto di fattibilità tecnica ed economica della copertura dei parchi minerari dell’impianto (la cui realizzazione rientra tra le migliorie all’impianto prevista dall’accordo di programma quadro, oltre che dall’autorizzazione integrata ambientale);

⎯ Il 28 giugno 2017 per ridurre la produzione al fine di far rientrare le polveri nei valori obiettivo previsti dal decreto AIA del 2016;

Considerato che l’ultima diffida della Regione deriva dalla richiesta formulata da ARPA FVG del 14 giugno 2017, affinché Acciaieria Arvedi – Siderurgica Triestina si attivi autonomamente per ridurre la produzione dell’impianto in attuazione dell’AIA, tenuto conto del limite obiettivo per la polverosità valutata su base mensile e degli andamenti delle deposizioni, in aumento a partire da gennaio 2017;

Appurato che l’attività industriale dello stabilimento siderurgico risulta fortemente impattante sull’ambiente e sulla popolazione triestina e che anche dopo il subentro del gruppo Arvedi, l’impianto continua a non essere compatibile con un’area densamente abitata, tanto che dal gennaio 2008 a maggio ci sono state ben 5.655 segnalazioni da parte di cittadini, a testimonianza di una costante situazione di disagio non solo sociale ma anche ambientale derivante dal succitato impianto;

Preso atto del ripetersi di “fumate nere” dall’impianto, nonché nel sollevamento di polveri dai depositi minerali dello stabilimento, da ultimo verificatosi domenica 25 giugno 2017 e che ha invaso la città di Trieste;

Rilevato come l’impianto siderurgico della Ferriera di Trieste risulti costantemente al centro della cronaca cittadina e regionale in quanto l’impatto ambientale e il disagio creati alla popolazione triestina fanno sì che una parte rilevante della cittadinanza abbia organizzato negli ultimi due anni marce, manifestazioni di protesta e raccolte di firme per petizioni e da ultimo un presidio permanente in Piazza Unità, per la chiusura progressiva dell’«area a caldo» dell’impianto siderurgico e la fissazione di un cronoprogramma puntuale al fine di tutelare la salute e i livelli occupazionali dei cittadini di Trieste.

Ricordato che la Presidente Serrachiani, in occasione del suo incontro avvenuto il 21 giugno 2017 con il Sindaco di Trieste e le associazioni del presidio, aveva assicurato che avrebbe fissato al più presto un incontro con il Cav. Arvedi;

Vista infine l’ultima richiesta del 28 giugno 2017, formulata dalla Presidente Serracchiani e dai sindacati, diretta a ricevere dal gruppo Arvedi delucidazioni riguardo le attuali prospettive per lo stabilimento;

Ritenute condivisibili e anzi desiderabili le parole di Zeno D’Agostino, Presidente dell’AdSp del Mare Adriatico Orientale, pronunciate alla firma del decreto che concretizza il diritto di porto franco: “Oggi si apre una nuova era per il porto e per Trieste”;

Tutto ciò premesso

IMPEGNA LA PRESIDENTE DELLA REGIONE

1. a onorare la promessa fatta ai cittadini il 21 giugno 2017, sollecitando l’incontro con il cav. Arvedi per affrontare il tema dell’area a caldo della Ferriera e della sua riconversione;

2. a farsi parte attiva nella richiesta di revisione dell’AIA alla luce delle criticità irrisolte dell’area;

3. a promuovere urgentemente, anche mediante la rinegoziazione dell’accordo di programma, la chiusura progressiva dell’«area a caldo» dell’impianto siderurgico, fissando un puntuale e stringente cronoprogramma al fine di tutelare la salute dei cittadini di Trieste.

4. a tutelare gli attuali livelli occupazionali della ferriera nel processo di riconversione industriale, anche collaborando con i ministeri nazionali competenti e sfruttando le prospettive di sviluppo relative al porto di Trieste createsi recentemente con gli ultimi avvenimenti.

TRIESTE CAPITALE EUROPEA DELLA SCIENZA

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“Nel novembre scorso ho potuto visitare alcune fra le più importanti realtà scientifiche e di ricerca di Trieste come l’Area Science Park, Elettra Sincrotrone, l’Ictp e didattiche come il Science Centre Immaginario Scientifico e il FabLab. In quell’occasione ho toccato con mano la qualità internazionale della ricerca prodotta da queste realtà. Credo che la proclamazione di Trieste capitale europea della scienza nel 2020, che saluto con grande soddisfazione, rappresenti il meritato riconoscimento per una città che da sempre punta molto su questo settore”. Questo il commento del Vicepresidente della Camera dei deputati Luigi Di Maio alla notizia della proclamazione arrivata oggi pomeriggio.

