mercoledì, 15 Gennaio 2025
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STOP AL MINI-RIGASSIFICATORE DI MONFALCONE: SODDISFAZIONE DEL M5S

Una volta tanto, con soddisfazione, apprendiamo che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Mattm) ascolta cittadini, enti, associazioni e il MoVimento 5 Stelle che hanno inviato numerosi osservazioni al progetto del mini-rigassificatore di SmartGas a Monfalcone. Lo scorso 29 marzo il Mattm ha posto la parola fine alla richiesta del proponente, dando giudizio negativo di compatibilità ambientale.

Troppe le mancanze progettuali, le integrazioni richieste e le mancate ottemperanze alle richieste inviate. La società stessa, ad un certo punto, ha probabilmente deciso di perdere la partita attuando un muro contro muro con Ministero e Regione Fvg. Il problema fondamentale è stato chiaramente non avere ottemperato alla richiesta di cinquantasei integrazioni (56) richieste dalla Regione, dal Ministero e dalla Capitaneria, anche se ci rendiamo conto che potevano essere gravose per il proponente.

Il Ministero dei beni culturali ha emesso un parere durissimo, così come il parere espresso dalla Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale che ha emesso un documento di 27 pagine che vi invitiamo a leggere.

Le maggiori criticità emerse sono la localizzazione dell’impianto, l’interferenza con gli altri traffici marittimi – come avevamo sempre sostenuto – e i problemi legati allo smaltimento dei fanghi dai dragaggi. Manca, come sempre da noi evidenziato, anche l’analisi costi/benefici – benefici soprattutto per tutti i cittadini – richiesta nelle varie osservazioni e ripresa nel parere della CT-VIA.

Nel decreto si ricorda anche che “sul progetto sono state presentate moltissime osservazioni da parte di enti pubblici, privati, associazioni, …”, affermando quindi implicitamente che questo ha pesato sulla decisione finale.

Ora manca un grande passo da fare: togliere la previsione, all’interno del Piano energetico regionale, di un mini-midi rigassificatore, anche alla luce della recente autorizzazione al rigassificatore di Veglia.

TURISMO: LA GIUNTA SERRACCHIANI E’ INNAMORATA DEL CEMENTO

«Per la prima volta nel Friuli Venezia Giulia, grazie a Pd e Pdl, sarà possibile ottenere contributi fino a 200 mila euro per la costruzione di edifici da destinare a strutture ricettive. Altro che “consumo zero del suolo”. Ampliare, recuperare e ristrutturare non era sufficiente, bisognava inserire anche la possibilità di costruire, facendo un pasticcio tra nuove costruzioni e riqualificazioni urbanistiche nel settore turistico. Ecco quanto è accaduto durante la discussione delle “norme urgenti che delegano determinate funzioni contributive alle Camere di commercio, in precedenza attribuite all’Unioncamere Fvg”». Il capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Cristian Sergo spiega come si possa infilare un provvedimento ad hoc all’interno di un ddl con finalità completamente diverse.

«Come MoVimento 5 Stelle abbiamo presentato un emendamento soppressivo per togliere questa disposizione inserita con un intervento durante l’unica seduta di commissione in cui si è illustrato e approvato il disegno di legge. Nella fretta è stata presentata anche questa norma sulla possibilità di ottenere contributi anche in caso di costruzione di nuove strutture. La giustificazione con cui la giunta Serracchiani non ha accolto l’emendamento – aggiunge il consigliere del M5S – risulta anche peggio del prevedibile: il vicepresidente infatti ha affermato che “le nuove costruzioni sono anche riuso del terreno e operazioni su comparti interi con cambio totale delle destinazioni d’uso e in tale sede possono essere fatti nuovi alberghi”».

«Corre l’obbligo di segnalare al vicepresidente della Regione che le leggi sia nazionali che regionali negli ultimi 40 anni distinguono chiaramente gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e quelli di ristrutturazione urbanistica da quelli di “nuova costruzione”. Un pasticcio vero e proprio perché se nelle intenzioni dell’assessore ci dovesse essere la volontà di aiutare chi propone interventi di recupero edilizio, lui stesso ha ammesso che la norma potrà aiutare “anche” chi costruisce ex novo. Per questi motivi, coerenti con il nostro principio di voler salvaguardare il suolo e di voler puntare sull’efficientamento, la ristrutturazione e il recupero del nostro patrimonio edilizio esistente, abbiamo chiesto di privilegiare questi interventi».

POLSTRADA DI TOLMEZZO: L’ENNESIMO COLPO INFERTO AL TERRITORIO MONTANO

Tolmezzo non avrà più la Polizia Stradale. Il reparto di Amaro diventerà misto, ovvero gli agenti non si dovranno più occupare solo dell’autostrada ma anche della viabilità ordinaria. Il problema è che Amaro era già un reparto sotto organico per l’unica funzione che gli era stata conferita, adesso nonostante l’arrivo dei colleghi di Tolmezzo il numero rimane ampiamente insufficiente. Infatti, i due reparti, anche se accorpati, non raggiungono nemmeno il numero previsto per svolgere la sola funzione per il servizio “autostradale”.

L’ennesimo colpo inferto al territorio montano. Unica consolazione è che durante la nostra discussione in Aula siamo riusciti a sollevare il problema facendo notare all’assessore alla Montagna, nonché presidente della Regione, che il precedente piano di razionalizzazione dei servizi non prevede nemmeno l’accorpamento dei due reparti ma solo la chiusura di Tolmezzo.

Se già l’accorpamento è un duro colpo inferto, la chiusura e basta sarebbe stata una vera tragedia. Di sicuro ci troviamo di fronte all’ennesima promessa mancata verso un territorio che dopo esser stato privato di tutto, non vede l’ora di privarsi anche del suo assessore.

SOSPENSIONE PUNTO NASCITA LATISANA: UN SUICIDIO ANCHE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO

«La giunta Serracchiani prende tempo anche sulle ricadute economiche riguardanti la sospensione del Punto nascita e della Pediatria di Latisana. Il fatto – rivelato oggi in Aula dall’assessore Telesca – che l’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 2 Bassa Friulana Isontina non disponga ancora di “un completo flusso informativo che possa rappresentare in maniera definitiva 12 mesi di analisi” è solamente un paravento per continuare a non assumersi le proprie responsabilità. Sul “caso Latisana” abbiamo ricevuto l’ennesima “non risposta” da parte dell’esecutivo regionale che continua a collezionare figuracce». È caustico il commento del consigliere del MoVimento 5 Stelle Andrea Ussai alle parole dell’assessore Telesca che questa mattina in Consiglio regionale non ha voluto commentare le parole della presidente Serracchiani, che in tv si era vantata di essere riuscita da attivare in Regione l’Odontoiatria sociale grazie a risparmi derivanti anche dalla chiusura dei punti nascita, e ha voluto ricordare solamente che la «sospensione del Punto nascita di Latisana, decorsa dal 18 marzo 2016, non fu assunta nell’ipotesi di ottenere un risparmio economico, ma esclusivamente per motivi di sicurezza dei pazienti», omettendo di dire che ancora oggi sono presenti in regione punti nascita che non hanno la presenza del Pediatra h24.

«I dati dei ricoveri, che abbiamo potuto consultare grazie a una richiesta di accesso agli atti – afferma Ussai – rivelano chiaramente che a Latisana c’è stata una riduzione di circa 1.000 ricoveri nell’area materno-infantile a fronte di un aumento di soli 200 ricoveri a Palmanova, dove è stato deciso di mantenere il Punto nascita e la Pediatria nonostante la vicinanza degli ospedali di Udine e Monfalcone che offrono servizi analoghi. In sostanza si registra un travaso di pazienti di appena il 20%».

