RELAZIONE SU CONTRASTO DELLA DIPENDENZA DA GIOCO D’AZZARDO

Il fatto che il gioco d’azzardo, a differenza dell'assunzione di sostanze, sia un'attività socialmente accettata e percepita come un normale passatempo, provoca una sottostima del reale pericolo che rappresenta nella sua forma patologica.

legge sul contrasto all'azzardo

Gentili Presidente e Consiglieri,

Siamo qui oggi a discutere e spero ad approvare all’unanimità, la presente proposta di legge che intende adeguare la normativa regionale sull’azzardopatia, adottata nel 2014, ai recenti sviluppi conosciuti dagli studi del fenomeno e dalle normative adottate in altre regioni, al fine di rendere il più possibile efficace la prevenzione e il trattamento della patologia nel territorio regionale.
Il fatto che il gioco d’azzardo, a differenza dell’assunzione di sostanze, sia un’attività socialmente accettata e percepita come un normale passatempo, provoca una sottostima del reale pericolo che rappresenta nella sua forma patologica.

Così, in molte persone il piacere del gioco viene sostituito, quasi senza che se ne rendano conto, dalla perdita di controllo del gioco e del senso del limite, da un impulso incontrollabile, da una vera e propria forma di dipendenza che porta i giocatori alla rovina di sé stessi e delle proprie famiglie, arrivando a indebitarsi all’inverosimile, a commettere atti illeciti, a ricorrere all’usura, a perdere il posto di lavoro, talvolta a cadere in forme di disperazione tali da vedere nel suicidio l’unica soluzione possibile.
Da qui anche l’errore di utilizzare Il binomio gioco – azzardo: è un’associazione sbagliata e fuorviante.
Il gioco come espressione di svago, creatività e crescita è parola che rievoca un’attività ludica. L’azzardo non è un gioco perché non accresce il benessere psico-fisico né risponde ai valori educativi bensì crea dipendenza, porta all’isolamento ed espone a rischi.

Dal 1948 – quando venne nazionalizzata la schedina del totocalcio – a oggi, il mercato del gioco d’azzardo in Italia ha avuto un trend in continua espansione, determinato anche dalle decisioni politiche che hanno generato le manovre economiche: dai primi anni novanta del secolo scorso, infatti, non c’è stato anno in cui il Governo nazionale non abbia introdotto nuove offerte di gioco pubblico. Senza contare che, con la legalizzazione dei giochi on line, ora si può giocare in qualsiasi momento dal proprio personal computer o dal proprio smartphone.
Soprattutto a partire dagli ultimi anni, si può affermare, senza ombra di dubbio che si è passati dal gioco come fenomeno sociale (e, per alcuni aspetti, sommerso) all’istituzione di una vera e propria industria: 35 milioni di italiani coinvolti e una spesa complessiva che negli ultimi anni ha collocato l’Italia al primo posto in Europa e al quinto nel mondo tra i Paesi che giocano di più.

Così il gioco d’azzardo è diventato un pilastro dell’economia del nostro Paese, favorito dal progresso tecnologico, dalla globalizzazione, dalle tendenze sociali e anche dalla crisi economica ancora in corso che lo rende una un’illusoria quanto ingannevole ancora di salvezza per uscirne.

Ricordo che secondo i dati forniti dall’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane, “l’industria dell’azzardo” vale il 5,5% circa del PIL nazionale collocandosi al quarto posto fra le industrie italiane (dietro a Exor, Eni e Generali, prima di Enel).

Non si può non considerare che a tale fenomeno si connette anche l’infiltrazione mafiosa.
Le inchieste della Magistratura, di cui abbiamo ormai notizia quasi quotidiana, hanno messo in evidenza come questo fenomeno sia sempre più oggetto di interesse delle infiltrazioni delle grandi organizzazioni criminali e che esista un legame molto stretto tra l’azzardo e l’usura.

Nonostante l’art. 5 del D.L. n. 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi), abbia inserito a dimostrazione della gravità del fenomeno, le prestazioni di prevenzione sanitaria, cura e riabilitazione alle persone affette da ludopatia, (intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità ), nei ”livelli essenziali di assistenza” (c.d. L.E.A) attualmente, nel nostro ordinamento, vi è una frammentazione legislativa tale da ostacolare una normativa corretta del settore.