“Siamo molto felici per la designazione di Trieste capitale della scienza 2020 – aggiungono i consiglieri comunali del MoVimento 5 Stelle Menis, Bertoni, Giannini, Basso, Imbriani e Danielis -. Sarà una vetrina molto importante. Per questo motivo siamo disposti a collaborare con tutte le istituzioni per preparare al meglio la nostra città. Già alcune settimane fa, in sede di discussione del bilancio preventivo comunale, avevamo chiesto di stanziare 250 mila euro. Purtroppo però – ricordano i penstastellati – il centrodestra ha bocciato la nostra proposta”.

“Crediamo che sostenere la ricerca e i giovani ricercatori sia fondamentale per lo sviluppo dell’intero Friuli Venezia Giulia, sia il vero motore trainante dell’economia – sottolineano i consiglieri regionali del M5S Sergo, Bianchi, Frattolin, Dal Zovo e Ussai -. Proprio nei Paesi dove le aziende investono maggiormente in ricerca e sviluppo sono le istituzioni pubbliche a essere le principali sostenitrici della ricerca di base, cedendo il passo ai privati solo nella fase di ricerca applicata. Auspichiamo pertanto – affermano in conclusione i pentastellati – che questa proclamazione sia da stimolo per aumentare in modo considerevole gli investimenti in un settore troppo spesso trascurato anche nella nostra regione”.

FASCISMO: QUELLA DEL CONSIGLIERE LIVA E’ L’ENNESIMA POLEMICA STRUMENTALE

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Al post del consigliere regionale del Partito democratico Renzo Liva, il quale attacca i “grillini” che – secondo lui – “reclamano la libertà di essere, dichiararsi, propagandare il fascismo”, rispondiamo con le stesse parole utilizzate oggi dal capogruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera Simone Valente. Un tanto per smorzare sul nascere la consueta e strumentale polemica che – come sempre – gli esponenti del Pd sono così bravi a scatenare contro il M5S anche nel Friuli Venezia Giulia.

“L’antifascismo è un valore fondante della nostra Costituzione e del nostro Paese. Un principio che non può mai essere dimenticato né messo in discussione, rispetto al quale non è neppure ipotizzabile un passo indietro. Gli attacchi odierni nei nostri confronti che provengono dal Pd sono puramente strumentali. Non permettiamo a nessuno di mettere in discussione principi fondanti della nostra storia e della nostra identità”.

Il gruppo del MoVimento 5 Stelle
Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia

SANITA’: UN IMPORTANTE STUDIO COLLOCA IL SERVIZIO SANITARIO DEL FVG AL PENULTIMO POSTO IN ITALIA

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Secondo Debora Serracchiani la riforma sanitaria, come le altre imposte negli ultimi quattro anni, avrebbe dovuto essere d’esempio per tutte le altre regioni italiane. Il ranking 2017 dei Servizi sanitari regionali, curato dal Consorzio per la ricerca economica applicata in Sanità (Crea), colloca invece il Friuli Venezia Giulia nell’area cosiddetta “critica”, insieme a Calabria, Abruzzo, Puglia, e Molise! Siamo passati dal secondo posto della prima sperimentazione del 2013 al penultimo posto di oggi. Il Friuli Venezia Giulia si trova infatti al 20esimo posto sui 21 servizi sanitari regionali italiani. Crediamo che la giunta Serracchiani debba spiegare pubblicamente le ragioni che sono alla base di questo primato decisamente poco “onorevole”.