«Dato che i costi fissi di gestione e il bisogno di salute della Bassa friulana sono rimasti invariati e i Cap – lo sanno tutti – non hanno certo sopperito a questi ricoveri, appare evidente che l’Aas 2, diretta da Giovanni Pilati, ha perso un sacco di soldi perché l’attività di ricovero si è spostata in altre aziende, in molti casi del vicino Veneto – accusa il consigliere regionale del M5S -. Se aggiungiamo i costi per i continui trasporti e per il personale impiegato, la ristrutturazione in corso dell’area materno-infantile di Palmanova ancora non a norma – mentre a Latisana è presente invece un’area materno-infantile nuova e moderna che tuttora rimane ancora chiusa e che non è mai stata inaugurata – possiamo serenamente affermare che l’avere spogliato il territorio di un servizio fondamentale quale l’area materno-infantile è stato un suicidio anche dal punto di vista economico. È una enorme vergogna!».

«Alla luce di questi risultati, in qualsiasi azienda – pubblica o privata – un direttore generale che si sia assunto l’onere di approvare quel decreto di sospensione sarebbe già stato mandato a casa. E insieme a questo signore dovrebbe essere cacciato anche chi si è ostinano a difendere questo direttore generale non assumendosi la responsabilità politica della scelta fatta e non mantenendo l’impegno preso con i sindaci dell’Uti Bassa friulana – rimarca Ussai -. L’estate, infatti, sta per arrivare e ci troveremo anche quest’anno a “sballottare” in giro per il Friuli Venezia Giulia in ambulanza centinaia di bambini, magari turisti, perché all’ospedale di Latisana sono stati tolti dei reparti. Ci auguriamo – ovviamente – che non si verifichino mai eventi avversi in conseguenza delle vostre decisioni e delle vostre “non-decisioni”. In caso contrario, qualcuno ne dovrà rispondere».

«Infine, visto che la legislatura sta volgendo al termine, di fronte a scelte che si sono dimostrate illogiche e scellerate, invece di difenderle arrampicandosi sugli specchi, la giunta Serracchiani dovrebbe fare un bagno di umiltà e soprattutto – conclude il consigliere pentastellato – mettersi al lavoro per porre rimedio quanto prima a questi gravi errori».

FERRIERA DI SERVOLA: SUL CASO AGAPITO PROSEGUE L’ATTEGGIAMENTO COLPEVOLMENTE RETICENTE DELLA GIUNTA SERRACCHIANI

«La colpa sarebbe – forse, non si sa! – dell’ing. Luciano Agapito che si è “dimenticato” di comunicare, sulla base del Codice deontologico dei dipendenti della Regione, il possibile conflitto di interessi e di rappresentarne le motivazioni al direttore della struttura cui era assegnato. Secondo la giunta Serracchiani, il direttore del servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Direzione centrale ambiente ed energia era l’unico, infatti, che poteva conoscere tutte le circostanze. Ci aspettiamo quindi che vengano presi provvedimenti immediati nei confronti di Agapito. Resta però lo sconcerto per l’atteggiamento colpevolmente reticente dell’esecutivo regionale su tutta questa faccenda. Il tempo passa inesorabile e la giunta non ha ancora chiarito se siamo in presenza o meno di un grave conflitto di interessi e se si sia conclusa o meno l’indagine interna che – per bocca della presidente Serracchiani – doveva essere rapidissima». Prosegue senza sosta il pressing del MoVimento 5 Stelle sul “caso Agapito”.

«Oggi la presidente Serracchiani era assente ingiustificata. Nel ruolo di “parafulmine” si è presentato in Aula Panontin, assessore con una delega speciale: quella alle “rogne varie ed eventuali” – commenta in modo sferzante la consigliera regionale del M5S Eleonora Frattolin -. Come previsto l’assessore non è stato affatto convincente e ha fornito la solita risposta interlocutoria, non diradando le ombre che incombono sull’amministrazione regionale».

«I fatti sono gravi – ricorda la consigliera del M5S -. È noto ormai a tutti che il 27 gennaio 2016 Luciano Agapito, nel suo incarico di direttore del Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Regione Fvg firmò il Decreto n.96/AMB di riesame con valenza di rinnovo dell’AIA della Ferriera di Servola. Ad aprile del 2015 il figlio dello stesso direttore autorizzante, Daniele Agapito, ricevette da Siderurgica Triestina, proprietaria dell’impianto, un importante incarico di progettazione e direzione lavori. A questo, nel 2016, seguirono ulteriori incarichi riguardanti sempre lo stabilimento siderurgico».

«A prescindere dal dovere di astensione per potenziale conflitto di interessi, le date degli incarichi privatistici coincidono con precisi atti riguardanti il rinnovo dell’Aia – rimarca Frattolin -. Ad inizio aprile del 2015 Luciano Agapito ha ridefinito, infatti, i termini della diffida ad adempiere nei confronti di Siderurgica Triestina, disponendo la limitazione dell’attività produttiva, sulla base di un rapporto di Arpa che metteva in evidenza la non conformità delle emissioni acustiche. E sempre nell’aprile del 2015 è stato affidato l’incarico a Daniele Agapito, figlio del direttore del Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Regione Fvg. Esattamente il 28 aprile 2015 Luciano Agapito ha riavviato quindi il procedimento istruttorio di rinnovo dell’Aia, che risultava sospeso da quasi un anno, a cui seguirono diverse conferenze di servizi istruttorie. Quasi contestualmente ad ogni conferenza, sono arrivati puntualmente anche altri incarichi di progettazione per il figlio, terminati – per quanto ne sappiamo finora – a febbraio 2016, a decreto firmato. Tutti questi incarichi affidati a Daniele Agapito sono stati realizzati attraverso la ARTEC Ingegneria S.r.l. di cui è socio insieme ad altre due persone».

«Il fatto che la giunta Serracchiani non abbia ancora spiegato in modo dettagliato quanto accaduto e individuato le eventuali responsabilità deontologiche, amministrative e politiche è di una gravità gigantesca. Rispondere rapidamente e in modo chiaro – conclude Frattolin – era l’unica strada percorribile nel rispetto dei cittadini, che ogni giorno devono subire l’inquinamento provocato dallo stabilimento di Servola, e per proteggere l’integrità e il buon nome della Regione Fvg».

FUTURO DI AUTOVIE: PER SERRACCHIANI I CITTADINI DEL FVG SONO CAVIE E MUCCHE DA MUNGERE

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«Per la Serracchiani i cittadini del Friuli Venezia Giulia sono cavie e mucche da mungere». La consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle Elena Bianchi commenta così la bocciatura della mozione sul futuro di Autovie Venete e sulla Newco da parte della giunta regionale e della maggioranza di centrosinistra.
«Dal nostro punto di vista – spiega Bianchi – la concessione rappresenta certamente una fonte di entrate importanti per la Regione e dimostrazione di buona gestione. È meglio che i servizi di pubblica utilità siano sempre gestiti dal pubblico piuttosto che vengano regalati ai privati che seguono logiche diverse, quasi sempre con effetti disastrosi per le tasche dei cittadini. La concessione, però, non ha nulla a che fare con la realizzazione della Terza corsia come invece ha cercato di far intendere la presidente Serracchiani durante il suo intervento in Aula. Inoltre si sarebbe potuto trovare una soluzione più “in house”, evitando così l’intervento particolarmente invadente di Anas».

