sabato, 11 Gennaio 2025
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MAFIE E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA: PRESENTATA OGGI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER CONTRASTARE IL DIFFONDERSI DI QUESTI FENOMENI NEL FRIULI VENEZIA GIULIA

Una proposta di legge per introdurre una serie di “Norme in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata e di stampo mafioso”. Questo è il nuovo obiettivo del MoVimento 5 Stelle del Friuli Venezia Giulia. «Dopo i tentativi di alzare il livello di guardia anche in Consiglio regionale su questi temi, così come successo con il reddito di cittadinanza, facciamo noi il primo passo presentando una legge, che per la prima volta, farà comparire la parola Antimafia nella legislazione regionale» spiega il portavoce del M5S Cristian Sergo.

«Tre sono le iniziative che abbiamo presentato oggi alla stampa – precisa Sergo -: oltre al deposito della nostra proposta, abbiamo annunciato l’avvio della piattaforma di “segnalazione illeciti sul nostro sito web” (movimento5stellefvg.it) ed infine il ritorno di Sabina Guzzanti che, insieme al direttore del periodico “Antimafia Duemila” Giorgio Bongiovanni, sarà con noi mercoledì sera a Buja per la proiezione del Film “La Trattativa” nella Sala Teatro Casa della Gioventù dalle ore 20».

La proposta di legge è composta da 15 articoli. Son previste azioni di prevenzione per diffondere la conoscenza di questi fenomeni tra i giovani e le categorie maggiormente coinvolte dal rischio di infiltrazione, con particolare riferimento alla lotta contro l’usura, l’estorsione, l’ecomafia e la corruzione. Ma le novità più importanti consistono nell’istituzione dell’Osservatorio Regionale Antimafia, nell’obbligo della Regione di costituirsi parte civile nei processi che vedono coinvolti amministratori e dipendenti regionali, nell’istituzione di borse di studio su questi temi, nella sottoscrizione di un Codice etico da parte dei consiglieri regionali ed infine nell’assistenza agli enti locali destinatari dei beni confiscati al crimine organizzato per agevolare il loro proficuo riutilizzo a fini sociali.

«L’Osservatorio Antimafia sarà un organo del Consiglio regionale – precisa Sergo -, così come avviene per i garanti, composto da 5 membri nominati dai consiglieri regionali tra persone esterne alla politica che non potranno ricoprire cariche elettive o dirigenziali all’interno dei partiti, di riconosciuta onorabilità. Ai componenti verrà riconosciuto un gettone di presenza. Le principali funzioni dell’Osservatorio saranno quelle di raccogliere dati e informazioni con lo scopo di indagare e valutare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nella nostra regione, verificare l’attuazione delle leggi antimafia nazionali e regionali, raccogliere dati sugli appalti in collaborazione con l’Osservatorio dei Contratti Pubblici, relazionare entro il 31 marzo circa la propria attività al Consiglio e alla Giunta, elaborare e suggerire l’adozione di interventi normativi, linee guida, buone pratiche e modalità volte anche a migliorare le procedura della Centrale Unica di Committenza ed infine formulare pareri sulle proposte di legge inerenti le materie di sua competenza. Per rendere ancora più efficace la norma – aggiunge il portavoce del MoVimento 5 Stelle -, la nostra proposta sarà pubblicata per due mesi a partire da oggi sul nostro Portale “Lex” e tutti potranno fornire il loro contributo per migliorarla, così come sarà a disposizione dei nostri colleghi in commissione o in Aula».

«Come abbiamo già sostenuto più volte, non basta vantarsi di essere autonomi, di essere la prima Regione d’Italia a potersi definire “Ogm Free”, per essere veramente attrattivi verso nuove imprese e nuovi cittadini che vogliano vivere e crescere in una regione davvero speciale – conclude Sergo – dobbiamo poterci definire “Mafia Free”».

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SVERSAMENTO NEL CANALE VALENTINIS: NECESSARIA INDAGINE SUI FONDALI

In riferimento allo sversamento nel canale Valentinis di limo misto a carbone proveniente dalla centrale A2a, dobbiamo ricordare che le condizioni meteorologiche che hanno provocato la presenza in mare di una chiazza di oltre 30 m2 si manifestano con sempre maggiore frequenza. In quel giorno, 14 ottobre, sono caduti 82,2 mm di pioggia.

Non è la prima volta che piove a dirotto. Abbiamo controllato sul sito dell’Osmer e, sempre per fare qualche esempio, nel novembre 2014, ci sono state due giornate, nelle quali i mm caduti sono stati addirittura superiori: 99 mm il 5 novembre e 90 mm il 6 novembre. In altri casi, le precipitazioni, sono state minori ma comunque abbondanti. Sorge dunque una domanda: è la prima volta che succede uno sversamento o è stato un caso fortunato che sia stato prontamente segnalato? Ricordiamo che è come dire che su una porzione di 1 m2 sono caduti 99 litri d’acqua.

A2a, Capitaneria di porto e la stessa Arpa – secondo quanto abbiamo letto sui quotidiani – garantiscono che non ci sono state falle strutturali e definiscono l’evento “eccezionale”, limitato nell’estensione e dissolto nell’arco di un ora. Il carbone, però, non si dissolve nell’acqua, bensì “sprofonda” depositandosi sul fondale. Chiederemo quindi, con un nuovo atto, che venga eseguita un’indagine sui fondali, in modo da capire se ci potranno essere degli sviluppi negativi, in seguito a questo evento e possibili altri, già avvenuti.

Il cambiamento climatico e la tropicalizzazione del clima, provocati in gran parte dall’uso delle fonti fossili, rende quasi normale fenomeni di pioggia battente e l’anno passato è stato uno dei più piovosi degli ultimi cento anni. Qualcuno non crederà mica che nei prossimi anni la situazione sia destinata a migliorare?!

Episodi come questi si sono già verificati a Brindisi nel 2013, quando però Arpa Regione Puglia aveva dichiarato l’esatto contrario. In quell’occasione Arpa Puglia aveva affermato quanto segue: “Nello scenario ambientale, il carbone è divenuto l’uomo nero della storia e, in Italia, sono molte le acque contaminate da carbone. A rilevare la drammatica situazione è l’Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente) di Brindisi, in Puglia, che ha confermato la contaminazione dell’acqua provocata dalla centrale a carbone Federico II dell’Enel”. La centrale a carbone Enel di Brindisi, stando a diversi comunicati sulle analisi effettuate dall’Arpa, non solo inquina aria e terra ma l’allagamento della trincea del nastro che trasporta il carbone ha causato uno sversamento di polveri di carbone che hanno raggiunto il mare vicino alla centrale. L’Arpa ha dato ordine di bloccare le idrovore che erano al lavoro per liberare il nastro trasportatore dall’acqua delle piogge dei giorni passati. Il motivo? L’acqua è contaminata da carbone e ad affermarlo è proprio l’Arpa.

