DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RISORSE AGRICOLE, FORESTALI E ITTICHE E DI ATTIVITÀ VENATORIA – RELAZIONE DEL M5S

Presidente, Consigliere, Consiglieri,

Prima di entrare nel merito del provvedimento, lasciatemi dire che il titolo di questa legge non ne rappresenta il contenuto. Sarò molto chiara: questa legge dovrebbe essere rubricata “Minime disposizioni in materia di risorse agricole, forestali e ittiche, e massiccia riforma dell’attività venatoria”.

Sui temi delle risorse agricole, forestali e ittiche infatti, quelle presentate in questa legge sono mere norme di manutenzione: testimonianza ne è anche il fatto che sono state presentate davvero poche osservazioni da parte dei portatori di interesse intervenuti alle audizioni. In realtà, le osservazioni presentate riguardavano per lo più il Capo I del Titolo I, stralciato dallo stesso assessore proponente con riserva di presentazione nel prossimo assestamento di bilancio a luglio.

Per il resto le norme in materia di agricoltura sono interventi di carattere finanziario che ben potevano essere presentati in sede di assestamento di bilancio, ma così facendo non si sarebbe potuta introdurre la mini rivoluzione lampo e oltretutto davanti ad una Commissione consiliare diversa.

Sui temi della caccia infatti, gli interventi sono molto più corposi e invasivi. Come detto in occasione della discussione sul ddl 218 in commissione, pur comprendendo le ragioni manutentive dell’ordinamento e il recepimento di norme sovraordinate, si assiste per l’ennesima volta ad una soluzione tampone, non organica e non sistematica che sicuramente porterà nuovi problemi anziché risolvere quelli attuali o quantomeno semplificare la vita di cittadini e operatori.

La ragione principale di approvare questa norma era, a detta dell’assessore, quella di sanare la sentenza della corte costituzionale n°165 del 2009. Ma ovviamente, come naturale visto che è prerogativa dei consiglieri regionali proporre emendamenti, sono arrivati e passati degli emendamenti che nulla hanno a che fare con la sentenza della Consulta; si tratta di emendamenti atti ad ampliare ancora di più l’autonomia dei cacciatori e a depotenziare i già esigui compiti di pianificazione, controllo e vigilanza della Regione a tutela del patrimonio pubblico “fauna selvatica”.

Come detto in commissione, riteniamo che questo non sia il modo giusto di lavorare e siamo quasi certi che ampie porzioni di questa norma saranno oggetto di impugnazioni e di interventi della Corte Costituzionale. Riteniamo un paradosso il voler modificare una norma con il dichiarato intento di sanare gli obblighi derivanti da una sentenza di incostituzionalità per far passare alcune modifiche che rendono la novella stessa incostituzionale. Ribadiamo ancora che, a nostro avviso, compito dell’amministrazione regionale deve essere quello di far sedere al tavolo gli attori coinvolti – corpo forestale, cacciatori, associazioni ambientaliste, uffici che si occupano di tematiche di protezione della fauna, di biodiversità e di attività venatoria, consiglieri regionali – affinché attraverso un comitato ristretto o una sottocommissione senza pregiudizi e preclusioni mettano in campo una vera riforma organica su questa materia.

Non secondario, si ribadisce che la competenza sulla caccia è in capo alla IV Commissione, non alla II, che quindi si è trovata a lavorare su una materia non di sua competenza.