I dati pubblicati nel sito dell’Osservatorio per il contrasto e la diffusione del gioco d’azzardo (istituito presso il Ministero della Salute con decreto 24 giugno 2015), ci dicono che per quanto riguarda la diffusione del gioco d’azzardo e del GAP nella popolazione adulta italiana, circa 17 milioni di persone (42,9% della popolazione) hanno giocato almeno una volta somme di denaro. Di questi, meno del 15% ha un comportamento definibile “a basso rischio”, il 4% “a rischio moderato” e l’1,6% “problematico” (oltre 800.000 persone, prevalentemente di sesso maschile – rapporto M/F=9:1). Secondo la relazione annuale al Parlamento (Dipartimento Politiche Antidroga) 2015, il totale di pazienti in carico ai Servizi per GAP ammonta ad oltre 12.300 persone.

Ogni anno i danni socio-sanitari causati dall’azzardopatia sono pari a 6 miliardi di euro, mentre sono quasi 4 i miliardi di mancata IVA sui consumi di chi butta i propri risparmi tentando la sorte anziché acquistare beni di prima necessità.

Con le tragedie personali e familiari conseguenti a questi numeri, si misurano soprattutto le regioni e gli enti locali, che sopportano il peso maggiore delle ricadute sociosanitarie negative del gioco, e che sono da tempo impegnati in azioni volte a contrastare il fenomeno, attraverso gli strumenti loro consentiti dalla legge a confermare che il problema sociale costituito dall’azzardopatia è percepito in modo diffuso e trasversale nel territorio.

I Comuni, in particolare, da anni, chiedono alle istituzioni competenti, leggi che consentano loro e ai servizi socio sanitari di applicare misure in grado di porre un argine efficace al dilagare di una pratica i cui effetti stanno nuocendo gravemente a molte famiglie e minando la stabilità del tessuto sociale.

L’interessamento è da ricondursi nella potestà riconosciuta ai Comuni in materia di autorizzazione amministrativa del gioco d’azzardo e di vigilanza sui luoghi abiti ad esso, nonché alla vicinanza dell’amministrazione locale agli interessi della collettività, considerata anche nel sistema della c.d. sussidiarietà sancita nel Titolo V della Cost., che consente di far sì che siano i livelli di governo più bassi e più vicini alla comunità a percepire le nuove istanze di quest’ultima ed a cercare di darvi risposta.
Una prima forma di tutela in via amministrativa attivata contro l’azzardopatia è rappresentata dal ricorso, da parte dei sindaci delle amministrazioni comunali, ai poteri di ordinanza contingibili e urgenti di cui all’art. 54, comma 4, D.lgs. n. 267/2000 (c.d. T.U. degli enti locali).

Tale strumento ha rappresentato una prima forma di tutela contro l’azzardopatia utilizzato dalle amministrazioni locali. Purtroppo spesso strumento inefficace, infatti, il suo utilizzo confluisce in molti casi in declaratorie di illegittimità da parte del giudice amministrativo. (Vedi le recenti sentenze TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 28 aprile 2017 n. 155 TAR TOSCANA, SEZ. II – sentenza 17 marzo 2017 n. 396 che hanno dichiarato l’illegittimità delle ordinanze sindacali che riducevano notevolmente gli orari di apertura degli esercizi dedicati al gioco per difetto di motivazione)
E ancora, la Corte costituzionale, ha osservato che in base agli artt. 23 e 97 Cost. gli atti amministrativi che incidono sulla libertà dei consociati, imponendo ad essi obblighi o divieti, debbono ordinariamente avere una base legislativa, che indichi in maniera puntuale il presupposto fattuale cui è subordinato l’esercizio del potere e che predefinisca il contenuto del provvedimento per fronteggiare la situazione creatasi.