Le polveri di carbone – come è noto – rappresentano un rischio per l’ambiente e per la salute, basti pensare agli Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) che caratterizzano la parte organica delle polveri e all’arsenico e al mercurio che caratterizzano la componente minerale delle polveri di carbone. In mare gli inquinanti si diffondono con estrema facilità depositandosi sul fondo e restando in sospensione e con altrettanta facilità entrano nella catena alimentare e, a causa delle loro proprietà tossiche anche cancerogene, mutagene e teratogene, causano danni diretti alle specie marine, e arrivano sulle nostre tavole. Inoltre, possono provocare un abbassamento della concentrazione di ossigeno nell’acqua, operando da filtro per la luce e intorpidendo l’acqua.

Quindi ci chiediamo se si sia verificato o meno un danno ambientale. Vorremmo maggior chiarezza su questo episodio da parte di Arpa sicuramente, ma anche da parte della stessa centrale termoelettrica. Si procederà quindi a una analisi dei fondali per esser certi che nel canale Valentinis non si siano verificati danni ambientali?

Fidarsi della parola del responsabile della centrale A2a è giusto, ma fidarsi dopo opportune verifiche dei fondali è doveroso per la tutela del mare e dei suoi abitanti.

CONDANNA PER OMISSIONE D’ATTI D’UFFICIO? NESSUN PROVVEDIMENTO DALL’AMMINISTRAZIONE REGIONALE

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Continua a sorprendere l’impunità garantita dall’amministrazione regionale ai dirigenti colpevoli, inadempienti o incompetenti. Nel maggio scorso il MoVimento 5 Stelle aveva interrogato la giunta Serracchiani per sapere quali provvedimenti o sanzioni disciplinari fossero stati adottati dall’amministrazione regionale nei confronti di un dirigente che, da poco, aveva patteggiato una condanna per omissione d’atti d’ufficio, ammettendo quindi di aver commesso quel reato. La risposta allora fu che l’amministrazione era in attesa di ricevere notizie ufficiali dal Tribunale penale competente.

«Solo più recentemente però, a seguito dell’ennesimo sollecito, siamo venuti a sapere come è andata a finire – svela la portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Eleonora Frattolin -. Una volta venuta a conoscenza della sanzione penale, la Regione non ha adottato alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dirigente in questione. La giustificazione? Secondo la Regione gli elementi non sono sufficienti per arrivare a un’espulsione. Quasi per giustificarsi – aggiunge Frattolin – si sono “affrettati” a ricordare che, da febbraio 2014, il dirigente era stato assegnato ad altra struttura! Peccato che alla data di trasferimento, nessuno fosse ancora a conoscenza del patteggiamento (avvenuto in aprile 2015) e non si può quindi considerare questo come un provvedimento disciplinare!».

«Già in risposta alla nostra interrogazione di maggio la Giunta regionale aveva ammesso chiaramente che esiste un vuoto normativo sulle sanzioni disciplinari dei dirigenti, vuoto che da almeno cinque anni nessuno si è mai premurato di colmare. Il contratto collettivo del 2010 ha infatti disapplicato la legge che prevedeva la possibilità di applicare le varie sanzioni in maniera graduata (richiamo, multa, sospensione dal servizio, eccetera). A tutt’oggi – insiste la portavoce del M5S – nessuno si prende la briga di porsi la seguente domanda: “come va sanzionato un dirigente inerte o scorretto?” In attesa di una risposta, noi sicuramente non possiamo digerire il fatto che si chiuda un occhio e ci si limiti a “cambiare di parrocchia” il dirigente, conservandogli il posto, l’indennità e le responsabilità, magari in un ufficio dove può causare danni anche peggiori di prima».

«Per questi motivi – attacca Frattolin – chiederemo ulteriori chiarimenti alla giunta Serracchiani. Vogliamo sapere quali valutazioni e premi siano stati assegnati al dirigente all’epoca dei fatti, quale sia il motivo ufficiale del trasferimento di servizio, se siano mai stati presi dei provvedimenti disciplinari nei confronti di dirigenti regionali e quali azioni abbia intenzione di intraprendere per colmare il vuoto sanzionatorio attualmente vigente».
«Ci auguriamo di ottenere sollecite risposte che dimostrino in maniera inequivocabile che l’esecutivo regionale – conclude – non è ostaggio dei propri dirigenti».

SOLIDARIETÀ A DI MATTEO, LA NOSTRA MOZIONE APPROVATA ALL’UNANIMITÀ

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«Esprimiamo grande soddisfazione per il voto unanime del Consiglio regionale alla mozione con la quale abbiamo voluto manifestare pubblicamente tutta la nostra solidarietà al pm Nino Di Matteo, ai magistrati e alle forze dell’ordine che ogni giorno contrastano le mafie e le organizzazioni criminali, compresi gli uomini e le donne delle scorte, troppo spesso dimenticati dall’opinione pubblica». Questo il commento a caldo del portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Cristian Sergo dopo l’approvazione della mozione finalizzata a tutelare maggiormente gli uomini che servono con coraggio e abnegazione lo Stato italiano.

«Ci auguriamo di poter ottenere lo stesso unanime risultato – aggiunge Sergo – anche in occasione della proposta di legge sulla prevenzione e sul contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata e di stampo mafioso che ci apprestiamo a depositare nei prossimi giorni. Come da nostra consuetudine – conclude il portavoce del M5S – non sarà un testo blindato, bensì un articolato aperto alle migliorie che potranno essere apportate anche dagli altri gruppi consiliari e dai soggetti che per l’occasione saranno auditi in commissione, per rendere questo provvedimento normativo, ove possibile, ancor più efficace».

PROPOSTA DI LEGGE SULLA SPERIMENTAZIONE DELLA PRODUZIONE DI MEDICINALI A BASE CANNABINOIDE

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Durante l’assestamento di bilancio, a luglio, la giunta Serracchiani aveva bocciato un ordine del giorno proposto dal MoVimento 5 Stelle, finalizzato alla riduzione dei costi di produzione e di commercializzazione dei farmaci a base cannabinoide. I pentastellati avevano anche chiesto di adottare una serie di iniziative volte ad attuare la coltivazione di cannabis a uso terapeutico sul territorio regionale. Coltivazione da effettuare in modo sperimentale sotto forma di progetti pilota presso enti o istituti riconosciuti o vigilati dalla Regione, d’intesa con le autorità sanitarie competenti.

«Quando abbiamo letto della proposta fatta ieri dalla Serracchiani siamo rimasti a dir poco sorpresi. Prima bocciano in Aula la nostra proposta e poi, passati pochi mesi, la rilanciano mettendoci sopra il “timbro” dell’esecutivo regionale. È proprio un peccato che in politica manchi l’onestà intellettuale!» attacca il portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Andrea Ussai che coglie l’occasione per annunciare una nuova iniziativa.

«Proprio oggi abbiamo depositato una proposta di legge sulla sperimentazione della produzione di medicinali a base di cannabinoidi e per agevolare l’accesso agli stessi. Adesso vedremo se avranno il coraggio di bocciare anche la nostra proposta e di approvare un testo pressoché identico solamente per attribuirsene il merito. Come M5S, alla fine, saremo comunque contenti perché l’unica cosa che ci interessa è fare le cose nell’interesse dei cittadini. Quindi – conclude il portavoce – copiateci pure, senza problemi!».