Analizzando quindi l’intervento residuale sulle risorse agricole è possibile evidenziare i seguenti aspetti:
 -ritardi di Agea, l’emendamento presentato dalla Giunta prevede che – in analogia a quanto previsto dalla legge – ai GAL vengano anticipate risorse per il pagamento della misura 19.1 del PSR. In difformità a quanto avviene per i privati invece, ai Gal non viene richiesto che la restituzione avvenga comunque entro il 31 12 2017. Questo significa che non ci fidiamo del fatto che Agea possa pagare per questa misura entro la fine dell’anno? In Commissione abbiamo ottenuto rassicurazioni sul fatto che l’ente pagatore dovrebbe iniziare l’erogazione dei fondi ai privati agricoltori della nostra Regione in questi giorni ed entro la fine di luglio dovrebbe porre fine ai cronici ritardi con cui sono state pagate le misure. Ma il fatto che per i Gal non sia prevista la restituzione di questi fondi entro l’anno, ci porta a pensare che dei ritardi di Agea torneremo a parlare da qui a pochi mesi.
 -l’articolo 21 modifica la legge regionale 25/1996 e disciplina che nel caso degli agriturismi il vincolo di destinazione sia portato da 10 a 5 anni. Una simile misura viene presa anche per il vincolo di destinazione d’uso dei beni immobili oggetti di investimento finanziati da alcune misure del PSR. Va qui ricordata la scelta della Giunta di abbassare i vincoli da 5 a 3 anni per le imprese artigiane e industriali beneficiarie di contributi regionali introdotto anche con la Legge Rilancimpresa 3/2015. La disparità di visione è evidente. Un Agriturismo e un’impresa agricola devono mantenere la destinazione per 5 anni (e pur capendo la ratio dell’abbassamento del vincolo rimangono alcune perplessità sulla scelta), mentre un’industria o un’impresa artigiana dopo 3 anni può delocalizzare pur avendo beneficiato degli incentivi e dei contributi regionali. Una cosa assurda se pensiamo che nel secondo caso ci sono in gioco la vita di migliaia di persone.

Entrando nel merito del vero oggetto del ddl – le norme sulla caccia, come detto – riteniamo che siano inaccettabili le norme che ampliano l’attività, le competenze e gli interventi dei cacciatori senza una revisione organica del sistema vigente. Nel dettaglio:

¾ Gli articoli 58-66 prevedono la concessione di contributi per la realizzazione di centri di lavorazione della selvaggina. L’obiettivo nobile di queste norme è quella di contrastare il bracconaggio – attività illecita che purtroppo viene ampiamente praticata anche nella nostra regione – dando la possibilità ai cacciatori di commercializzare la carne degli animali che abbattono in maniera sicura e controllata. Condividiamo appieno l’obiettivo: ricordo che nel 2015 abbiamo presentato la mozione n. 152 chiedendo alla Giunta regionale di impegnarsi su due fronti: da una parte, chiedevamo di attuare con urgenza quanto previsto dalle norme regionali e dai regolamenti comunitari in materia di monitoraggio sanitario, lavorazione e controllo delle carni di selvaggina; dall’altra chiedevamo di aumentare la vigilanza sul bracconaggio e sulla commercializzazione illecita di carni di selvaggina. Ciò che non ci convince per nulla della proposta in discussione sono le modalità di attuazione del contrasto al bracconaggio – attraverso la concessione di risorse pubbliche a investitori privati. Crediamo che il numero di cacciatori che si rivolgeranno a questi macelli sarà certamente basso per almeno due motivi: di certo le lavorazioni dei capi portati dai cacciatori stessi a ditte private non saranno a costi contenuti, e resta irrisolto il problema di coprire le distanze tra il luogo dell’abbattimento e il macello stesso.
¾ L’articolo 70 che si occupa di fauna selvatica migratoria, con l’approvazione in commissione dell’emendamento 67ante1, consente di uccidere fino a 25 colombacci per giornata di caccia. L’emendamento modifica il calendario venatorio: ciò – e siamo sicuri ne siate perfettamente consapevoli – costituisce un fatto estremamente importante e sarà molto probabilmente oggetto di ricorso da parte dello Stato. Non serve ricordare che la Corte Costituzionale si è infatti già espressa più volte – anche nei confronti di regioni a statuto speciale – sancendo l’obbligatorietà del parere dell’ISPRA sugli atti di pianificazione venatoria e l’illegittimità dell’utilizzo dello strumento “legge” in luogo dell’atto amministrativo per l’articolazione dei calendari venatori.
¾ L’articolo 75 inserisce la previsione che il Piano Faunistico Regionale (PFR) possa essere modificato in alcune parti attraverso una delibera di Giunta Regionale per – così di dice – rendere il PFR più dinamico ed adattabile al contesto del momento. Che cosa di deduce dal fatto che la Giunta rimoduli i PFR? Che i Piani Venatori Distrettuali o addirittura gli atti di pianificazione delle Riserve di caccia approvati non rispecchiano le previsioni del PFR e dunque si ricorre a questa modifica per sanare la situazione? Speriamo di no. In ogni caso, pare del tutto illegittimo prevedere che una semplice delibera della Giunta possa modificare un atto soggetto a Valutazione Ambientale Strategica, Valutazione di Incidenza Ambientale e parere obbligatorio dell’ISPRA.
¾ L’articolo 76 inserisce ex novo la previsione di pagare i danni prodotti dalla specie “sciacallo dorato” utilizzando il fondo dedicato ai grandi carnivori. Si tratta di una misura finalizzata a proteggere la specie – inserita dalla L. 157/92 tra quelle a particolare protezione – da possibili atti di bracconaggio da parte di soggetti che subiscono predazioni.
L’articolo 77 – introdotto in commissione con l’emendamento 70bis2 – prevede di dare la possibilità ai cacciatori di sopprimere gli ungulati feriti a seguito di incidente stradale. A nostro avviso, la formulazione dell’articolato introdotto lascia enormi dubbi di legittimità per almeno due motivi: il primo, la licenza di caccia consente al cacciatore l’utilizzo delle armi e l’impossessamento del patrimonio pubblico “fauna selvatica” solo ed esclusivamente in conformità ai principi della L. 157/92 e nelle modalità di tempo di luogo indicate dalla stessa norma. Nel caso in questione è evidente che quello che si vuole trattare non rientra in alcun modo nell’esercizio dell’attività venatoria. Si affidano al cacciatore valutazioni e funzioni tipiche del medico veterinario (“…qualora riportino lesioni tali da non poter essere riabilitati o rilasciati in natura …”) e addirittura dell’agente o ufficiale di pubblica sicurezza (“…e per motivazioni di pubblica sicurezza …). Il comma 7 quater introdotto vorrebbe poi che l’animale così abbattuto, pur non trattandosi evidentemente di legittimo atto di caccia, divenisse addirittura proprietà di una associazione privata, ossia della Riserva di Caccia in cui è avvenuto l’investimento. Quasi a significare che nel Friuli Venezia Giulia la fauna selvatica non sia come definita dalla Legge “patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della Comunità Nazionale ed Internazionale” ma bene disponibile di proprietà della riserva di caccia in cui si trova in quel momento. Il secondo, questa previsione è contraria a quanto contenuto all’interno della norma nazionale. L’Articolo 21 della norma nazionale mette ben in luce i comportamenti e le distanze alle quali si deve attenere un cacciatore, per non incorrere in violazioni del codice penale e civile. Le ricordiamo:
· Distanze dalle case: la caccia è vietata per una distanza di 100 metri da case, fabbriche, edifici adibiti a posto di lavoro. E’ vietato sparare in direzione degli stessi da distanza inferiore di 150 metri;
· Distanze da strade e ferrovie: la caccia è vietata per una distanza di 50 metri dalle strade (comprese quelle comunali non asfaltate) e dalle ferrovie. E’ vietato sparare in direzione di esse da distanza inferiore a 150 metri;
· Distanze da mezzi agricoli. La caccia è vietata a una distanza inferiore di 100 metri da macchine agricole in funzione;
· Distanze da animali domestici. La caccia nei fondi con presenza di bestiame è consentita solo ad una distanza superiore a metri 100 dalla mandria, dal gregge o dal branco.
· Disturbo delle persone: l’articolo 659 del codice penale “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” punisce chi con rumori molesti disturba le occupazioni o il riposo delle persone.
Spari nei pressi delle abitazioni;
· L’art. 703 del codice penale “Accensioni ed esplosioni pericolose” punisce penalmente chi in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara con armi da fuoco.
Oltre che illegittima, riteniamo questa previsione altamente pericolosa, e – lo sottolineammo una volta ancora – non perché ce l’abbiamo con i cacciatori, ma perché è una previsione che mette in pericolo il cacciatore stesso. Se per nefasta casualità un proiettile dovesse rimbalzare e colpire accidentalmente il proprietario della macchina o qualcun altro, metterebbe il cacciatore nelle condizioni di dover rispondere penalmente dell’accaduto.
¾ Stesso discorso fatto per il PFR, vale anche per l’articolo 78 riguardante i PVD: abbiamo dato contributi regionali per fare la programmazione richiesta dalla legge regionale stessa e ora, prevedere la modifica di alcune parti con delibera di giunta, non ci fa che pensare che le previsioni contenute nei pvd, non siano coerenti con il piano faunistico. Il tutto, ovviamente, sempre senza il parere dell’unico organismo che dovrebbe dire qualcosa, l’ISPRA.
¾ L’articolo 73 introduce deroghe alle riserve di caccia per favorire l’abbattimento dei cinghiali. A nostro avviso, se effettivamente sussiste un problema di sovrappopolazione di cinghiale, deve essere l’amministrazione pubblica – il corpo forestale – a gestire il rilascio dei permessi in deroga e a coordinare gli interventi avvalendosi dei cacciatori formati, anche sostituendosi alle riserve. Per questo, abbiamo presentato un emendamento.
¾ L’ articolo 92- introdotto in commissione con l’emendamento 73bis1.1 – prevede la diminuzione dei controlli di correttezza dell’operato dei cacciatori da parte dell’organo che eroga le sanzioni, inserendo la previsione che il tesserino possa essere controllato solo durante l’attività venatoria. Assurdo, veramente assurdo che un ente pubblico titolare di un organo di vigilanza, quale il corpo forestale regionale, continui, ogni volta che gli si presenta la possibilità, a depotenziare il proprio organo. Il tesserino di caccia è uno degli atti con la quale il corpo forestale può attuare la vigilanza e inserire questa previsione, ci lascia veramente basiti e sconcertati!
¾ L’articolo 102 – introdotto con l’emendamento 77bis1 – prevede che si possano vendere fino a 5 ungulati (rispetto a un solo capo attualmente previsto) e fino a 100 capi di selvaggina di penna e/o lagomorfi. Assurdo anche questo perché tende a trasformare il cacciatore in una figura diversa: imprenditore/commerciante (Magari in nero..? Detto da chi dovrebbe fare norme per combattere l’evasione o prevenirla!). Non serviva nemmeno fare la norma sui macelli: facendo un rapido calcolo, se tutti i cacciatori utilizzassero questa nuova disposizione, dato che ci sono 8000 cacciatori in Friuli Venezia Giulia, potremmo avere la vendita fino a 40.000 capi.