Pertanto, anche nel caso di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti che operano restrittivamente nei confronti di operatori economici (incidendo sugli orari e/o sulle modalità di svolgimento delle attività commerciali), l’amministrazione comunale non può astenersi dal dimostrare l’esistenza concreta di gravi e imminenti fenomeni pregiudizievoli per la collettività di riferimento.
Nonostante quindi l’estrema necessità di interventi a livello statale, Governo e Parlamento si sono dimostrati, ad oggi, per lo più inerti nella battaglia contro il gioco d’azzardo patologico.

Io ritengo viceversa che senza un intervento legislativo efficace a livello nazionale il contrasto a questo fenomeno che è fonte di malattia, disabilità fisica, psichica e sociale, nonché di rischio suicidario, non può essere efficacemente contenuto.

E’ indispensabile che in Italia venga approvata al più presto una norma sui temi più urgenti per il contrasto del gioco d’azzardo che preveda, tra l’altro: il divieto assoluto di pubblicità dell’azzardo in ogni sua forma e con ogni mezzo, che riconosca i poteri regolamentari dei Comuni e delle amministrazioni regionali anche per il gioco d’azzardo. Ricordo che su entrambi questi argomenti la nostra regione si è impegnata ad attivarsi, accogliendo all’unanimità delle mozioni da noi proposte. E’ necessario inoltre che lo Stato realizzi un’effettiva riduzione dell’offerta del gioco d’azzardo che impedisca l’infiltrazione delle mafie, l’evasione fiscale e garantisca la tranciabilità dei flussi finanziari.

E’ in questo contesto che nasce la consapevolezza e l’impellenza di disciplinare meglio la materia almeno a livello di regionale.

Segnalo, infatti, che sin dall’approvazione della legge regionale 1 del 2014 per il contrasto al gioco d’azzardo patologico in Friuli Venezia Giulia, il legislatore regionale si è reso conto che, senza una più stringente azione supportata da scelte legislative coraggiose e rigorose, la disciplina appena varata rischiava di rimanere inefficace.
A queste conclusioni è giunto anche il lavoro effettuato dal Comitato per la legislazione, valutazione e controllo che in sede di esame della documentazione prodotta dall’esecutivo per rispondere alla clausola valutativa, ha fatto emergere le criticità della legge regionale n. 1/2014 e la consapevolezza che andava modificata con proposte di regolamentazione più stringenti per far fronte in modo adeguato ai drammi del gioco, per meglio organizzare formazione e prevenzione, per catalizzare l’impegno di tanti soggetti che – a livello regionale e locale – si mobilitano per gli stessi fini .

Si è giunti quindi alla presente proposta di legge che è frutto dell’analisi congiunta dello stralcio n. 129-03 e della proposta di legge 174 d’iniziativa consiliare del M5S e della PDL n.93 d’iniziativa della consigliera Piccin.

Un comitato ristretto ha fatto propri i contenuti dei 3 provvedimenti, per la loro completezza sul tema.

Inoltre, nel corso delle audizioni che si sono succedute in seno al comitato ristretto e in III commissione, è stato fornito un quadro ben visibile delle conseguenze drammatiche e degli alti costi sociali che il suddetto fenomeno provoca e quindi molte istanze sono state recepite e successivamente declinate in disposizioni normative. Tutto ciò ha consentito di presentare un testo unificato e condiviso di riordino delle norme vigenti per la prevenzione, il trattamento e il contrasto della dipendenza dall’azzardo che da un lato vuole rappresentare la risposta regionale per la tutela, cura e prevenzione della salute degli individui ma che dall’altro, ritengo rappresenti solo un buon punto di partenza di una più ampia, concreta e articolata discussione sul tema che deve necessariamente essere stimolata a livello nazionale.

Nel particolare, in 7 articoli si va a modificare, rendendola più efficace, la legge regionale attualmente in vigore, la n.1 del 2014.

Si comincia con intensificare l’articolo 2 della 1/2014 parlando non solo di gioco d’azzardo patologico ma anche di disturbo da gioco d’azzardo, e introducendo specifiche alle definizioni di sala da gioco, sala scommesse, luoghi sensibili (ad esempio si introducono quelli di aggregazione per anziani piuttosto che gli sportelli bancomat), installazione di apparecchi, concessionario, vetustà o guasto dell’apparecchio.