«Il problema vero ancora una volta riguarda la continua sottomissione della nostra Regione allo Stato. Da una parte la presidente impone riforme pesanti a livello locale come quella sanitaria e quella delle Uti per fare da “apripista” in Italia, per farsi bella nei salotti “buoni” della politica romana; dall’altra è pronta a cedere allo Stato risorse economiche importanti. Per la Serracchiani, in fondo in fondo, siamo solo “cavie e mucche da mungere».
«Ancora una volta – sottolinea Bianchi – dobbiamo constatare che questo esecutivo regionale prediliga investire sul trasporto su gomma rispetto a quello ferroviario. Inoltre, ricordando con orgoglio in Aula gli interventi della sua giunta a favore del ferro, Serracchiani si è presa – da sola – dei meriti che non sono assolutamente suoi. Quando ha rivendicato la velocizzazione della linea Venezia -Trieste, si è dimenticata, infatti, che sono passati tre anni e non è stato ancora presentato nemmeno uno studio di fattibilità dell’opera e che per le parti più importanti Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) ripropone opere già presenti nei progetti precedenti bocciati dalla Ministero dell’Ambiente. E per quanto concerne il raddoppio della Udine – Cervignano ha scordato di dire che quest’opera sia prevista dal 2002 nell’intesa quadro con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’unica cosa che ha fatto la presidente per questa tratta è stata quella di triplicare l’importo previsto per la sua realizzazione passato da 190 milioni di euro a 540. Quando abbiamo chiesto all’assessore Santoro come mai si fosse arrivati a questa cifra ci è stato risposto ufficialmente che l’importo è stato indicato da Rfi. Questo è il modo in cui intende “tornare ad essere speciali” questa giunta. Roma chiede e noi eseguiamo e – conclude la consigliera del M5S – sulla vicenda Autovie venete possiamo dire che stia accadendo la stessa cosa».

APERTURA ASILO NIDO INTERNAZIONALE: FINALMENTE UN LIETO FINE PER UNA STORIA LUNGA QUASI 10 ANNI

«Abbiamo dovuto attendere inspiegabilmente due anni ma pare che finalmente l’asilo nido interaziendale dell’Ospedale di Cattinara sia prossimo all’apertura. La notizia arriva in modo indiretto grazie alla pubblicazione sul sito dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste (Asuits) del bando per le pre-iscrizioni. A gestire la struttura, che sarà operativa dal 2 maggio, sarà Duemilauno Agenzia Sociale. Per pre-iscriversi, invece, c’è tempo fino al 7 aprile». La conferma arriva dal consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle Andrea Ussai che da tempo segue le sorti dell’asilo di Cattinara e che lo scorso settembre aveva anche presentato una interrogazione alla giunta Serracchiani.

«Siamo soddisfatti del buon esito di questa storia iniziata molti anni fa – aggiunge Ussai -. Sono centinaia infatti le famiglie triestine che ancora oggi non riescono a trovare posto per i propri figli negli asili nido del Comune. La struttura di Cattinara, che si sviluppa su 400 metri quadrati, infatti, dovrebbe accogliere una trentina di bambini. In particolare l’asilo è stato realizzato per aiutare i dipendenti Asuits e quelli delle ditte e cooperative che a vario titolo operano all’interno dell’ospedale».

«Già nel 2008 – ricorda il consigliere pentastellato – Confsal e Fials/Confsal raccolsero 600 firme per promuovere la sua apertura, mentre nel 2011 la Regione stanziò 600 mila euro per il completamento dei lavori. Ci sono voluti quasi dieci anni e le proteste e segnalazioni di molti cittadini indignati ma alla fine l’asilo nido interaziendale di Cattinara potrà contribuire al miglioramento della qualità della vita dei professionisti impegnati a curare e ad assistere i pazienti del nosocomio».

«Visto l’importo delle tariffe mensili – conclude Ussai – auspichiamo che, con l’aumentare dei posti a disposizione, si possa andare gradualmente a una riduzione dei costi per le famiglie che, a causa della crisi economica, sono particolarmente in difficoltà in questo periodo. Ricordiamo che, secondo i dati della Confcommercio, la fetta di famiglie in condizione di povertà assoluta in Italia tra il 2007 e il 2014 è quasi raddoppiata»

IMMIGRAZIONE: SI ALLA RENDICONTAZIONE MA SENZA PARALIZZARE LE ATTIVITÀ E FAVORIRE IL BUSINESS

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«La cosiddetta Legge “Puglia” del 1995, nata per l’emergenza degli sbarchi degli albanesi in Italia, non va solo modificata – come proposto dal centrodestra – ma proprio superata in quanto inadeguata ad affrontare la situazione attuale. Non possiamo permetterci di costruire l’accoglienza sull’emergenza, e quindi utilizzando grandi centri, sulla base di azioni estemporanee e occasionali». Il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle Andrea Ussai commenta così la bocciatura delle proposte del centrodestra per integrare le norme dello Stato in materia di immigrazione.

«Le proposte del centrodestra, infatti, suggerivano soluzioni sbagliate a problematiche reali: dietro il paravento della rendicontazione, si volevano introdurre disposizioni che avrebbero portato alla paralisi degli enti deputati all’accoglienza, costretti ad anticipare le spese, impedendo così l’attività di coloro che non godono di risorse proprie – ad eccezione del proprio lavoro – e favorendo invece coloro che dell’immigrazione fanno un business a spese dei cittadini».

«Il MoVimento 5 Stelle è da sempre favorevole a prevedere modalità di rendicontazione puntuale di ogni spesa che interessi denaro pubblico. Proprio per questo – ricorda Ussai – siamo gli unici ad aver proposto degli emendamenti correttivi, auspicando un voto favorevole dell’Aula, cercando di sanare le lacune vigenti in materia di rendicontazione: il primo problema è chiarire che le strutture già istituite che svolgono funzioni di centro di accoglienza ne seguono anche la procedura e conseguentemente la rendicontazione; la seconda questione riguarda le nuove strutture temporanee, individuate nel caso di estrema urgenza, e che anche queste attività debbano essere rendicontate».

«Dispiace che su tali proposte, oltre al voto contrario della maggioranza, anche il centrodestra si sia astenuto, nonostante abbia propagandato in maniera strumentale il tema della rendicontazione. Evidentemente – conclude il consigliere pentastellato – gli interessi sono diversi dalla corretta gestione del denaro pubblico e dal trovare una soluzione reale che renda meno traumatico l’arrivo dei migranti nel nostro territorio».

PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE N. 13 – RELAZIONE DI USSAI

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Signor Presidente, Signori Consiglieri,

In merito al tema in discussione scandisco parole molto chiare: il MoVimento 5 Stelle è da sempre favorevole a prevedere modalità di rendicontazione puntuale di ogni spesa che interessi denaro pubblico.

Altrettanto chiaramente, esprimo la nostra contrarietà alla proposta di legge oggi in esame. Il primo motivo che ci spinge a votare contro la proposta è legato al fatto che siamo convinti che il dl 30 ottobre 1995, n. 451 (“Disposizioni urgenti per l’ulteriore impiego del personale delle Forza armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia”) – conosciuto anche come “Legge Puglia” – non vada solo cambiato, come proposto dai colleghi, ma superato in quanto inadeguato a affrontare la situazione attuale. Quel decreto era nato per rispondere a una emergenza localizzata e temporanea – gli sbarchi di molte persone albanesi in Italia – in un contesto storico molto diverso dall’attuale; i centri disciplinati dalla Legge Puglia di cui agli articoli 8, 9 e 11 del d.lgs. 18 agosto 2015, n.142 (“Attuazione della direttiva 2013/33/UE e 2013/32/UE”) sono infatti quelli dedicati alla prima accoglienza e specialmente all’accoglienza straordinaria. Non vogliamo continuare a lavorare nell’emergenza in condizioni “straordinarie”, l’accoglienza deve tornare a essere un processo ordinario e controllato. Il secondo motivo che ci spinge al voto contrario è la convinzione che discutere di questa proposta di legge facendola passare per una legge sulla rendicontazione e sulla trasparenza delle cooperative è a nostro avviso solo strumentale al discredito degli enti e delle associazioni che gestiscono le strutture di accoglienza: noi ci rifiutiamo di partecipare a questo gioco. Infine, riteniamo che il voto di questa proposta di legge nazionale da parte di questo Consiglio sia anche del tutto inutile dato che il testo è un “copia e incolla” di un’altra proposta di legge già depositata in Parlamento dai colleghi di partito del consigliere Ciriani.