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IL GESTORE UNICO PER IL SERVIZIO IDRICO E’ UNA SCELTA SCIAGURATA CHE FINIRA’ PER DANNEGGIARE CITTADINI E AMBIENTE

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«L’acqua è un bene pubblico e la sua gestione non deve essere affidata a chi pensa solo a fare utili. Con il gestore unico, voluto dalla giunta Serracchiani, i cittadini e l’ambiente finiranno per essere danneggiati in modo irreparabile. Troppo spesso infatti le strategie per fare profitti, messe in atto da chi gestisce il servizio idrico, non prendono in considerazione la tutela dell’ambiente e della salute». La portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Elena Bianchi, attacca duramente la decisione dell’esecutivo regionale di stabilire nuove regole per l’organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

«Abbiamo presentato una mozione per contrastare l’obiettivo della giunta Serracchiani di accentrare la gestione di questi servizi nelle mani di un unico soggetto in grado di operare sull’intero territorio regionale – rivela Elena Bianchi -. Attraverso questo provvedimento vogliamo riaffermare due concetti per noi fondamentali: l’acqua è un diritto garantito per tutti i cittadini, così come il trattamento dei rifiuti deve essere effettuato in modo ecosostenibile».

«Il rischio molto concreto è che il gestore unico venga scelto non in virtù della sua capacità di tutelare l’interesse pubblico o di gestire il servizio in modo efficiente e innovativo, ma esclusivamente in base al numero delle utenze gestite e alle performance di tipo economico. Performance – aggiunge la portavoce del M5S – legate inevitabilmente agli utili di gestione e – quasi sempre – agli inevitabili rincari delle bollette. Per questo riteniamo imprescindibile l’affidamento di questi servizi a soggetti pubblici svincolati dall’utile d’impresa. Solo così possiamo assicurare una modulazione delle tariffe in grado di agevolare finalmente anche gli usi domestici essenziali e di garantire le produzioni artigianali e industriali tipiche del Friuli Venezia Giulia».

«Qualsiasi riforma in questo settore – sottolinea Bianchi – non può prescindere dal riconoscimento di un ruolo di primo piano degli enti locali. Bisogna dire basta a Comuni costretti a ratificare decisioni assunte a livello centrale e ad amministrazioni incapaci di difendere le esigenze del territorio e dei cittadini, partendo da progetti molto concreti. Per questo – ricorda in conclusione la portavoce del MoVimento 5 Stelle – nel giugno scorso, in tema di rifiuti, abbiamo depositato una proposta di legge, denominata “Strategia rifiuti zero”, che prevede l’obbligo di adottare soluzioni innovative per un corretto trattamento dei materiali dopo il loro utilizzo, riducendo sia la produzione dei rifiuti e quindi le tariffe per il loro smaltimento a carico dei cittadini, sia il ricorso a processi inquinanti quali l’incenerimento o lo stoccaggio in discarica, non più accettabili per l’ambiente e la salute dei cittadini».

IL M5S FRIULI VENEZIA GIULIA SI SCHIERA COL PM NINO DI MATTEO

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A lanciare l’ultimo allarme è stato poche settimane fa il pentito Francesco Chiarello: “L’esplosivo per l’attentato al pm Nino Di Matteo è stato trasferito in un altro nascondiglio sicuro”. Affermazioni confermate dalle dichiarazione rilasciate da un altro collaboratore di giustizia, Vito Galatolo, figlio del boss della cosca Acquasanta di Palermo, arrestato a Mestre in seguito alle indagini sul controllo degli appalti da parte delle famiglie affiliate a Cosa nostra nei cantieri navali del nord Adriatico (compresi quelli di Monfalcone). «È stato proprio Galatolo a rivelare il piano per uccidere il pm palermitano. Un anno fa – spiega il portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Cristian Sergo – il collaboratore di giustizia aveva voluto incontrare Di Matteo per riferirgli di persona alcune informazioni riservate. Così facendo aveva voluto “togliersi un peso dalla coscienza” e rivelare le intenzioni della mafia, diventate palesi grazie a un pizzino di Matteo Messina Denaro».

Chiarello dunque conferma sia l’esistenza dell’esplosivo che i nomi dei protagonisti della vicenda. A parlargli del progetto fu, infatti, il suo compagno di cella Camillo Graziano: “Mi disse che per fortuna suo padre era stato scarcerato, così aveva potuto spostare il tritolo”. «Il padre di Camillo – ricorda Sergo – è Vincenzo Graziano uno degli esponenti di spicco delle famiglie dell’Acquasanta, vice di Vito Galatolo, sul quale si sono accesi in due occasioni i riflettori per aver investito parte del suo tesoro non in Sicilia ma al nord dove ha acquistato immobili e terreni per cinque milioni di euro tra Tavagnacco e Martignacco».

«Stiamo parlando di vicende che ci ricordano che la mafia ha agito nel Friuli Venezia Giulia anche tramite i protagonisti delle rivelazioni riguardanti le minacce al dott. Nino Di Matteo, pm del processo sulla Trattativa Stato-Mafia, che a detta di Vito Galatolo “si stava intromettendo in un processo che non doveva neanche iniziare, quello sui rapporti tra Stato e mafia. E si doveva fermare perché non doveva scoprire certe situazioni”».

«Per tutti questi motivi – sottolinea Sergo – abbiamo depositato una mozione per chiedere al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia di esprimere solidarietà al magistrato palermitano e agli uomini della sua scorta. Abbiamo ritenuto di agire in tal senso perché, come ricordava sempre Peppino Impastato, “la mafia uccide, il silenzio pure”. Da sempre, invece, il MoVimento 5 Stelle ha deciso di non rimanere in silenzio e di stare dalla parte di chi cerca la verità sulle troppe vicende che hanno macchiato la storia del nostro Paese. Confidiamo – conclude il portavoce del M5S – che lo stesso valga anche per i nostri colleghi e che questa mozione passi all’unanimità».

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SUBITO UN PROGETTO PER L’UTILIZZO DIFFUSO DI SOFTWARE OPEN SOURCE

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«La Regione deve avviare un progetto complessivo di migrazione a software open source che possano essere utilizzati dalla stessa amministrazione regionale. Gli standard e i formati aperti, affermatisi con Internet, sono un fenomeno in continua evoluzione e sempre più diffuso. Solo puntando sull’open source è possibile “sfidare” le multinazionali del settore, costringendole a immettere sul mercato servizi adeguati a costi sempre più bassi». A chiederlo è la portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Elena Bianchi che su queste tematiche ha da poco depositato una interrogazione rivolta alla giunta Serracchiani.

«Per raggiungere questo obiettivo bisogna formare ex novo o ricreare un gruppo di lavoro di esperti informatici interni all’amministrazione e a Insiel spa, un gruppo aperto anche ad altri portatori di interesse, primi fra tutti i cittadini. A suo tempo – ricorda Bianchi – la Regione aveva addirittura istituito il Centro Regionale sull’Open Source Software (Cross) proprio per diffondere il software libero nelle pubbliche amministrazioni e nelle piccole e medie imprese. Tra le sue finalità c’era anche lo sviluppo di una “Community Open Source” a livello regionale in linea con le direttive nazionali ed europee. Purtroppo però del “Cross” si sono perse le tracce».

