Dopo la giusta decisione della giunta regionale di non voler concedere alcuna deroga per l’apertura dei negozi nel giorno di Pasquetta, così come avevamo sostenuto anche noi durante la recente audizione dei sindacati a Trieste, leggiamo già di grandi catene pronte a opporsi alla legge regionale tuttora in vigore.
In questi giorni c’è la solita confusione con addetti alle vendite e consumatori che si interrogano sull’apertura o meno dei negozi, soprattutto a Pasquetta. Come al solito spetta al MoVimento 5 Stelle fare chiarezza. Le multe che abbiamo sempre sollecitato e richiesto per i trasgressori anche in occasione delle festività natalizie, non sono l’unico deterrente contro chi volesse tenere aperto i negozi nelle prossime festività del Lunedì dell’Angelo e della Festa di Liberazione del 25 aprile, o peggio, durante la Festa dei Lavoratori del 1 maggio.
La legge regionale vigente infatti prevede che in caso di recidiva (ovvero “qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno solare, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione” ex art. 79 commi 2 e 3 della L.R. 29/2005), il “Comune dispone la sospensione dell’attività di vendita da sette a trenta giorni. Qualora l’attività venga svolta durante questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all’esercizio di attività senza la segnalazione certificata di inizio attività o senza la prescritta autorizzazione”. Per chi volesse tenere aperto anche durante la sospensione, oltre alla sanzione amministrativa suindicata, la legge prevede che il Comune disponga l’immediata chiusura dell’attività.
E’ vero che molti negozi hanno fatto ricorso avverso le sanzioni comminate dai comuni, ma è anche vero che se la Consulta dovesse confermare l’impianto della norma regionale, la contestata recidiva provocherebbe in automatico la sospensione dell’attività e qualora non si rispettasse nemmeno questa la chiusura della stessa.
Per frenare i bollenti spiriti della grande distribuzione, ci teniamo anche a ricordare la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 23730 del 22 novembre 2016 che ha ricordato come “a fronte della funzione politica legislativa (artt. 68, comma 1 e 122 comma 4 della Costituzione) non è ravvisabile un’ingiustizia che possa qualificare il danno in termini di illecito e arrivare a fondare il diritto al suo risarcimento”, ovvero non si può ipotizzare alcun risarcimento dei presunti danni “da chiusura”, anche se la Corte ravvisasse l’illegittimità costituzionale della legge regionale, per aver violato la potestà legislativa esclusiva statale.
I veri danneggiati dalla liberalizzazione degli orari e dei giorni d’apertura, rimangono gli addetti alle vendite ma anche i piccoli esercenti che non possono tenere i negozi aperti sette giorni su sette, dodici ore al giorno, vittime di quella concorrenza che, paradossalmente, il Decreto Salva Italia di Monti voleva tutelare: ecco perché l’abrogazione di questa legge è stata una delle prime nostre proposte presentate in Parlamento e sarà una delle prime ad essere modificata con il MoVimento 5 Stelle al governo del Paese.