In ogni caso, entrando nel merito del tema della rendicontazione puntuale e sgomberato il campo da attacchi strumentali, diamo atto alla proposta di suggerire una soluzione, seppur a nostro avviso sbagliata, a un problema reale: le citate norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e le misure straordinarie di accoglienza dei migranti presentano alcune ambiguità che devono essere sanate. Infatti, il decreto legislativo 142/2015 – all’articolo 9 (Misure di prima accoglienza), comma 2-, prevede che la gestione dei centri di prima accoglienza possa essere affidata ad enti locali, anche associati, alle unioni o consorzi di comuni e ad enti pubblici o privati, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. Fin qui, tutto bene. Al comma 3 però si dice che i centri di accoglienza per richiedenti asilo già istituiti alla data di entrata in vigore del decreto “svolgono le funzioni di cui al presente articolo”. Ecco quindi la prima lacuna: mentre viene chiaramente scritto che le strutture svolgono le funzioni di centri di accoglienza, non è esplicito che ne seguano le procedure (e quindi i rendiconti). Proponiamo quindi in Aula un emendamento che elimini questa ambiguità. La seconda lacuna si trova all’articolo 11, che riguarda le misure straordinarie di accoglienza e prevede che nel caso in cui sia temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all’interno delle strutture a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti, l’accoglienza può essere disposta dal prefetto in strutture temporanee individuate dalle prefetture secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. E’ consentito però, nei casi di estrema urgenza, il ricorso alle procedure di affidamento diretto ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451. Ecco qui il secondo vuoto normativo: non è chiaramente affermato nella norma che le spese sostenute per l’attivazione e la gestione di queste nuove strutture temporanee individuate nei casi di estrema urgenza, debbano essere rendicontate.

Per sanare questo vuoto, evidenziata dai consiglieri Ciriani e Zilli, in Commissione abbiamo già proposto un nostro emendamento alla legge: prevediamo che nel regolamento vengano individuati i criteri e le modalità di utilizzo e di erogazione dei fondi nonché di rendicontazione delle spese effettivamente sostenute per l’attuazione degli interventi straordinari. Lo ripresentiamo in Aula perché siamo convinti che questo emendamento abbia due vantaggi: risolve la lacuna presente nella legge e nel contempo non paralizza l’attività degli enti deputati all’accoglienza come invece farebbe la proposta Ciriani-Zilli secondo la quale gli enti dovrebbero infatti anticipare le spese. Pensiamoci: chi ha fondi disponibili da destinare all’accoglienza? Chi, se non le cooperative che tanto cerchiamo di smascherare, quelle cioè che davvero lucrano sui soldi destinati all’accoglienza a spese dei cittadini? La proposta in esame va rigettata poiché finirebbe per favorire proprio loro.

A latere della discussione su questa legge che, ripeto, secondo me ha molto poco a che fare con la situazione in Friuli Venezia Giulia dove, nonostante gli arrivi via terra, è difficile che si presenti la necessità di insediare “in estrema urgenza nuove strutture temporanee a causa di arrivi inaspettati, consistenti e ravvicinati di richiedenti asilo, la discussione odierna proposta dai colleghi mi permette di parlare di un tema che invece sì riguarda la nostra Regione. Il Consigliere Ciriani, in Commissione, in sede di dibattito della legge, è riuscito ad accusare il prefetto di Udine di mettere la gente “dove capita” e la Croce Rossa Italiana di ricevere finanziamenti troppo elevati (35 euro al giorno) a fronte dei servizi erogati[1].

Ricordiamo che la gestione dell’ex caserma Cavarzerani è stata affidata dalla Prefettura di Udine alla Croce Rossa Italiana il 22 maggio 2015 tramite una procedura di assegnazione diretta secondo la quale la CRI riceve 25 euro (non 35) a ospite al giorno (incrementato rispetto ai 18 euro iniziali). Sappiamo tutti che vari aspetti della gestione sono anomali, il primo dei quali è senz’altro la mancanza di un inquadramento giuridico della struttura: si tratta di una forma ibrida, tra Cas e Cara, nata sull’onda dell’emergenza per evitare che le persone dormissero per strada o nei parchi della città. Tutti i dettagliati report delle visite effettuate al centro da parlamentari e europarlamentari hanno evidenziato criticità: troppe persone, una copertura sanitaria e psicologica insufficiente, l’assenza di un’appropriata assistenza legale, e condizioni igieniche non ottimali. Altra cosa sono le detestabili – e inaccettabili – insinuazioni a carico di volontari e persone oneste che offrono gratuitamente il loro tempo per rendere un pochino meno traumatico l’arrivo dei migranti nelle nostre città. Se il consigliere Ciriani è a conoscenza di fatti gravi a carico della CRI, gli chiedo di recarsi al più presto in Procura a denunciarli, a tutela di tutte le persone oneste. Da parte nostra, rigettiamo le accuse generalizzate non circostanziate che alimentano solamente sterili dibattiti.

Proponiamo invece, archiviata questa discussione su una norma concettualmente sbagliata, di richiedere la presenza in VI Commissione del dott. Fabio Di Lenardo, direttore del Comitato Provinciale di Udine della Croce Rossa Italiana perché presenti la convenzione stipulata tra la Prefettura e la CRI, e chiarisca quali sono i servizi che l’ente gestore è tenuto a fornire a fronte del corrispettivo economico ricevuto, e quali i servizi effettivamente erogati. Auspichiamo anche la presenza del dott. Vittorio Zappalorto, prefetto di Udine, che ha annunciato che a marzo si sarebbe tenuta una gara d’appalto per l’affidamento in gestione della caserma Cavarzerani e che ha recentemente emesso un provvedimento restrittivo per i richiedenti asilo ospitati nei Comuni della Provincia di Udine. Su queste azioni vorremmo essere informati al fine di poter svolgere al meglio il lavoro che ci è proprio, quello cioè di monitoraggio e di indirizzo delle politiche sul territorio regionale, in un’ottica di una proficua collaborazione tra le istituzioni che assicuri la migliore convivenza possibile tra i cittadini e i richiedenti asilo.

Ricordo infatti a tutti le responsabilità politiche evidenziate dalla Procura che, archiviando le accuse a carico dei volontari dell’associazione “Ospiti in arrivo” che si occupa della prima accoglienza dei richiedenti asilo a Udine, ha recentemente affermato: i loro modi sono «anche improvvisati e del tutto estemporanei» ma fanno fronte alla «temporanea ma significativa incapacità delle istituzioni a fare fronte» all’emergenza.