Nel 2013 il Crea Sanità ha lanciato questo metodo di valutazione multi-dimensionale e multi-prospettiva, che “media” le valutazioni di diversi stakeholder del sistema (utenti, management aziendale, professioni sanitarie, istituzioni e industria medicale), producendo un indice sintetico di performance per ogni servizio sanitario regionale. Un rapporto che indaga cinque dimensioni: sociale (equità), economico-finanziaria, appropriatezza, esiti e innovazione (quest’ultima inserita per la prima volta nell’edizione 2017), ognuna con dei propri indicatori. Nel rapporto non viene segnalata la performance di ogni regione rispetto ai diversi indicatori considerati. Il Friuli Venezia Giulia è però una “new entry” tra le ultime cinque regioni collocate nell’area “critica”. Fatte queste precisazioni vogliamo rivolgere alcune domande all’assessore Telesca: quali sono i valori degli indicatori considerati per la performance che ci penalizzano maggiormente nella valutazione finale? Come mai, nonostante alcuni presunti miglioramenti richiamati dal rapporto, il Friuli Venezia Giulia occupa nella classifica una posizione così bassa? E infine dove sarebbe la nostra regione se questo miglioramento non ci fosse stato, considerato che già così siamo negli ultimi posti?

Siamo sicuri che la propaganda di regime continuerà a magnificare le riforme della giunta Serracchiani. Come M5S auspichiamo che questa maggioranza cominci a ragionare sui numeri, ammettendo i propri errori per iniziare a porvi rimedio.

Pozzi artesiani della Bassa friulana, Sergo (M5S): “Dopo due anni e mezzo partita la sperimentazione su un’unica fontana su 60 mila. Siamo all’assurdo. Continua la nostra battaglia contro la privatizzazione dell’acqua”

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“Rullo di tamburi, squillo di trombe… due anni e mezzo dopo la costituzione del tavolo tecnico sui pozzi artesiani della Bassa friulana, previsto dal Piano Regionale Tutela delle Acque, è partita la sperimentazione che deve determinare il volume medio giornaliero delle fontane, verificando gli effetti delle strozzature. Bene, sapete su quanti pozzi viene effettuata la sperimentazione? Su un unico pozzo. No, non è uno scherzo. Su 60 mila fontane presenti nella Bassa friulana, con gravissimo ritardo sulle tempistiche previste, considerato che la sperimentazione doveva terminare nel dicembre 2016, questa riguarda un solo pozzo profondo 123 metri. Assurdo”. È carico di sdegno il commento del capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Cristian Sergo alla risposta della giunta Serracchiani all’interrogazione orale depositata nel maggio del 2016 e arrivata solo nelle ultime ore.
“L’esecutivo regionale – spiega Sergo – fa sapere che “il tavolo tecnico ha predisposto un protocollo per lo svolgimento della sperimentazione finalizzato a verificare, tramite steps progressivi di modulazione del flusso emunto, gli effetti di tale regolamentazione sulla funzionalità del pozzo stesso. È stata poi avviata una fase preliminare di sperimentazione con prove in campagna su un pozzo di proprietà di Cafc, sito nel Comune di Cervignano”. Inoltre – aggiunge il consigliere pentastellato – l’assessore Sara Vito rivela che “si sta coinvolgendo l’Università di Trieste, tramite la stipula di un accordo, per dare attuazione al protocollo”. La delibera prevede che, se entro l’approvazione del Piano Tutela Acque – ancora fermo al palo dopo 17 anni -, non si fosse stabilito un volume per la strozzatura dei pozzi, questo deve esser previsto dalla Regione. Peccato che la stessa si era già espressa in materia indicando in 0,1 litri al secondo la portata quale portata media giornaliera obbligatoria per i pozzi: la cosiddetta strozzatura. Ricordiamo che questa sciagurata previsione dello 0,1 era stata stabilita dalla giunta di centrodestra guidata da Renzo Tondo. Ora la Regione parla di voler coinvolgere le Università (che però al tavolo si sono già sedute) per attuare il protocollo. E quanto tempo ci vorrà ancora? Non si sa”.
“Per noi – rimarca ancora una volta Sergo – l’acqua è invece una risorsa importante e in questi giorni ce ne si accorge ancora di più, ma essa deve rimanere pubblica, lontana dalle speculazioni del mercato e da gestire in modo equo e senza sprechi. Ancora nulla invece si è deciso per attaccare con efficacia i veri sprechi di questa risorsa”.
“Ad aprile abbiamo presentato al presidente Iacop una seconda petizione sul tema e abbiamo sollecitato per la seconda volta l’audizione dei soggetti coinvolti per parlarne prima che venga presa una qualsiasi decisione. Come stiamo facendo da più di quattro anni, noi del MoVimento 5 Stelle continueremo la nostra battaglia per salvaguardare i pozzi artesiani e il diritto dei cittadini di prelevare l’acqua dai propri terreni. Temiamo che anche attraverso un’inconcludente sperimentazione, chi governa questa Regione stia cercando una pezza di appoggio per avvalorare una decisione impopolare ma presa già da molto tempo: quella di strozzare le fontane per costringere in un futuro non troppo lontano decine di migliaia di nuovi utenti ad allacciarsi all’acquedotto, così come si torna a paventare proprio in questi giorni. Continueremo a fare di tutto – conclude Sergo – per evitare che questo accada”.