Con l’articolo 2 si modifica l’articolo 5 della LR 1/2014 e si va ad incidere sulle competenze della Regione impegnandola a collaborare anche con le associazioni degli esercenti, le Camere di commercio e le associazioni del terzo settore, per promuovere un codice etico di autoregolamentazione che responsabilizzi i gestori che saranno tenuti a dare informazioni sulle probabilità reali di vincita e un test di verifica per una rapida valutazione del rischio di dipendenza. Non da ultimo, si vieta qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco, l’oscuramento delle vetrine, nonché la concessione di spazi pubblicitari compresi nei siti Internet delle istituzioni pubbliche della Regione.
Un altro aspetto fondamentale riguarda l’accesso ai finanziamenti regionali. Un esercente che vorrà ottenere un finanziamento, infatti, non potrà ospitare nei suoi locali le slot machine. Un requisito essenziale, già attuato dalla Regione Piemonte e che si è deciso di inserire in questa proposta di legge quale segnale forte nella battaglia contro il gioco d’azzardo patologico.

Le competenze dei Comuni, vengono esplicitate nell’articolo 3 (che sostituisce l’art. 6 della LR 1/2014).
Si ribadisce il divieto di installazione di macchinette da gioco e la raccolta di scommesse entro la distanza di 500 metri da un luogo sensibile, precetto già presente nella legge del 2014, ma non appena questo testo diventerà legge del Friuli Venezia Giulia, sarà applicato anche alle sale giochi, sale scommesse e bar già in esercizio che ospitano delle slot. Le stesse avranno al massimo 5 anni di tempo per spostarsi a una distanza di 500 metri da quelli che vengono definiti luoghi sensibili, ovvero da istituti scolastici, centri professionali, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali sociosanitarie, luoghi di aggregazione giovanile e per anziani, biblioteche, ricreatori, oratori, istituti di credito e bancomat, esercizi di compravendita di oggetti preziosi e oro usati e stazioni ferroviarie e ogni altro luogo che i Comuni individueranno come sensibile. In buona sostanza si ridurrà drasticamente l’offerta del gioco d’azzardo nei centri urbani.

Ogni installazione di apparecchi per il gioco lecito dovrà essere comunicata al Comune attraverso lo Sportello unico per le attività produttive (Suap) entro 10 giorni. I Comuni possono individuare gli orari di apertura delle sale e la relativa eventuale sanzione amministrativa.

Si introduce un articolo ex novo, l’8 bis, con cui l’aliquota dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) sarà maggiorata per sempre dello 0,92% a quegli esercizi pubblici, commerciali e circoli privati (sono escluse le scommesse) che hanno installato apparecchi per il gioco, mentre sarà ridotta, per tre esercizi commerciali e sempre dello 0,92%, a quelli che li toglieranno volontariamente.

Modificate in parte anche le sanzioni pecuniarie dell’articolo 9, prevedendo il loro raddoppio in caso di reiterazione delle violazioni, sino ad arrivare alla sospensione dell’esercizio dell’attività da 10 a 60 giorni.

Si riscrive la clausola valutativa della norma del 2014 articolandola meglio. Da ultimo, si prevedono disposizioni finali e transitorie nelle more dell’entrata in vigore delle modifiche alla legge e in sede della loro prima applicazione.

Riteniamo che il legislatore regionale in questo caso abbia raccolto una “scommessa responsabile” affrontando con serietà questo tema e ribadendo il suo impegno a contrastare, con gli strumenti a disposizione, la diffusione dell’azzardo affinché venga riconosciuta a Comuni e Regioni la piena sovranità nella ulteriore limitazione dell’offerta di azzardo sul territorio.

Il mio auspicio è che il governo Gentiloni o quello che a lui succederà, non renda inutile questo provvedimento, adottando una legge nazionale che continui a favorire le lobby del gioco d’azzardo ma che finalmente intraprenda azioni di reale contrasto a questo devastante fenomeno sociale per la tutela del diritto alla salute, come garantita dall’articolo 32 della Costituzione («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»),

Grazie