Concludo quindi confermando la nostra contrarietà a questa legge che persegue un modello di risposta alla crisi che definiamo “emergenziale”, simile a quello applicato in risposta alla situazione di emergenza nei Balcani. E ci pare incredibile che il dl 17 febbraio 2017, n. 13 – il cosiddetto Decreto Minniti – torni ancora a citare la legge Puglia per fornire, in maniera piuttosto maldestra, una cornice giuridica agli hotspot voluti dall’UE. Stephane Jaquemet, delegato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per il Sud Europa, ospite recentemente a Trieste ha ricordato che il problema della gestione dei richiedenti asilo in Italia è che ci sono più persone accolte nei grandi centri per l’emergenza che nelle strutture dell’accoglienza diffusa. Ribadiamo con chiarezza la nostra posizione sulla gestione dei richiedenti asilo in questa Regione: non possiamo permetterci di costruire l’accoglienza sull’emergenza (e quindi utilizzando grandi centri) sulla base di azioni estemporanee e occasionali. L’arrivo dei richiedenti ci chiede un intervento quotidiano, coordinato e – siamo totalmente d’accordo con voi, cari colleghi – vigilato dagli enti preposti. Il nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al finanziamento delle strutture di accoglienza dei migranti approvato il 7 marzo 2017 dal Ministero dell’Interno recepisce tutte le indicazioni fornite dall’Autorità nazionale anticorruzione. Può rappresentare a nostro avviso uno strumento capace di assicurare uniformità delle procedure ed un più efficace controllo e monitoraggio. Già oggi il modello Sprar fornisce elevate garanzie in termini di rendicontazione economica: pretendiamo una rendicontazione puntuale delle attività, pretendiamo che i nostri Comuni entrino al sistema Sprar!

[1] “Sappiamo tutti che le prefetture, prese dall’emergenza, alla fine mettono la gente dove si può e dove capita” (…) “Qui abbiamo gente che ha guadagnato una marea di soldi sulla testa … sulla pelle … di questi qua … di questi “ospiti” che sono trattati certe volte in condizioni disumane. Io son stato alla Caverzerani, vi invito anche voi ad andare a vedere perché no … insomma … ecco … ecco, se siete stati vi siete resi conto no, di com’è la situazione e non potete onestamente dire che 35 euro al giorno per tenere una persona sotto una tenda e dargli un piatto di pastasciutta … mi pare un po’ tantino, un po’ tantino.” (…) “Non si riesce a determinare quale sia il margine di questo business. Per questo non si capisce se le cose costano 100, mille o diecimila. L’unica cosa che è certa è che lo Stato da 35 euro/pro die /pro capite e questa è l’unica cosa certa. Tutto il resto è nell’indeterminatezza più totale.” VI Commissione, 9 marzo 2017.

Andrea Ussai
consigliere regionale M5S Fvg

FALLIMENTO DELLO STATO VEDERE CITTADINI PERDERE LA PRIMA CASA PER PROBLEMI DI SALUTE

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L’ennesimo fatto di cronaca ha portato alla ribalta a Trieste una problematica, mai risolta, relativa alla morosità incolpevole. Accade spesso, infatti, che cittadini per vicissitudini non derivanti dalla propria volontà o dai propri comportamenti si trovino nell’impossibilità anche momentanea di rispettare con regolarità alcuni pagamenti come le utenze domestiche o il mutuo. «Sono cittadini incolpevoli – sottolinea il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle Andrea Ussai -. Se tale situazione di morosità incolpevole perdura e i risparmi della famiglia finiscono, ecco che arrivano le cartelle erariali, le richieste dei creditori e, in un tempo relativamente breve, tutto il lavoro di una vita se ne può andare letteralmente in fumo. Questo recentemente è accaduto alla famiglia di via Cisternone a Trieste, barricatasi in casa dopo l’ennesimo accesso per lo sfratto dalla loro ex abitazione, ora venduta a terzi all’asta giudiziaria».

«Grazie al buon senso degli operatori intervenuti, una donna anziana e suo figlio, entrambi con problemi gravi di salute, non sono stati ancora messi sulla strada, ma ciò non significa che il sistema funzioni – rimarca il consigliere del M5S -. Basterebbe che le istituzioni operassero in modo coordinato per seguire attivamente tali situazioni e affrontarle per tempo, anziché aspettare che diventino fatti di cronaca sui giornali. Questo è il fallimento di un sistema che non tutela i cittadini in situazione di difficoltà che, dopo una vita di sacrifici, si vedono portar via la casa, spesso l’unico bene che posseggono. Il tutto nell’impotenza degli operatori e delle forze dell’ordine che devono improvvisare le azioni più opportune caso per caso».

«Auspichiamo che il dialogo tra istituzioni e questa famiglia porti a una soluzione condivisa. Bisogna evitare – conclude Ussai – trattamenti sanitari obbligatori o un epilogo tragico di questa già triste vicenda».

LEGGE SUL SOSTEGNO ALL’OCCUPABILITA’ DEI GIOVANI

“Esprimiamo soddisfazione per l’approvazione oggi da parte della VI Commissione della clausola valutativa per il disegno di legge sul sostegno all’occupabilità dei giovani. Come Comitato di controllo ieri avevamo predisposto questa importante modifica al provvedimento che arriverà in Aula il prossimo 4 aprile. E’ fondamentale predisporre sempre all’interno delle proposte di legge del Friuli Venezia Giulia, clausole valutative chiare ed efficaci. Le finalità delle leggi, che troppo spesso vengono espresse in modo ambiguo, idealizzato e retorico, devono essere trasformate in proposizioni chiare, concrete ed esplicite. L’efficacia dei provvedimenti normativi deve essere poi osservabile e valutabile. Tutto questo anche per rendere più utile e incisivo il lavoro successivo del Comitato in sede di valutazione degli effetti della politica”. Questo il commento della presidente del Comitato di controllo Ilaria Dal Zovo. Ieri il MoVimento 5 Stelle aveva suggerito, infatti, l’inserimento della clausola valutativa nel disegno di legge sul sostegno all’occupabilità dei giovani.

“La giunta Serracchiani, trascorso un anno dall’entrata in vigore della legge e successivamente ogni triennio, dovrà presentare una relazione sullo stato di attuazione e sull’efficacia della legge stessa che dia conto, tra l’altro, dell’andamento degli interventi formativi e della condizione lavorativa dei giovani che hanno beneficiato dell’intervento a un anno dalla sua conclusione. Non da ultimo – spiega in conclusione Dal Zovo – ogni relazione e relativo atto dovrà essere pubblicato sul sito web dell’Assemblea legislativa”.

VITALIZI: SERRACCHIANI MENTE SAPENDO DI MENTIRE

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Debora Serracchiani è una mentitrice seriale. Come è ovvio, nel Friuli Venezia Giulia il MoVimento 5 Stelle, infatti, ha votato a favore dell’abrogazione dei vitalizi. I consiglieri pentastellati hanno bocciato invece la legge sui tagli ai costi della politica presentata dall’esecutivo regionale di centrosinistra che, tra i vari articoli inutili, prevedeva uno solo condivisibile: appunto l’abrogazione del vitalizio.

La legge sui tagli ai costi della politica del Fvg è uno dei tanti provvedimenti “made in Debora”, approvati e dati in pasto all’opinione pubblica con unico obiettivo: prendere per i fondelli i cittadini. Tanto per fare un esempio molto concreto, in campagna elettorale Serracchiani aveva promesso un taglio del 50 per cento degli stipendi dei consiglieri regionali. Con la sua legge del giugno 2013, numeri alla mano, il netto in busta paga di un consigliere regionale, al contrario, è stato ridotto appena del 15%. Inoltre la presidente del Friuli Venezia Giulia e numero 2 del Pd nazionale ha pensato bene di aumentare i rimborsi forfettari per gli eletti in Consiglio regionale. Altro che tagli del 50 per cento!