«La sensazione – attacca la portavoce del M5S – è che in questo settore si stia perdendo terreno. La giunta Serracchiani dovrebbe invece rispettare l’articolo 68 del Codice dell’amministrazione digitale, in base al quale “le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei princìpi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le soluzioni disponibili sul mercato, fra cui il software libero, quello a codice sorgente aperto e riutilizzo di software”. D’altronde – aggiunge Bianchi – è ormai provato come le “suite per ufficio open source” presentino un numero inferiore di problemi legati alla sicurezza – nel senso di vulnerabilità o esposizione agli attacchi informatici – rispetto a quelli di Microsoft Windows Office».

«Per chi ancora non lo sapesse, il Comune di Udine ha già sostituito il vecchio sistema operativo con un software open source Linux / Apache OpenOffice e, sulla scia di questa importante innovazione, ha anche formato adeguatamente il proprio personale. E se lo ha fatto il Comune di Udine, cosa aspetta la Regione a fare lo stesso?» si chiede in conclusione la portavoce del MoVimento 5 Stelle.

LA FERRIERA DI SERVOLA CONTINUA A INQUINARE E LA POLITICA REGIONALE NON VUOLE NEANCHE FISSARE LE DATE PER DISCUTERE DELL’ARGOMENTO

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«Sono trascorsi più di 5 mesi e la quarta commissione del Consiglio regionale che, tra le varie competenze, si occupa anche di tutela dell’ambiente, non ha ancora trovato il tempo di occuparsi della petizione intitolata “Fermiamo l’inquinamento per la nostra salute e la nostra vita” sulla grave situazione della Ferriera di Servola. La petizione, promossa dal Circolo Miani, è stata depositata, infatti, l’11 maggio scorso, ma l’argomento non è stato ancora calendarizzato. L’inquinamento invece continua senza sosta». La denuncia è del portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Andrea Ussai.

«Questa mattina con un lettera inviata al presidente della Commissione Vittorino Boem e sottoscritta da tutte le forze di opposizione abbiamo chiesto che quanto prima vengano fissate le date per l’illustrazione della petizione e per le audizioni dei portatori di interesse come No Smog, Legambiente, Wwf e Fare Ambiente. Abbiamo chiesto anche la presenza della presidente Serracchiani nella speranza – rivela il portavoce del M5S – che in quei giorni non sia a Roma come troppo spesso accade. Purtroppo è evidente che la politica regionale non manifesta alcuna fretta nel voler affrontare un argomento così scottante».

Sottoscritta da 10.117 cittadini, la raccolta delle firme non è avvenuta solo nei soliti rioni di Servola, Chiarbola e San Sabba, ma anche nelle zone del centro città, riscontrando un interesse altissimo e immediato da parte dei cittadini di Trieste. Con questa petizione si chiede la chiusura dell’impianto di cokeria, il fermo anche dell’altoforno – con la verifica del rispetto delle prescrizioni sui lavori di bonifica da effettuare indicati nella perizia della Procura della Repubblica e nelle prescrizioni regionali – e il mantenimento dei livelli occupazionali attraverso l’impiego del personale nella rimozione della cokeria e delle bonifiche e messe in sicurezza.

«Come abbiamo già ricordato numerose altre volte nel recente passato, solo attraverso la chiusura della cockeria ed, eventualmente, dell’intera area a caldo dello stabilimento si può raggiungere l’obiettivo della riduzione delle emissioni diffuse, con il conseguente superamento della contrapposizione fra diritto alla salute e diritto al lavoro, con i lavoratori della Ferriera che potrebbero comunque essere impiegati nelle altre attività previste dal Piano industriale di Arvedi, come il laminatoio e lo sviluppo della logistica, senza incidere pertanto sui livelli occupazionali».

LEOPOLDA UNIVERSITARIA A UDINE: FUORI I PARTITI DALL’UNIVERSITÀ!

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Il MoVimento 5 Stelle apprende dalla stampa che venerdì 23 e sabato 24 ottobre a Udine il Partito Democratico dedicherà due giorni di riflessione e lavoro ai temi dell’Università e della Ricerca presso Palazzo Garzolini di Toppo Wasserman. Iniziativa di per sé meritevole considerata l’importanza della tematica.
 
Troviamo però vergognoso che questo evento si tenga nelle sale dell’Ateneo udinese quando lo stesso regolamento per la concessione di spazi dell’università prevede che non vengano concessi per iniziative di carattere politico o simili. Organizzare un evento, con tanto di logo del partito, con ospiti numerosi esponenti del PD è con tutta evidenza un’iniziativa di carattere politico.
 
Non contento, il rettore De Toni ha pure invitato studenti e professori a partecipare numerosi a quello che sembra essere un evento di mera propaganda. Uno dei temi di discussione sarà la “restituzione dell’Autonomia degli Atenei”: autonomia da cosa o da chi? Sicuramente non dalla politica!
 
Va ricordato che i precedenti Rettori delle Università di Udine e di Trieste sono diventati rispettivamente Sindaco del Comune di Udine (sostenuto dal PD), assessore regionale alle Finanze (nominato da una Giunta del PD) e Presidente di Mediocredito FVG (nominata da una Giunta del PD). Che il Rettore De Toni si stia preparando la strada?
 
L’evento doveva essere organizzato in una qualsiasi altra sala e non in una sede universitaria! 
  
Movimento 5 Stelle Friuli Venezia Giulia

A RISCHIO LA REGOLARITÀ DEL SERVIZIO 118?

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«L’applicazione immediata del divieto per i dipendenti della AAS 2 di svolgere attività presso le ambulanze private o le onlus rischia di bloccare il servizio 118 in convenzione con l’Azienda sanitaria?». La domanda è contenuta in una interrogazione rivolta alla giunta Serracchiani e depositata oggi dal portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Andrea Ussai.

«Vogliamo sapere se l’esecutivo regionale intenda impartire linee guida comuni alle Aziende per l’assistenza sanitaria regionali affinché venga adottata la medesima disciplina in merito allo svolgimento degli incarichi extra istituzionali dei propri dipendenti – sottolinea Ussai -. Va ricordato infatti che, a fronte di regolamenti aziendali pressoché identici, ogni Azienda adotta un’interpretazione differente nel concedere i permessi ai propri dipendenti. Ad esempio – aggiunge il portavoce del M5S – l’Azienda triestina consente di svolgere prestazioni extra istituzionali occasionali mentre l’Azienda udinese permette ai suoi dipendenti di impegnarsi in attività di volontariato».

«La convenzione in essere tra le ambulanze private e le diverse Aziende sanitarie, in scadenza a fine 2015, prevede infatti l’impiego anche di infermieri dipendenti delle AAS, tanto che questi infermieri coprono il 70% della turnistica di queste realtà private. Il rischio concreto – conclude Ussai – è che la qualità del servizio venga compromessa».

Click qui per il testo integrale dell’interrogazione.

PIANO EMERGENZA-URGENZA: E’ UNA RIFORMA CHE NON RISPONDE IN MODO ADEGUATO AGLI STANDARD NAZIONALI.