QUALITÀ DELLA RICERCA: INTERPELLANZA DEL M5S

L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) è un ente pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur). Sulla base di un preciso indicatore – l’indicatore standardizzato della performance dipartimentale (Ispd) – da poche settimane l’Anvur ha selezionato 350 dipartimenti italiani che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica. Tra questi, con cadenza quinquennale, saranno individuati in un secondo momento i 180 dipartimenti universitari cui destinare, dal 2018, l’importo complessivo annuale di 271 milioni di euro. Purtroppo nella lista dei 350 dipartimenti compare una sola realtà dell’Università di Udine, il dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale. Crediamo sia quanto mai urgente per la giunta Serracchiani analizzare in profondità la situazione della ricerca del sistema universitario regionale sulla base delle valutazioni ricevute dal Miur e dall’Anvur.

Oggi abbiamo depositato una interpellanza per sapere dall’esecutivo regionale quali azioni intenda porre in essere per contribuire a invertire la tendenza. Bisogna intervenire rapidamente sui meccanismi di reclutamento e di promozione per portare gli atenei del Friuli Venezia Giulia a livelli di qualità della ricerca comparabili con quelli delle altre università del Nord est. Il fatto che un solo dipartimento dell’Università di Udine presenti standard di qualità è molto grave. Si tratta inoltre di un danno economico non da poco visto che i 180 dipartimenti di eccellenza selezionati potranno contare, ciascuno, su una dotazione finanziaria variabile che può sfiorare i 2 milioni di euro.

Speriamo che i vertici dell’ateneo friulano non cerchino di arrampicarsi sugli specchi visto che le altre università del Nord Est, di dimensioni analoghe, sono state valutate dall’Anvur in modo decisamente più lusinghiero. Nei “top 350”, Trieste ha piazzato 4 dipartimenti su 10 (risultato comunque non brillantissimo per una città che si candida a capitale europea della scienza), Verona 9 su 12 e Trento addirittura 10 su 10. Padova, che però ha dimensioni di molto superiori a Udine, è presente nella lista con ben 27 dipartimenti. Allo stesso tempo invitiamo il rettore De Toni a non tirare in ballo altre classifiche che vedono l’ateneo friulano piazzato ai vertici delle classifiche italiane come quella recentissima del Censis. La differenza è sostanziale: queste ultime servono solo a fare bella figura sui media, quella dell’Anvur-Miur a ottenere, invece, risorse fondamentali per fare ricerca di qualità.

Ricordiamo infine che, a margine della recente inaugurazione del nuovo Anno accademico, il rettore De Toni aveva affermato di essere in attesa del sistema di perequazione regionale. Durante la cerimonia l’assessore Loredana Panariti aveva confermato che mancasse solo il decreto attuativo. Sulla base di queste dichiarazioni pubbliche, con la nostra interpellanza, pertanto, ci siamo sentiti legittimati a chiedere se il sistema di perequazione regionale dovrà sopperire alla mancanza di fondi a causa della scarsa valutazione ottenuta in complesso dell’Ateneo di Udine?!

Per fare davvero dell’educazione un punto ineludibile e un volano di sviluppo è indispensabile che l’Università di Udine migliori i propri meccanismi di reclutamento e di promozione. Principalmente da questi fattori dipendono la quantità e la qualità dei prodotti di ricerca valutati dal Miur per l’allocazione delle risorse.

AMBULANZA AGGIUNTIVA A PALMANOVA: CHIEDIAMO CHIAREZZA SUI COSTI DELLE CONVENZIONI CON ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO

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È certamente positiva la notizia dell’attivazione di un’ambulanza aggiuntiva – anche se solo nelle ore diurne – in servizio all’Ospedale di Palmanova, così come previsto dal Piano regionale delle emergenze urgenze. Questo servizio, però, non può essere attivato con personale interno a causa della carenza cronica dell’organico di Pronto Soccorso, che durante lo stesso turno deve prestare assistenza sia all’interno che all’esterno dell’ospedale, staccandosi dal presidio e salendo a bordo dei mezzi di emergenza. La nuova ambulanza, pertanto, sarà assicurata tramite l’impiego di personale volontario che sarà operativo sulla base della convenzione siglata da Croce rossa e Azienda sanitaria. Restano ancora da chiarire le motivazioni della differenza dei costi orari massimi riconosciuti alle diverse organizzazioni di volontariato. Costi che sono a carico della collettività.