Fatti e non balle. Come gli 800 mila euro che finora i cinque consiglieri regionali del MoVimento 5 Stelle hanno restituito, complessivamente, ai cittadini e alle imprese del Friuli Venezia Giulia dal giorno in cui sono stati eletti nell’aprile 2013. Parliamo di una quota rilevante, che si aggira attorno al 65%, delle indennità ricevute mese per mese, versata nel “Fondo per lo sviluppo” della Regione Fvg. E sono centinaia le piccole aziende che hanno potuto accedere a questo Fondo per realizzare importanti progetti a sostegno dell’economia e dell’occupazione. La rinuncia dei consiglieri M5S al vitalizio – con lettera protocollata – è datata invece giugno 2013 senza aspettare l’abolizione in Aula!

Fatti e non balle. Come il caso del vitalizio europeo della stessa Debora Serracchiani. È dal dicembre 2013 che il M5S Fvg chiede con atti ufficiali alla presidente della Regione Fvg se ha rinunciato a questo ulteriore – odioso – privilegio. Fra 16 anni, quando avrà 63 anni, Serracchiani, per essere già stata parlamentare europea, prenderà un vitalizio di oltre mille euro al mese. Che sommerà a tutti gli altri privilegi acquisiti finora. Da Debora finora nessuna smentita o conferma!

FINCANTIERI: L’AZIENDA REINTEGRI SUBITO GLI OPERAI LICENZIATI INGIUSTAMENTE

“È scandaloso che la Fincantieri non voglia rendere esecutiva la sentenza del Tribunale di Gorizia. Gli operai, licenziati ingiustamente, vanno subito reintegrati. Garantire loro lo stipendio, lasciando però questi operai a casa, è un insulto per uno Stato di diritto in un periodo come questo con la disoccupazione giovanile sopra il 40 per cento”. I consiglieri del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Ilaria Dal Zovo e Cristian Sergo commentano così la linea tenuta da Fincantieri nei confronti dei lavoratori che erano stati licenziati ingiustamente.

“Tutto questo è ancora più grave in quanto il capitale dell’azienda di Monfalcone è in mano allo Stato – aggiungono i pentastellati -. Fincantieri dovrebbe dare sempre il buon esempio e non fare la voce grossa con i lavoratori. Siamo convinti che le prove di forza siano assolutamente controproducenti, soprattutto quando si parla di rispettare la legge. Da anni purtroppo l’azienda sta cerando di liberarsi degli operai assunti a tempo indeterminato, preferendo l’utilizzo di chi opera per le ditte in subappalto. Una politica che alimenta forme di precariato – sottolineano i consiglieri del M5S – che va combattuta con tutte le forze”.

“Per quanto ci riguarda, noi manterremo alta la guardia sulle decisioni prese da Fincantieri. Lo stesso Luigi Di Maio, vice presidente della Camera, si è già occupato della questione occupazionale dello stabilimento. Certamente – concludono Dal Zovo e Sergo – noi sul territorio non molleremo la presa”.

EX CENTRO DISTRIBUZIONE DI AMARO: SI TENGANO CONTO GLI EX LAVORATORI DI COOPCA

È positivo che siano stati fatti dei nuovi investimenti e che riprendano le attività nell’ex Centro Distribuzione Coopca di Amaro (Ce.Di), grazie all’intervento della società sandanielese Amb. Questa azienda è pronta, infatti, a trasferire una parte della propria produzione nell’ampio magazzino, divenuto negli ultimi anni il simbolo del fallimento della Coopca di Tolmezzo. Si tratta di un segnale importante di ripresa per un territorio che sta vivendo troppe situazioni di crisi, come quella – recente – dei licenziamenti alla Weissenfels per mancanza di commesse europee. Fa certamente piacere sapere che ci siano aziende che credono ancora nel territorio e che, invece di delocalizzare, ampliarsi o consumare ulteriore suolo, accettino il trasferimento in strutture abbandonate da precedenti attività economiche cadute in disgrazia.

Per noi – ovviamente – è importante che la produzione a San Daniele rimanga attiva e non ci siano tagli occupazionali per gli attuali dipendenti. Come portavoce del MoVimento 5 Stelle riteniamo infatti fondamentale che, per le assunzioni previste per il prossimo biennio, si tengano in debita considerazione quei lavoratori che, non di certo per colpe a loro ascrivibili, si ritrovano ancora senza un futuro garantito.

Il pensiero non può che andare ai lavoratori della Coopca che hanno visto crescere proprio quello stabilimento, molti dei quali non sono ancora riusciti a trovare una nuova occupazione. Ricordiamo che ogni anno la Regione mette a disposizione degli imprenditori locali numerosi incentivi per assumere personale, soprattutto in particolare difficoltà di reinserimento lavorativo. Ci auguriamo pertanto che questa vicenda possa avere un lieto fine per tutti quanti.

LICENZIAMENTI ALLA FLEXTRONICS (EX ALCATEL) DI TRIESTE

30 giugno 2015: “lo stabilimento di Trieste è un’opportunità per il Fvg”; 13 luglio 2015: “Passi per rafforzare le sinergie”; 17 settembre 2015: “Flextronics ora è vera eccellenza per Fvg”; 16 ottobre 2015: “Serracchiani riceve il top management del gruppo Flex”; 19.2.2016: “Positivo aggiornamento con Flex”. Ecco i titoli dei comunicati stampa diramati dalla giunta Serracchiani nei mesi successivi alla cessione dello stabilimento triestino di Alcatel-Lucent alla Flextronics, avvenuta nel luglio del 2015, quando la multinazionale americana arrivava a dire che, grazie a questa acquisizione, “nascerà un centro di eccellenza globale per la produzione di tecnologie di trasporto ottico”.

L’entusiasmo della giunta Serracchiani è andato avanti almeno fino a maggio dello scorso anno. “Ricordando il ruolo svolto nelle vertenze Flextronics e Revas a fianco delle parti e dei lavoratori per mettere in sicurezza le due realtà industriali – si legge in una nota dell’esecutivo regionale – … viene la conferma di un’attenzione, non astratta o solo dichiarata, ma molto concreta per lo sviluppo industriale dell’area”. Sulla battaglia “a fianco delle parti e dei lavoratori” poi cala il silenzio, decisamente elettorale dato che a dicembre la politica, in particolare quella renziana, era attesa all’importante appuntamento del referendum costituzionale. Puntualmente, infatti, il caso dei 60 interinali in bilico alla Flex torna a riesplodere a fine gennaio 2017, dopo la batosta referendaria e le feste di Natale.

“Non arriviamo a capire come sia possibile che il 9 ottobre 2016, poco prima del referendum costituzionale, al tavolo del Mise la Flextronics si dichiarasse pronta a scongiurare il taglio di 50 interinali previsto nel precedente incontro romano di maggio 2016 – attacca il capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Cristian Sergo -. Anzi, proprio a due mesi dalle urne, annunciò l’intenzione di aumentare i 711 e di volerne assumere altri 30 unità in somministrazione. Viene lecito domandarsi se l’intenzione di licenziare 50 persone non sia stata riportata nel verbale del Mise vista la concomitanza con le elezioni comunali di Trieste, cosa che avrebbe creato qualche grattacapo elettorale al sindaco Cosolini”.