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A seguito della valutazione positiva espressa dalla Terza Commissione consigliare della Regione Friuli Venezia Giulia sul nuovo Piano dell’Emergenza-Urgenza sanitaria, il MoVimento 5 Stelle vuole prendere le distanze in modo netto da quella che reputa una riforma che non solo non risponde in modo adeguato agli standard nazionali ma impone un costo aggiuntivo alla collettività senza riuscire ad assicurare i servizi minimi, in termini di qualità e di tempestività degli interventi, a tutti i cittadini della regione.

Le maggiori criticità riguardano soprattutto il soccorso notturno (montano e non) e quello avanzato, cioè quello erogato da un’equipe medico-infermieristica specialistica, che sarà offerto solo in determinate aree e circostanze, andando quindi a creare coperture sanitarie in emergenza-urgenza a “macchia di leopardo”. Concetto questo che stride in modo particolare con la norma costituzionale che prevede una sanità uguale per tutti. Ci saranno quindi cittadini di serie A e cittadini di serie B. Situazione questa non solo non accettabile ma che il M5S, proponendo un piano dell’emergenza urgenza alternativo, ha fortemente cercato di eliminare non ricevendo però la dovuta attenzione da parte della maggioranza.

Disattendere la normativa in materia di soccorso avanzato e giocare sulla terminologia, non prevedendo ambulanze con il medico a bordo ma solamente ambulanze “medicalizzabili”, per individuare la dotazione di personale e mezzi, non solo mette in pericolo l’adeguatezza del soccorso ai cittadini ma pone interrogativi sulla competenza e sulle finalità di chi ha presentato questo piano che, perseguendo logiche di autoreferenzialità e di bassa levatura sia scientifica che strategica, ci sembra più attento al risparmio e alle logiche di potere che ai diritti dei cittadini.

La tanto sbandierata territorializzazione del paziente affetto da patologie croniche, punto nevralgico della Riforma Sanitaria Regionale, trova un’evidente contraddizione nella riforma dell’emergenza-urgenza che la giunta Serracchiani si appresta a varare. Il 60% delle richieste di soccorso che oggi pervengono alle centrali operative del 118 riguardano i cosiddetti codici bianchi e verdi, ovvero richieste non urgenti che dovrebbero sostanzialmente essere trattate, in una grossa percentuale, a livello territoriale e che invece vanno a intasare le sedi di Pronto Soccorso. In questo modo l’iperafflusso nei Pronto Soccorso contribuisce alla possibilità di errore e al rischio di eventi avversi per utenti ed operatori. Il tutto, tra l’altro, aumentando decisamente i costi di una sanità che già richiede notevoli risorse.

Demedicalizzando il sistema rispetto agli standard richiesti, dando responsabilità non consone agli infermieri dell’emergenza, aumentando il numero di ambulanze con soli soccorritori (non professionisti) al posto di quelle con gli infermieri, si dà un’evidente spinta all’ospedalizzazione piuttosto che alla gestione territoriale.

Evidentemente congestionare i Pronto Soccorso diventa utile ma per chi? La proposta che come M5S abbiamo presentato all’Assessore e alla Commissione, prevedeva un volano positivo per la gestione territoriale dei pazienti cronici e riacutizzati allo scopo di ridurre, in associazione con il Medico di Medicina Generale e ai distretti, i ricoveri impropri con tutto ciò che ne consegue in termini di riduzione del rischio e di spese non giustificabili.

Su questi nodi nevralgici ma anche su altri piani di valutazione, come per esempio il non adeguato inquadramento delle competenze degli attori (professionisti e volontari) del sistema dell’emergenza, le basi friabili su cui poggia l’estensione del servizio di elisoccorso e la non adeguatezza dei punti di primo intervento previsti, si fonda il parere negativo del M5S.

Unica nota positiva il mantenimento, per quanto provvisorio, dell’ambulanza a Grado, che però non risolleva la sorte di un territorio Isontino che esce comunque penalizzato a causa del taglio dell’automedica a Monfalcone.

Questa classe politica è espressione di un modo di gestire la cosa pubblica con logiche distanti dal cittadino e dai suoi fabbisogni, e ancora una volta a farne le spese, in termini di disservizio e aumento del rischio, saranno gli utenti e il personale sanitario operante nella quotidianità.

NUOVI ARRIVI AL CIE DI GRADISCA: OGNI COMUNE FACCIA LA SUA PARTE

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«I 110 profughi arrivati ieri al Cie di Gradisca d’Isonzo sono quelli che, in questi ultimi giorni, si trovavano a Gorizia, sotto la pioggia. Si tratta, dicono, di un’emergenza: “piove e non possiamo lasciarli all’addiaccio. Vero, queste persone non possono essere lasciate per strada o sulle rive dell’Isonzo – precisa il portavoce del M5S in Consiglio comunale di Gradisca Michele Freschi – ma facendo un rapido calcolo siamo già arrivati alla quota di 380 profughi».

«Bisogna ricordare che l’anno scorso, con una mozione votata all’unanimità in Consiglio regionale, avevamo espresso la nostra contrarietà a utilizzare la struttura del Cie come Cara e che una mozione simile era stata votata con il medesimo esito anche dal Consiglio comunale di Gradisca d’Isonzo – commenta la portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Ilaria Dal Zovo -. Pochi mesi dopo, nel corso della notte, in piena emergenza, erano state condotte alla struttura altre 30 persone che – dicevano – sarebbero dovute rimanere lì per un breve periodo di tempo. Ora, a distanza di un anno, non solo la struttura Cie viene utilizzata regolarmente come Cara, andando quindi contro il volere sia del Consiglio regionale che di quello comunale di Gradisca, ma i numeri – attacca Dal Zovo – cominciano ad aumentare troppo e senza una strategia condivisa con il Comune o con il territorio».

«Inoltre il nuovo Prefetto, esattamente come quello di prima, utilizza Gradisca come una risorsa per ogni presunta emergenza. Invitiamo pertanto il prefetto a venire a spiegare il suo operato non al Consiglio comunale, ma ai cittadini in un incontro pubblico – chiede Freschi -. Ricordiamo che si dovrebbe parlare di emergenza solo in caso di eventi imprevisti e imprevedibili. Dopo due anni di “emergenza” non si può certo sostenere che “improvvisamente” nell’ottobre 2015 è arrivata la pioggia e che nessuno se l’aspettava!».

«Questa situazione continua a non essere risolta perché chi di dovere non è stato in grado, per scarsa capacità o per mancanza di risorse o per altri motivi, di organizzare una accoglienza adeguata nonostante avesse tanto tempo a disposizione – sottolinea la portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale -. Abbiamo saputo, inoltre, che ci sarebbe una strategia per aumentare il personale e ampliare il Cara. Qualcuno vuole trasformare la struttura in un centro di accoglienza come quello di Lampedusa? Si vuole raggiungere questo obiettivo un passetto alla volta e senza coinvolgere la comunità locale? Siamo di fronte al rischio concreto di vedere quadruplicato il numero degli ospiti?» si chiede Dal Zovo.