L’ultima determina, la n. 408 del 16 giugno, prevede infatti un costo di 60,50 euro all’ora per due autisti soccorritori e un soccorritore su ambulanza h14. La precedente, la n. 330 del 5.5.2017, già affidava alla Croce rossa italiana il servizio su Palmanova, al “modico” importo di 99,50 euro ora, quando per servizi analoghi la stessa Cri chiedeva 36,48 euro all’ora su Monfalcone. Un affidamento revocato dopo sei giorni, con determinazione n. 347 dell’11 maggio scorso, proprio perché erano “emerse delle discrepanze che alterano l’equilibrio tra attività prestate e remunerazione economica (spese ed oneri) rispetto al rimborso orario indicato dalle singole organizzazioni di volontariato nella proposta di convenzione. Ora il costo su Palmanova è sceso del 30% ma rimane la discrepanza con lo stesso servizio della Croce rossa fornito a Monfalcone oppure rispetto a servizi h24 con infermiere forniti da altre organizzazioni, come ad esempio a Cividale dove il costo massimo orario è addirittura inferiore, nonostante la presenza di personale altamente qualificato.

Attendiamo fiduciosi i chiarimenti da parte della giunta Serracchiani e dell’Azienda sanitaria ovvero l’ulteriore revoca dell’affidamento.

AUTOVIE VENETE: DUBBI SUL PESO CHE LO STATO ATTRAVERSO ANAS POTRA’ AVERE NELLA GESTIONE DELLA NEWCO

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È del tutto necessario fare costantemente il punto sugli sviluppi dell’accordo che prevede la costituzione di una Newco per la concessione in house della gestione delle tratte autostradali. Il Consiglio regionale deve essere sempre informato, infatti, su un iter così complesso. Restano però i dubbi legati alla governance, vista la partecipazione dell’Anas alla Newco. È un bene che il nuovo soggetto rimanga in mano pubblica anche se c’è da dire che lo rimarrebbe anche senza l’intervento di Anas con la sola partecipazione di Veneto e Fvg. Invece restano i dubbi sul ruolo che lo Stato, attraverso Anas, finirà per avere nella gestione e nella definizione delle politiche della Newco.

La questione è strettamente collegata alla fusione tra Ferrovie dello Stato e Anas. Se attraverso Fs, Anas finisce per cedere al mercato quote azionarie, rischiamo di non avere più una Newco interamente pubblica. A quel punto la gara sarebbe inevitabile, così come l’inevitabile spreco di risorse regionali stanziate per tutta questa operazione.

Oggi la presidente Serracchiani ha assicurato, inoltre, che l’intera operazione dovrebbe essere conclusa prima delle prossime elezioni. Ci auguriamo però che sia pronto un piano B nel caso il percorso intrapreso finisca per allungarsi. A nostro avviso la Regione deve essere in grado di portare a termine l’intera operazione anche senza l’eventuale collaborazione di Anas e dello Stato.

IL PD DICE SI’ AL CETA E METTE A RISCHIO LA PRODUZIONE AGROALIMENTARE DI QUALITÀ DEL FVG

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Nel silenzio assordante dei media il Parlamento europeo, con la complicità di Partito democratico e Forza Italia, ha approvato il Ceta (Comprehensive economic and trade agreement), un trattato suicida per l’Italia e l’Europa che, con l’obiettivo di eliminare i dazi doganali tra Ue e Canada, finirà per distruggere molte piccole e medie imprese italiane a favore delle grandi multinazionali e porterà alla perdita di migliaia di posti di lavoro.

Ieri abbiamo presentato un ordine del giorno, chiedendo al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia di esprimersi contro questo trattato internazionale, sulle cui nefaste conseguenze si sono espresse ultimamente anche le associazioni di categoria. In questi giorni si discute in Parlamento la ratifica del Ceta e quindi volevamo che la giunta Serracchiani si facesse parte attiva perché non si giunga alla ratifica del trattato. Tutto inutile, perché la maggioranza dei consiglieri presenti in Aula ha bocciato la nostra proposta, con i “non votanti” colpevoli alla pari di chi ha respinto il nostro atto.