“Sfortunatamente, a gennaio di quest’anno la società (americana?) aveva già cambiato idea, annunciando di voler mandare a casa 60 interinali tra aprile e maggio, ma la giunta Serracchiani non è sembrata né sorpresa né preoccupata di questa evenienza, tant’è che non c’è alcuna sua nota stampa in merito. In questi giorni invece si sta parlando di 65 persone da lasciare a casa entro la fine di marzo. Qui la prima chiarezza da fare, vista la veemente reazione dell’amministrazione regionale, è se i lavoratori di cui la multinazionale vuole sbarazzarsi non siano addirittura 125 – rimarca il consigliere pentastellato -, altrimenti non capiamo perché l’intervento della giunta non ci fosse stato anche a gennaio”.

“Mistero anche sui successivi incontri con il nuovo governo Gentiloni. Uno era previsto a fine febbraio ma dei risultati non vi è traccia alcuna mentre oggi si parla di un prossimo appuntamento ad aprile. Capibile il passaggio di consegne di Palazzo Chigi, meno capibile il fatto che il ministro Poletti sia ancora al suo posto. La giunta Serracchiani invoca il tavolo regionale, ma – sottolinea Sergo – questo esiste dal 2015 e Flextronics vi ha già partecipato. Già nel giugno del 2015 era stata approvata in Commissione lavoro alla Camera, la risoluzione del M5S, che doveva garantire il mantenimento dei posti di lavoro dei dipendenti dello stabilimento di Trieste. Purtroppo – conclude il capogruppo pentastellato – nonostante al governo a Roma e a Trieste ci sia ancora il centro sinistra, come M5S faremo in modo che gli accordi vengano rispettati”.

FERRIERA, ACCESSO AGLI ATTI DEL M5S: E’ TRASCORSO UN MESE DALL’INIZIO DELL’INDAGINE SUL CASO AGAPITO

«È già trascorso un mese dall’apertura dell’indagine interna sul caso Agapito ma dalla giunta Serracchiani ancora nessuna informazione in merito. Ogni giorno che passa sembra più evidente che l’esecutivo regionale stia cercando di far passare il tempo nella speranza che la cosa cada nel dimenticatoio». I consiglieri regionali del M5S Eleonora Frattolin e Andrea Ussai tornano su questo caso che sta mettendo in forte imbarazzo la giunta Serracchiani. Di fronte al reiterato silenzio, i due pentastellati oggi, ai sensi dell’art. 9 LR 177/07, hanno chiesto ufficialmente di conoscere lo stato del procedimento avviato dalla Regione in data 23 febbraio 2017 a seguito della segnalazione sul potenziale conflitto di interessi del direttore del servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Direzione centrale ambiente ed energia.

«Ricordiamo che lo scorso 23 febbraio la Direzione generale, in seguito al ricevimento di una segnalazione in merito ad un potenziale conflitto di interessi del dott. Agapito, aveva chiesto alla Direzione centrale ambiente ed energia di fornire ogni utile chiarimento idoneo ad una esaustiva ricostruzione dell’accaduto. Cosa che viene fatta appena il 27 febbraio – ben quattro giorni dopo – quando contestualmente il direttore centrale Ambiente ed energia avoca a sé le pratiche relative all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Siderurgica Triestina. Durante la seduta del Consiglio regionale dello scorso 15 marzo siamo poi venuti a sapere che “tale procedimento non è ancora concluso”. Situazione che a oggi pare immutata».

«Vogliamo sapere se la presidente della Regione Serracchiani e la sua giunta erano a conoscenza dei rapporti esistenti fra Siderurgica Triestina, il figlio del direttore del Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Regione Fvg e la Artec Ingegneria? Perché una indagine che secondo la Serracchiani doveva essere brevissima – concludono i consiglieri – si sta rivelando invece lunghissima?».

RADDOPPIO UDINE-CERVIGNANO: COSTI PIÙ CHE TRIPLICATI

Debora Serracchiani nel novembre scorso ha firmato un protocollo d’intesa con Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) senza neanche chiedersi a cosa potevano servire i 540 milioni di euro preventivati dall’azienda per il raddoppio della linea Udine-Cervignano. La presidente ha accettato senza neanche porsi un interrogativo sul perché fino a due anni fa la stessa Rfi, per la stessa opera, chiedesse meno di un terzo. L’esecutivo regionale ha risposto, infatti, a una nostra interrogazione – perché noi gli interrogativi ce li poniamo – sostenendo che “i costi sono quelli indicati dalle strutture tecniche di Rfi”. Ogni chilometro di quell’opera ci costerà fra i 20 e i 25 milioni di euro e non stiamo nemmeno parlando di una tratta ad alta velocità. Una presa in giro per i cittadini del Friuli Venezia Giulia, uno scandalo da far conoscere a tutti.

Nel settembre del 2012 nell’analisi costi-benefici, allegata al vecchio progetto della Tav Venezia-Trieste, Rfi indicava come necessari 250 milioni di euro per raddoppiare questo tratto. Inoltre, di questi 250 milioni di euro una buona parte – circa 60 – erano destinati al Nodo ferroviario di Udine. In realtà quindi per il raddoppio dovevano essere sufficienti solo 190 milioni di euro. E un paio d’anni dopo anche nell’aggiornamento di programma degli investimenti, che Rfi presenta ogni anno in Parlamento, la cifra stanziata era addirittura di 170 milioni di euro per il completamento del raddoppio Palmanova-Udine, è bene ricordare che fino all’Interporto di Cervignano la linea è già a doppio binario. Proprio partendo da queste incongruenze, avevamo presentato la nostra interrogazione.

Sull’argomento siamo tornati anche lo scorso 16 dicembre nel corso della discussione sulla legge di stabilità. Visto che il tema erano gli investimenti che la Regione era chiamata a fare, abbiamo voluto portato la vicenda in Aula per capire dall’assessore Santoro quale fosse il motivo per cui si arrivasse a questa triplicazione di fondi. In quella circostanza l’assessore Santoro rispose in Aula in modo rassicurante: “Credo che il tema sollevato meriti davvero un momento di riflessione, attendo quindi l’interrogazione in modo tale da dare risposta puntuale a tutti gli elementi”.

Bene, dopo quattro mesi di riflessione abbiamo ricevuto la risposta con la quale veniamo informati che “Relativamente alla stima dei costi per il raddoppio della Udine-Cervignano, si tratta di quanto indicato dalle strutture tecniche di Rfi”. Una riga e mezza per non rispondere, altro che attenta riflessione! Dimostrazione lampante di una giunta incapace o – peggio – capace solo di obbedire a volontà che non sono proprie di questo territorio. Una spesa vergognosa e ingiustificata che se effettivamente sostenuta rappresenterà l’ennesimo spreco nella realizzazione di queste “grandi opere”.

ELETTRODOTTO UDINE OVEST-REDIPUGLIA: IL TAR AMMETTE CHE I DANNI DI TERNA SONO IRREVERSIBILI

Sette mesi. Questo è il tempo che i giudici del Tribunale Amministrativo del Lazio si sono presi per poter decidere in merito ai ricorsi avanzati dai comuni sulla realizzazione dell’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia. E questa sarebbe la miglior tutela delle esigenze cautelari richieste dai sindaci che avrebbero voluto la sospensiva dei lavori. Cantieri che secondo il Tar non provocheranno danni maggiori a quelli già fatti da un’opera che è già stata realizzata all’80%. I giudici, accogliendo la tesi di Terna spa, sostengono che mancherebbe meno di un chilometro al completamento dell’opera ma – aspetto ancora più significativo – affermano altresì che le opere di completamento dell’elettrodotto “non sembrano avere carattere irreversibile”. Come a dire: qualora venisse accolto il ricorso dei sindaci i piloni potranno essere abbattuti e il paesaggio salvaguardato!