«Gradisca ha già fatto e continua a fare molto in termini di accoglienza e continuerà a farlo. Il MoVimento 5 Stelle di Gradisca d’Isonzo continua a ritenere un obbligo morale quello della solidarietà, ma – concludono i portavoce del M5S – chiediamo che anche gli altri Comuni si dimostrino altrettanto solidali».

ABBIAMO DEPOSITATO DUE MOZIONI SULLA CACCIA: UN FRENO CONTRO L’ANARCHIA VENATORIA IN FRIULI VENEZIA GIULIA

Spesso questa Regione, nel redigere leggi e regolamenti in materia venatoria, ha confuso le sue prerogative di autonomia con l’anarchia. Lo testimoniano la lunga serie di ricorsi, controricorsi e pronunciamenti degli organi di giustizia, dalla Corte Costituzionale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Nella lunga serie di avventurose alchimie per aggirare obblighi di tutela imposti da norme nazionali e comunitarie, la Regione ha costantemente dimenticato un punto chiave: la fauna selvatica non è un arrosto, ma è invece – come ribadito dalla legge – un “patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”.

Nonostante gli interventi del Governo nazionale e le sentenze della Corte Costituzionale, permangono invece nella legislazione venatoria del Friuli Venezia Giulia delle gravissime anomalie, che – come denuncia anche la componente più moderata del mondo venatorio – minano la stessa conservazione del patrimonio faunistico, soprattutto per quanto riguarda le specie a maggior rischio.

Qualche esempio: la caccia sui terreni coperti da neve è vietata dalla legge nazionale, che la consente con alcune eccezioni solo in montagna. In Friuli Venezia Giulia la legge regionale prevede invece che sia “vietato cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, fatta eccezione per la caccia agli ungulati, comunque svolta, ai tetraonidi, ai palmipedi ed ai trampolieri, nonché alla cesena. È fatta altresì eccezione per la caccia alla lepre che è consentita solo 48 ore dopo l’ultima nevicata”.

Le norme nazionali e internazionali impongono poi di individuare lungo le rotte di migrazione i punti attraversati dagli uccelli – i cosiddetti “valichi montani” – e di interdire la caccia in queste aree. Ebbene, nel Friuli Venezia Giulia questi punti sono stati individuati presso i valichi di Stato automobilistici, quasi a pensare che gli uccelli per migrare debbano mostrare il passaporto.

Ancora. Gli accordi internazionali, ormai dal 2000, obbligano gli stati a eliminare il piombo dalle munizioni da caccia. In Friuli Venezia Giulia si è tentato di aggirare l’ostacolo consentendo ancora l’utilizzo del piombo, purché nichelato. Ovviamente questo escamotage non allevia in alcun modo le gravi conseguenze delle contaminazioni da piombo né per l’ambiente e né per gli animali selvatici.

La questione più grave riguarda però la totale privatizzazione della caccia in Friuli Venezia Giulia. Mentre le norme sovraordinate imporrebbero che gli organi di gestione faunistica e venatoria siano composti da agricoltori, ambientalisti, enti locali e cacciatori, nel Friuli Venezia Giulia tutta la gestione è affidata al solo mondo venatorio organizzato in riserve di caccia; l’approvazione degli atti gestionali delle riserve di caccia dal 2008 non è più affidata alla Regione, ma agli stessi cacciatori, riuniti nei distretti venatori.

Anche sul Piano Faunistico Regionale, atteso da 23 anni e recentemente approvato dalla giunta Serracchiani, la Regione sta giocando con il fuoco. Molte delle prescrizioni indicate dal Piano dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sono state infatti ignorate o a dir poco “annacquate”. Sta di fatto però che la giurisprudenza italiana ed europea hanno più volte ribadito come i pareri dell’Istituto siano vincolanti, in quanto sono in grado di garantire l’applicazione di standard minimi uniformi per la tutela delle fauna selvatica su tutto il territorio nazionale. A questo proposito il MoVimento 5 Stelle ha chiesto ad Ispra ulteriori chiarimenti, sulla compatibilità del piano approvato e delle norme in vigore, con le norme sovraordinate e la conservazioni della fauna selvatica. È bene sottolineare che la risposta, contenuta all’interno della mozione, ha finito per destare numerose perplessità.

L’altra mozione depositata riguarda una situazione gravissima: la mancanza di controllo sulle carni di selvaggina e la loro commercializzazione. Anche in questa materia, la Regione ha ignorato gli obblighi imposti dai regolamenti europei e dalla sue stesse norme (L.R. 6/2008), creando una situazione di rischio sanitario per la comunità e facilitando l’attività di bracconaggio e l’immissione sul mercato di selvaggina priva di controllo sanitario.

Con queste due mozioni, vogliamo impegnare la Giunta Serracchiani a porre fine a queste problematiche, scegliendo una volta per tutte di tutelare i cittadini e la fauna selvatica e non i soliti interessi delle lobby.

Qui di seguito:
Le mozioni presentate dal Gruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale (Mozione 1Mozione 2)
Il parere del Ispra sul Piano faunistico
I chiarimenti dati da Ispra al Gruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale

VOGLIAMO SAPERE PERCHÉ’ LA SERRACCHIANI FAVORISCE UNA STRUTTURA PRIVATA A DISCAPITO DI QUELLE PUBBLICHE

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Alcuni mesi fa il “Gruppo tecnico per le disabilità dell’età evolutiva” ha affermato che circa la metà del totale dei ricoveri per disabilità infantile nella Regione viene effettuata presso l’Irccs Eugenio Medea “La Nostra Famiglia”. «Il Gruppo tecnico ha messo in evidenza un elevato numero di ricoveri per disturbi del linguaggio, disturbi di carattere sensoriale e ritardo mentale. Tutte attività di tipo valutativo o diagnostiche, in gran parte riconducibili ad attività ambulatoriale – spiega il portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Andrea Ussai, che su questo caso ha appena depositato una interrogazione. È stata inoltre segnalata una sproporzione di tali richieste diagnostiche rispetto a quelle effettuate dalle cliniche di pediatria e neuropsichiatria infantile di Trieste e Udine dove, in prima battuta, vengono ricoverati i pazienti con patologie severe. Una sproporzione che lascia dei dubbi sulla corretta indicazione clinica ».

«Non possiamo poi dimenticare che, in ogni caso, le istanze di ricovero sono proposte dalla stessa Irccs Eugenio Medea e non derivano da invii dei reparti pediatrici e neuropsichiatrici regionali. Certo – sottolinea Ussai – “La Nostra Famiglia” è una ricchezza nell’offerta socio-sanitaria ma deve assolutamente integrarsi con i servizi già svolti dalle strutture pubbliche della Regione, senza creare duplicazioni inefficienti e costose. In un periodo di riduzione dei posti letto e di carenza di risorse a disposizione degli ospedali e degli istituti di ricerca pubblici, non è tollerabile favorire una struttura privata e per di più attivando posti letto inappropriati».

«Secondo il Gruppo di lavoro “la sede più idonea per il trattamento delle disabilità è rappresentata dai servizi territoriali”, quindi a casa o in ambulatorio. Preoccupa invece – ribadisce Ussai – il perpetuarsi di un modello di riabilitazione ancora prevalentemente centrato sul ricovero ospedaliero».