Un fatto molto grave perché l’approvazione del Ceta rischia di rendere, di fatto, inutili tutte le norme vigenti in materia di tutela della produzione agroalimentare di qualità che contraddistingue gran parte della produzione agricola del Friuli Venezia Giulia, alcune delle quali introdotte proprio con il ddl 220 “Disposizioni in materia di risorse agricole, forestali e ittiche e di attività venatoria”, approvato ieri dal Consiglio regionale.

COS’È IL CETA?
Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), il trattato di “libero” scambio stipulato tra Canada e Unione Europea, cavallo di Troia della globalizzazione più estremista.

Il Ceta è anche, di fatto, un Ttip mascherato. Il famoso accordo di libero scambio UE/USA, tanto contestato, esce dalla porta e rientra dalla finestra dato che le multinazionali nord-americane, delle quali almeno l’80% ha sede anche in Canada, potranno utilizzare le loro sedi canadesi per aggirare l’ostacolo e giungere da noi. Come il TTIP il Ceta rappresenta il ritorno a un Medioevo dei diritti ove i grandi investitori stranieri, grazie alla clausola Ics (Investor to Court System) potranno tutelare i propri interessi commerciali di fronte a tribunali privati a scapito delle politiche ambientali o di tutela della salute e del lavoro dei cittadini.

Nelle 1057 pagine del protocollo d’intesa del Ceta non c’è alcun elemento di stima relativo all’occupazione ma un “impact study” dell’Università statunitense di Tuft giunge a una preoccupante conclusione: entro il 2023 il Ceta porterà, nei paesi coinvolti, una perdita complessiva di 230.000 posti di lavoro e a una severa compressione salariale. I Paesi maggiormente colpiti saranno la Francia e l’Italia.

Ma il settore che più soffrirà con la ratifica del Ceta sarà quello agroalimentare a causa della concorrenza sleale dovuta alla mancanza di reciprocità tra modelli produttivi e di tutela della salute totalmente diversi. Il trattato spalancherà la porta al famigerato grano duro canadese di pessima qualità e trattato in preraccolta con glifosato,nonché a enormi quantità di carne ottenuta in allevamenti con norme di qualità di produzione e di tutela del benessere animale molto inferiori a quelle europee. Un impatto devastante sulla produzione di grano col rischio di desertificazione di intere aree del Paese.

Secondo il dossier della Coldiretti, delle 291 denominazioni Made in Italy registrate, ne risultano protette appena 41, tra l’altro con il via libera all’uso di libere traduzioni dei nomi di imitazione come “Parmesan cheese”. Di fatto un via libera all’Italian sounding che, con la falsificazione del Made in italy, nel 2016 ha superato i 60 miliardi di fatturato. Un danno enorme per le nostre imprese.

Ma su questo trattato si stende anche l’ombra oscura della criminalità organizzata. Secondo il rapporto della Dna pubblicato il 22 giugno 2017, la ndrangheta ormai ben radicata in Canada, sta riciclando il suo denaro nel settore agroalimentare e vedrebbe intensificati i suoi affari se questo trattato venisse approvato in assenza di norme stringenti sui reati agroalimentari, mentre giace da quasi due anni nei cassetti del Ministero della Giustizia la legge sulle agromafie, voluta dal Governo ma mai discussa a causa delle beghe interne del PD.

È l’“Europa che ce lo chiede”, come piace tanto dire ai nostro governanti quando non hanno voglia di imporsi a Bruxelles. Ma questa volta è diverso e dipenderà solo dal Parlamento se questo trattato capestro entrerà in vigore. Come stabilito il 5 luglio 2016 dalla Commissione europea, infatti, si tratta di un accordo “misto” e per entrare in vigore deve essere ratificato comunque da tutti e 27 i Parlamenti nazionali dei 27 Stati membri e di alcuni regionali per un totale di 37 assemblee. Se anche un solo Parlamento nazionale o regionale dell’UE bocciasse l’accordo, l’applicazione definitiva del Ceta non sarebbe più possibile e il trattato non entrerebbe in vigore. Non solo, l’Italia è il primo Paese dell’UE a portare in aula la ratifica dell’accordo. Mentre altri, come la Francia, fanno ricorso, l’Italia corre veloce verso il baratro.