È esattamente quello per cui combattiamo da quattro anni in Consiglio regionale e in Parlamento. Anche questa mattina, infatti, è stata discussa alla Camera dei deputati un’interpellanza urgente, presentata dal deputato del MoVimento 5 Stelle Francesco D’Uva, con cui si chiedeva al governo Gentiloni di intervenire nei confronti di Terna spa per convincerla a non sprecare ulteriori risorse per completare un’opera su cui pendono già di nuovo molti ricorsi e che a nostro avviso è stata di nuovo viziata nella sua autorizzazione da una procedura di Via incompleta.
Ricordiamo che sono molte le contraddizioni emerse anche nel corso della recente audizione in Consiglio regionale. Le alternative ci sono, dall’interramento lungo la Terza corsia dell’A4 alla realizzazione dell’Interconnector tra il Veneto e la Slovenia da 869 milioni di euro completamente interrato, studiato proprio per decongestionare la rete di trasmissione nazionale, ma Terna sembra essersene dimenticata. Per questo continueremo questa battaglia a tutto campo senza retrocedere nemmeno di un centimetro.

IL M5S NON E’ UN PARTITO: PER LE NOSTRE LISTE PRIMA IL PROGRAMMA E SOLO ALLA FINE IL NOME DEL CANDIDATO SINDACO

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I media da sempre si impegnano nel voler assimilare il MoVimento 5 Stelle agli altri partiti politici che hanno governato e governano il Paese e il Friuli Venezia Giulia. Quegli stessi partiti che – tanto per ricordare qualche dato – hanno portato negli ultimi mesi il debito pubblico italiano all’impressionante cifra di 2.250 miliardi di euro e il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni oltre il 40%. A questo testardo e ridicolo tentativo di assimilazione non si sottraggono ovviamente i media locali. L’ultimo, in ordine di tempo, ha visto protagonista il Messaggero veneto con il brillante articolo, firmato da Mattia Pertoldi, dal titolo “Candidati e strategie. Il M5s è in alto mare”.

È bene, allora, precisare ancora una volta che proprio perché il MoVimento 5 Stelle non è (e non sarà mai) un partito, è del tutto normale che a meno di tre mesi dalle elezioni non sia stato ancora presentato ufficialmente nemmeno un candidato sindaco nei 27 comuni della regione che andranno al voto l’11 giugno. Le liste che si ispirano ai principi del M5S nascono, infatti, dal basso. Si formano su iniziativa di cittadini che decidono di mettersi in gioco per risolvere i problemi del proprio territorio. Per contro, il MoVimento 5 Stelle non ha un coordinamento nazionale o regionale che, sfruttando i rimborsi elettorali pubblici, possa operare sul territorio per presentare liste e candidati in ogni comune del Friuli Venezia Giulia, non desidera – come fanno invece da sempre i partiti – occupare ogni spazio politico possibile e non deve rispondere alle lobby economico-finanziarie che imperversano a tutti i livelli.

Laddove poi gli attivisti decidano di correre per entrare dentro un determinato consiglio comunale, il primo obiettivo è quello di dare vita a un programma credibile e coerente, non certo quello di individuare il candidato alla carica di sindaco. Ecco perché solo in alcuni comuni del Friuli Venezia Giulia centinaia di cittadini stanno già lavorando a un programma alternativo a quello dei partiti politici o delle liste civiche che si presentano sotto mentite spoglie.

Sono anni che i media fanno – giustamente – le pulci al MoVimento 5 Stelle, enfatizzando incongruenze, errori e mancanza di esperienza. Sono decenni, però, che quegli stessi organi di informazione fingono di non accorgersi dei disastri commessi colpevolmente da chi ha gestito il potere in Italia e a Trieste. I cittadini, invece, per fortuna se ne stanno accorgendo. È un processo lento anche nel Friuli Venezia Giulia, ma il consenso nei confronti delle proposte politiche del MoVimento 5 Stelle sta via via aumentando.

Direttori delle testate, giornalisti e cittadini stiano comunque tranquilli. Noi continueremo sulla nostra strada con una sola preoccupazione: portare trasparenza, coerenza e massimo impegno nella vita politica per risolvere in modo concreto i problemi reali dei cittadini.

ELETTRODOTTO UDINE OVEST-REDIPUGLIA: MASSIMO SOSTEGNO AI SINDACI. I LAVORI VANNO FERMATI

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“Sono molte le incongruenze emerse nel racconto che il direttore di Terna spa Conti ha fatto oggi in Consiglio regionale sulla realizzazione dell’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia. Non si capisce perché i costi siano lievitati di ben 16 milioni di euro dopo la Sentenza del Consiglio di Stato, senza una motivazione plausibile, perché si sia voluto continuare con questo progetto quando da ben sette anni si stia lavorando a un elettrodotto sottomarino che metterà in collegamento direttamente la Slovenia con il vicino Veneto e perché le linee della nostra regione vengano considerate da Terna, a piacimento, o vetuste o sovraccariche quando finora hanno saputo reggere le situazioni di maggiore criticità”. Il capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Cristian Sergo mette in risalto le zone d’ombra che riguardano l’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia.
“Nel luglio del 2015 Terna sosteneva di aver realizzato il 70% dell’opera, avendo speso 70 dei 100 milioni di euro dell’investimento previsto. Oggi abbiamo scoperto che dopo lo stop arrivato con la sentenza del Consiglio di Stato, la spa avrebbe speso ben 86 milioni di euro. Come sono stati spesi questi 16 milioni di euro in più?” si chiede Sergo che punta il dito anche contro l’iter procedurale. “Davanti al Tar Terna ha sostenuto che ha dovuto rinnovare tutto l’iter procedurale con tutte le garanzie richieste. Oggi invece ha affermato il contrario. Il direttore Conti ha più volte insistito sul fatto che altre ipotesi, come quella interrata richiesta dai sindaci coinvolti e dal MoVimento 5 Stelle, non erano sostenibili da un punto di vista tecnico e, a detta sua, ambientale”.
Affermazioni claudicanti che contrastano con il fatto che da 7 anni Terna sta lavorando al progetto dell’elettrodotto interconnector a 380 kv da 1000 mw che collegherà Divaccia in Slovenia con Salgareda in Veneto. “Quest’opera, voluta con legge dello Stato nel 2009, costerà ai cittadini italiani 869 milioni di euro – rivela il consigliere del M5S -. Opera che sarà non solo interrata, ma addirittura sottomarina e senza neanche uno di quei piloni che stanno devastando il territorio del Friuli. Un progetto che dimostra una volta di più l’assurdità dell’elettrodotto aereo Udine Ovest-Redipuglia”.
“È caduto infine spesso in contraddizione il direttore Conti quando ha parlato delle linee attualmente presenti in regione. In base al ragionamento da sostenere, per i vertici di Terna le nostre linee sono una volta vetuste (e quindi a rischio Black out) e un’altra volta sovraccariche (e qui di a rischio Black out). Il tutto per rivendicare l’importanza strategica di quest’opera. I fatti intanto dicono che la rete del Friuli Venezia Giulia finora ha retto senza grossi contraccolpi. Se invece di perdere sette anni di tempo si fosse già realizzato l’elettrodotto italo-sloveno avremmo risolto entrambe le criticità. Ecco perché si dovevano considerare tutte le alternative possibili, cosa che questa procedura di Via non ha mai fatto e quindi è giusto il ricorso dei sindaci”.
“Anche la minaccia della Danieli-Abs di delocalizzare non sta più in piedi visto che hanno potuto investire centinaia di milioni di euro e fare opere di efficientamento energetico grazie alla linea attuale. Abs – conclude Sergo – ha infatti appena ottenuto la certificazione energetica che le farà ottenere enormi risparmi”