«La Giunta Serracchiani deve tenere nella giusta considerazione la relazione conclusiva del Gruppo tecnico – attacca il portavoce del M5S. Per questo deve spiegare quali provvedimenti l’esecutivo regionale intenda assumere rispetto all’attivazione dei posti letto ordinari di neuro-riabilitazione e sul mantenimento dei posti letto attuali. È veramente grave, infatti, che la Giunta abbia deliberato il raddoppio dei posti letto – in tutto 20 – presso una struttura privata, stante la mancanza di una raccolta sistematica di dati epidemiologici, di attività e utenza, sulle disabilità infantili in Friuli Venezia Giulia e in assenza del parere di appropriatezza favorevole del gruppo tecnico».

«Va fatta luce inoltre sul fatto che l’attività ospedaliera, effettuata in via sperimentale dal 2006 per un periodo di 18 mesi dall’Irccs Eugenio Medea, sia in realtà proseguita sino alla fine del 2014. Fatto questo che ha comportato una spesa annua per la Regione di circa 1,2 milioni di euro! La giunta Serracchiani deve anche spiegare perché la Regione ha omesso le verifiche in merito all’appropriatezza dei ricoveri, introducendole solamente nel 2014”. Il portavoce del M5S aspetta risposte precise: “Sono state attivate verifiche puntuali volte a chiarire la sproporzione di accertamenti diagnostici richiesti dall’Unità per le disabilità gravi in età evolutiva (Udgee) ed eseguite in regime di ricovero, rispetto a quelli richiesti dalle Cliniche Pediatriche e Neuropsichiatriche Infantili di Trieste e Udine? Quali procedure sono state attivate dalle Strutture regionali competenti per verificare l’eventuale sussistenza di irregolarità nel ricorso al day hospital, per prestazioni eseguibili anche in regime ambulatoriale?».

«Su tutte queste criticità il silenzio dell’assessore Telesca è totale. Un silenzio – conclude Ussai – che abbraccia sia le molte perplessità sollevate dal Gruppo tecnico sia la scelta di mantenere o no i posti letto programmati».

ABBIAMO POSTO LE BASI PER MIGLIORARE LA QUALITÀ’ DEI PASTI EROGATI DALLE AZIENDE OSPEDALIERE E SANITARIE

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«Ora anche nel Friuli Venezia Giulia saranno recepiti i principi ormai consolidati a livello europeo per quanto riguarda la ristorazione all’interno degli ospedali. Il voto favorevole e all’unanimità del Consiglio regionale alla mozione da noi proposta rappresenta un passaggio fondamentale per promuovere la salute e il benessere del paziente, ma anche la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dei meccanismi di preparazione dei pasti ospedalieri». È grande la soddisfazione del portavoce del MoVimento 5 Stelle Andrea Ussai al voto positivo dell’Aula alla mozione presentata dai pentastellati.

Considerate le innumerevoli segnalazioni ricevute ed i risultati delle rilevazioni del gradimento dei pasti che evidenziano presso alcune sedi ospedaliere forti criticità con alte percentuali di rifiuto, era quanto mai urgente un cambio di passo rispetto ad un servizio che riguarda la preparazione e la fornitura di oltre 4.500 pasti tra degenti ospedalieri, lungodegenti e lavoratori.

La scarsa gradibilità dei pasti ha acquisito dimensioni sempre più evidenti dopo l’applicazione della spending review che ha fissato il tetto per il vitto ospedaliero a 13 euro / giorno comprensivo di colazione, pranzo e cena, valore che rappresenta circa il 2,5% del costo di degenza.

Per risparmiare, i pasti serviti ai pazienti di alcuni presidi ospedalieri regionali (es. Trieste e Udine), vengono acquistati fino in Veneto, con tecniche che consentono la produzione addirittura anche 20 giorni prima del loro consumo, soluzione questa che pone numerosi problemi sul controllo qualitativo delle preparazioni e che pregiudica la qualità organolettica del pasto.

Un risparmio che non tiene conto però del fatto che lo stato nutrizionale influenza pesantemente il decorso delle malattie e condiziona la qualità della vita specialmente nei soggetti più vulnerabili. Nel soggetto ospedalizzato infatti è stato dimostrato che un deterioramento dello stato nutrizionale provoca un aumento dei tempi di degenza e di riabilitazione, aumenta le riospedalizzazioni, riduce la qualità della vita del paziente e aumenta i costi a carico del Servizio Sanitario.

«Non possiamo scordare inoltre che il Ministero della Salute e il Ministero dell’Ambiente hanno già formulato una serie di raccomandazioni e proposto alcune norme per lo sviluppo di buone pratiche riguardanti la ristorazione collettiva – sottolinea Ussai -. L’indicazione è quella di preferire pasti preparati in sede o in cucine vicine alle strutture ospedaliere in modo da consentire controlli efficienti e preservare la qualità organolettica dei pasti, impiegando prodotti freschi, di stagione e da filiere locali. Viene inoltre sollecitata l’adozione di appalti pubblici in grado di integrare al loro interno anche gli aspetti sociali e ambientali».

«Ora – conclude il portavoce del M5S – abbiamo posto le basi per raggiungere in tempi brevi un miglioramento della qualità dei pasti erogati dalle Aziende ospedaliere e sanitarie, dando anche un contributo importante alle filiere locali e allo sviluppo economico delle piccole e medie imprese della nostra Regione».

CASO VOLKSWAGEN: CHIEDIAMO CHE LA REGIONE CHIEDA IL RISARCIMENTO DANNI

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Il gruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale ha depositato una interrogazione alla giunta regionale sul caso Volkswagen. L’azienda ha truccato i test ambientali e i veicoli inquinano molto di più di quanto comunicato dalla casa produttrice. Si stimano emissioni di monossido di azoto, superiori del 40% rispetto a quanto dichiarato. Questa sostanza è responsabile di asma e malattie respiratorie. In Italia circolano circa un milione di auto della Volkswagen e sono in corso verifiche sulle loro emissioni ed è stata sospesa la vendita dei veicoli Euro 5.

“E’ necessario agire a tutti i livelli istituzionali per ripristinare il pieno rispetto delle norme sulle emissioni delle auto – dichiara la portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Ilaria Dal Zovo -. Ogni alterazione o manipolazione impatta pesantemente sulla salute dei cittadini, sull’aria che respiriamo e sull’ambiente. Senza contare che gli ecoincentivi statali potrebbero essere stati attribuiti in base a dati sulle emissioni manipolati. E’ poi necessario tutelare i cittadini che hanno acquistato auto che potrebbero risultare non omologate. La qualità dell’aria in Friuli Venezia Giulia impone che la Regione sia in prima fila nel sostegno ai controlli, alle verifiche e alla promozione di veicoli poco inquinanti”.