Il Ceta rappresenta, oggi, lo strumento più pericoloso di quella globalizzazione che sta distruggendo anni di conquiste sociali e le nostre Costituzioni. Ratificarlo significherebbe dare una cambiale in bianco alle oligarchie corporative finanziarie ed economiche che attentano la nostra democrazia ogni giorno. Tutto quello che abbiamo potuto fare in termini di pressione parlamentare è stato fatto, lo stop agli accordi come il Ttip e il Ceta è stato persino il punto più votato del programma di Governo di politica estera e di agricoltura del M5S. Il momento delle parole è finito. È necessaria la mobilitazione per rovesciare il tavolo.

LEGGE SULLE ATTIVITÀ VENATORIE: INTRODOTTE NORME INCOSTITUZIONALI

È piena di incongruenze la legge approvata ieri dal Consiglio regionale. Alcune delle quali saranno sicuramente impugnate dalla Corte costituzionale. Le più gravi sono l’ampliamento del periodo e dell’orario di caccia al cinghiale due ore prima del sorgere del sole e quattro ore dopo il tramonto e la possibilità data ai cacciatori di sopprimere gli ungulati feriti a seguito di incidente stradale. Animali che diventeranno di proprietà della riserva dove l’animale viene trovato, quando invece, per legge, sono patrimonio indisponibile dello Stato.

Tra le altre disposizioni a nostro avviso inaccettabili diventate legge troviamo anche l’eliminazione del divieto di utilizzo del cane segugio entro 1 km dalle aree protette e la libertà d’immissione del cosiddetto “pronta caccia”. Pratica assurda che prevede la liberazione di diversi esemplari di animali, solitamente fagiani, per poi cacciarli. Uccelli che, di solito, vengono liberati di sera e cacciati la mattina seguente. Inoltre sarà possibile cacciare in modo tradizionale anche su terreni coperti da neve in zona faunistica, quando per gli animali è molto difficile nascondersi, e viene fatto divieto al Corpo forestale regionale di controllare i tesserini di caccia. Controllo che potrà essere effettuato solo durante l’attività venatoria. Assurdo, veramente assurdo, che un ente pubblico titolare di un organo di vigilanza, quale il Corpo forestale regionale, continui, ogni volta che gli si presenta la possibilità, a depotenziare il proprio organo.

La nuova norma regionale consente poi di uccidere fino a 25 colombacci per giornata di caccia quando prima il limite era di 5 uccelli. Di fatto è stato modificato il calendario venatorio che indica l’inizio e il termine della stagione venatoria, le specie cacciabili, il regolamento di caccia e le modalità di caccia. Modifica che molto probabilmente sarà oggetto di ricorso da parte dello Stato. Ricordiamo che la Corte costituzionale si è infatti già espressa più volte – anche nei confronti di regioni a statuto speciale – sancendo l’obbligatorietà del parere dell’Ispra sugli atti di pianificazione venatoria e l’illegittimità dell’utilizzo dello strumento “legge” in luogo dell’atto amministrativo per l’articolazione dei calendari venatori.

A nostro avviso, compito di una amministrazione regionale dovrebbe essere quello di far sedere attorno a un tavolo gli attori coinvolti: corpo forestale, cacciatori, associazioni ambientaliste, uffici che si occupano di tematiche di protezione della fauna, di biodiversità e di attività venatoria, consiglieri regionali. Solo, infatti, attraverso un comitato ristretto o una sottocommissione, priva di pregiudizi e preclusioni, si poteva mettere in campo una vera riforma organica su questa materia. Percorso che non si è voluto intraprendere. Questa legge allontanerà ancora di più i mondi che ruotano attorno a questa materia, rendendo vani gli sforzi fatti da tempo. Rimaniamo basiti dal fatto che tutti siano consapevoli che queste modifiche siano state introdotte solo da alcuni rappresentanti del mondo venatorio e che questi cacciatori ringrazino la presidente della Regione Debora Serracchiani per aver portato avanti le loro richieste.

EMERGENZA URGENZA: DA DOMANI 118 DEPOTENZIATO NELL’AREA GORIZIANA-ISONTINA

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Domani sarà attuato definitivamente il Piano dell’emergenza urgenza (Peu) nell’area Goriziana-Isontina. Evento annunciato trionfalmente nei giorni scorsi dall’assessore alla Salute Telesca che non ha perso l’occasione per annunciare che “vi sarà a disposizione un’ambulanza in più, collocata a Gradisca d’Isonzo”. Secondo l’assessore della giunta Serracchiani questo dimostrerebbe come “il servizio delle ambulanze dell’Isontino è stato potenziato” rispondendo così “pienamente alle normative europee e nazionali”. Parole che denunciano pubblicamente il distacco totale dell’assessore Telesca dalla realtà dei fatti!

Contrariamente a quanto affermato dall’assessore Telesca, dal 1 luglio il sistema 118 nell’area Goriziana-Isontina verrà depotenziato e non rafforzato. Con l’attivazione della nuova ambulanza (con relativo infermiere), infatti, saranno tagliati due infermieri (uno a Gorizia e uno a Monfalcone) che verranno rimpiazzati con dei semplici volontari soccorritori che, in caso di bisogno, dovranno essere impiegati anche per le emergenze più gravi. Non possiamo inoltre trascurare il fatto che anche le automediche in questo territorio sono state tagliate passando da due, presenti a Gorizia e a Monfalcone, a una sola posizionata a Gradisca d’Isonzo, in posizione particolarmente lontana sia da Gorizia che da Monfalcone dove si verifica il maggior numero di chiamate di emergenza dell’intera area Goriziana Isontina.

Durante la discussione del Peu, come M5S avevamo proposto in maniera costruttiva un piano alternativo basato su standard scientifici riconosciuti e aggiornati, quelli stabiliti dalle due più importanti realtà del settore: la Società Italiana Sistema 118 e la Federazione Italiana Medicina Emergenza Urgenza e Catastrofi. Standard coerenti con il DM70 che definisce la Rete territoriale di soccorso. Il nostro piano però non è stato tenuto assolutamente in considerazione.

Parlare di copertura capillare, come ha fatto Telesca, delle varie aree regionali in quanto a soccorso sanitario emergenze-urgente per poi sciorinare un concetto di distribuzione dei mezzi di soccorso, sempre intesi in modo vago e fuorviante (mezzi avanzati e di base non meglio identificati), secondo una “logica di solidarietà territoriale” significa non possedere i fondamenti scientifici che regolano a livello italiano il parco mezzi (in tipologia e numerosità) e la dislocazione degli stessi. Non basta affidarsi a indici di rischio totalmente autoreferenziali e senza alcun costrutto scientifico che servono solo a giustificare le scelleratezze fatte da questo governo regionale alla genesi del Peu. Le basi scientifiche, note e molto chiare, andavano semplicemente applicate e adattate alla realtà regionale. Cosa che la giunta Serracchiani non ha fatto.

NUMERO UNICO EMERGENZE: NECESSARIA UNA REVISIONE DEI PROTOCOLLI DI INTERVENTO

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Sbaglia la giunta Serracchiani a sottovalutare i problemi legati allo smistamento delle informazioni tra i diversi operatori coinvolti nel Numero unico per le emergenze. In alcuni casi recenti i vigili del fuoco non sono stati proprio informati e quindi non sono stati messi nelle condizioni di intervenire. Episodi, facilmente verificabili, che dimostrano quanto il sistema presenti ancora delle falle. Invece di cercare di minimizzare il problema come ha fatto oggi in Aula l’assessore Telesca, l’esecutivo regionale dovrebbe preoccuparsi seriamente di rivedere i protocolli di intervento.

I vigili del fuoco non sono stati coinvolti nel caso dell’incidente mortale sul lavoro che si è verificato allo stabilimento triestino della Wärtsilä, ma neppure in alcuni incidenti che si sono verificati in montagna e nella ricerca di persone in luoghi impervi. Situazioni, queste ultime, che quasi sicuramente sono destinate a riproporsi visto che le località montane della nostra Regione sono mete molto frequentate nel periodo estivo dai turisti. In questi casi i volontari del soccorso alpino potrebbero non essere sufficienti.

Per queste ragioni la giunta Serracchiani deve attivarsi per promuovere il miglioramento delle procedure di intervento, il coordinamento e la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nella gestione delle emergenze e nelle attività di primo soccorso. Non possiamo rischiare di intervenire in modo sbagliato in casi di emergenza per colpa di inaccettabili errori di comunicazione.