“L’interrogazione – continua Dal Zovo – chiede alla presidente Serracchiani, visto anche il suo doppio ruolo, di attivarsi in tutte le sedi per avere sistemi rigorosi di omologazione delle auto, norme più stringenti in materia di informazioni agli acquirenti di automobili, maggiori investimenti per ridurre l’inquinamento dai mezzi di trasporto privati. Soprattutto occorre tutelare i cittadini che sono stati truffati nell’acquisto della propria autovettura attivandosi affinché i danni siano risarciti. Ma non basta: anche la stessa Regione deve essere risarcita dei danni causati all’ambiente e gli introiti vanno impiegati a sostegno del miglioramento della qualità dell’aria che tutti noi respiriamo!”.

A2a MONFALCONE: LA SALUTE DEI CITTADINI PASSA SEMPRE IN SECONDO PIANO

In audizione sul piano energetico avevamo fatto domande ben precise, sulla centrale termoelettrica di Monfalcone. Avevamo chiesto se la proprietà avesse cambiato idea e se esistesse un tavolo sulla riconversione a gas della centrale a carbone. Ci era stato risposto che si stava lavorando a un tavolo finalizzato al raggiungimento degli obiettivi del Piano energetico regionale. Piano che prevede proprio la riconversione della centrale. Oggi invece scopriamo che il tavolo esiste ma che la conversione è di difficile attuazione almeno nel breve periodo.

Ricordiamo che la riconversione della centrale da sola permetterebbe di risparmiare il 5% di emissioni di Co2 su tutto il territorio regionale. Numeri impressionanti che però non sono sufficienti alla giunta Serracchiani per chiedere con forza il blocco dell’attività. Un dato che la dice lunga sulla volontà di anteporre la salute dei cittadini agli interessi dell’azienda.

Attenzione, inoltre, all’utilizzo delle biomasse che rendono moltissimo in termini economici alla A2a, una delle più importanti società italiane del settore. A2a che si appresta a diventare protagonista fondante delle “multiutility” del nord Italia che gestiscono servizi primari come acqua, rifiuti ed energia. Vista in quest’ottica la vecchia centrale di Monfalcone diventa oltremodo appetibile. Per parte nostra ci batteremo per impedire che l’azienda proponga anche a Monfalcone il prodotto “Ecoergite”, ovvero carbone misto a immondizie. L’obiettivo di A2a, infatti, potrebbe essere quello di cogliere due piccioni con una fava, magari anche con l’avvallo del Piano energetico regionale.

A tal proposito non possiamo però dimenticare che nella nostra regione è stata approvata una norma che non permette più il rilascio di autorizzazioni all’utilizzo come combustibile di Css o di rifiuti in impianti che non abbiano come attività principale il trattamento dei rifiuti. Il caso è proprio quello della centrale elettrica di Monfalcone. Ci auguriamo di non veder comparire dal nulla qualche deroga speciale.

Secondo A2a il “passaggio” verso le energie alternative non deve essere “traumatico”, ma qui non c’è nessun cambiamento in atto. Solo pochi mesi fa l’assessore Sara Vito sosteneva che la centrale andava chiusa perché Monfalcone e il territorio avevano già dato troppo. Parole al vento visto che la proprietà non ha nessuna intenzione di mettere mano alla riconversione e chiede addirittura il rinnovo dell’Aia nel 2017, anno in cui è prevista la scadenza. Sulla base della normativa attuale, la centrale dovrebbe ottenere il rinnovo per altri 16 anni, perché la norma prevede il rinnovo in questi termini per le realtà dotate di certificazione Emas. Questo significa che nel 2017 la Regione se ne laverà le mani, “accusando” il Ministero di aver rinnovato l’Aia nonostante le indicazioni del Piano energetico regionale prevedessero la conversione a gas. Se questo brutto sogno diventasse triste realtà, i cittadini del Monfalconese si troverebbero a respirare per altri 16 anni i fumi nocivi che escono dalla ciminiera della centrale, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

Noi del MoVimento 5 Stelle rimaniamo convinti che quella realtà debba essere chiusa. È troppo vicina al centro abitato e troppo obsoleta per portare un valore aggiunto al Friuli Venezia Giulia. Purtroppo chi governa la Regione, condizionato pesantemente dai soliti interessi economici, non vuole – o non è in grado di – andare fino in fondo. Basta carbone a Monfalcone e basta compromessi che puntano a salvare gli interessi degli imprenditori a discapito dei cittadini.

SOSTEGNO AL REDDITO: NON C’E’ TEMPO DA PERDERE!

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Lo ha detto anche l’assessore Telesca. È una delle prime volte che una legge (entrata in vigore il 16 luglio, votata in Aula a fine giugno e non luglio come si dice nel video che si può consultare a questo link http://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/notiziedallagiunta/&nm=20150918151327005 ) vedel’approvazione del Regolamento attuativo in così breve tempo.
Telesca ha affermato che c’erano 90 giorni di tempo dall’entrata in vigore. In realtà l’art. 10 ne prevede 60. Il termine, pertanto, era il 10 settembre.

Abbiamo concesso all’assessore una settimana di tempo per portare il testo in Giunta. Telesca sapeva bene, infatti, che non avremmo atteso oltre! E adesso ultimo passaggio in Commissione e partiamo con la sperimentazione.

DENUNCIA DEL M5S: 470 MILA EURO AI COMUNI CHE VANNO AD ELEZIONI IN PRIMAVERA

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«Non c’è niente da fare. Non riescono proprio a fare a meno delle poste puntuali. Sapete qual è il minimo comun denominatore fra Trieste, Moimacco, Palmanova, Latisana, Romans d’Isonzo, Erto e Casso e Dogna? Sono tutti comuni che vanno al voto nella prossima primavera. A queste amministrazioni la giunta Serracchiani ha deciso infatti di destinare ben 470 mila euro per la realizzazione “urgente” di opere pubbliche». La denuncia è dei portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale Ilaria Dal Zovo e Cristian Sergo dopo la presentazione in Commissione del disegno di legge n. 110 in materia di infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale, lavori pubblici ed edilizia.

«Più che disegno di legge “omnibus”, l’assessore Santoro avrebbe dovuto definire questo provvedimento “finanziamento destinato a tagli di nastri e bicchierate pre-elettorali” – attaccano i portavoce del M5S -. Tutti gli interventi dovevano essere inseriti nell’Assestamento di bilancio di luglio, o nella prossima Finanziaria. Invece, come ha sostenuto lo stesso assessore, si tratta di “modifiche molto puntuali a situazioni esistenti”. Interventi assolutamente “urgenti”, da realizzare in tempi brevi, per poter essere quindi presentati ai cittadini prima della prossima tornata elettorale. Fossero inseriti nella Finanziaria – aggiungono – prima di febbraio non sarebbero stati disponibili e quindi i lavori non sarebbero stati pronti per i “selfie” di rito!».

«Con tutto il rispetto nei confronti delle amministrazioni che otterranno queste importanti risorse economiche, crediamo che quasi ogni comune del Friuli Venezia Giulia presenti situazioni analoghe. La giunta Serracchiani dovrebbe spiegare, allora, il metodo utilizzato per prendere queste decisioni. È del tutto casuale che le uniche urgenze in Regione siano in comunità chiamate alle urne in primavera e nelle altre no?» chiedono in conclusione i due pentastellati.