Rimangono ancora in piedi alcune questioni, sollevate con degli emendamenti ritirati per essere ripresentati in aula, ma che meritano di essere ricordati in questa relazione:
– l’emendamento 48bis 1: Si tratta di una ennesima deroga che si vorrebbe introdurre. Viene cancellato l’iter autorizzativo per il transito fuoristrada dei mezzi dei cacciatori nei territori soggetti a vincolo idrogeologico, nelle aree protette oppure le strade di viabilità forestale, come ora avviene per i mezzi di soccorso, i disabili o per il raggiungimento del fondo da parte dei titolari. La cancellazione dell’autorizzazione elimina le possibilità di impartire limitazioni, prescrizioni o di diniego motivato da parte dell’ente locale. Oltre alla evidente sproporzione di questo diritto che viene dato al cacciatore rispetto ad altre categorie di cittadini, va ricordato al Consiglio Regionale che l’accesso ai mezzi fuoristrada delle aree agro-silvo-pastorali è una delle condizioni predisponenti del fenomeno del bracconaggio. E’ inoltre noto che le marmitte catalitiche possono facilmente incendiare l’erba secca. Tale nuova facoltà, unita all’evidente cambiamento climatico, probabilmente non è in linea con la tutela dell’ambiente e la prevenzione degli incendi boschivi.
– l’emendamento 67ante2: lo definiremmo delirante. In sostanza si concede sempre in deroga e sempre senza il parere dell’ISPRA, di ampliare il lasso di tempo (sia giorni che ore) per la caccia al cinghiale, cervo e capriolo. Per il cinghiale classe 0, 365 giorni all’anno da 2 ore prima del sorgere del sole a 4 ore dopo il tramonto (d’estate praticamente per quasi tutta la notte); per il capriolo da 2 ore prima del sorgere del sole a 2 ore dopo. In spregio a ogni regola di sicurezza, convivenza e di non disturbo della quiete pubblica, noncuranti dei rischi e dei danni (paura, agitazione, etc) che si procureranno alle stesse specie e anche ad altre specie animali che a quell’ora tendenzialmente o cacciano o dormono. Si ricorda al Consiglio Regionale che – come ribadito anche dalla Cassazione -l’utilizzo a caccia di fari, visori notturni o altri mezzi di intensificazione della luce costituisce violazione penale. Dunque, si vorrebbe far credere che è possibile effettuare in sicurezza e coerenza con la legge la caccia di selezione – che, ricordiamolo, implica la valutazione della specie, del sesso e dell’età – in piena oscurità?
Anche in questo caso abbiamo comunque motivo di credere che l’articolo, qualora approvato, sarà oggetto di impugnazione.
– L’emendamento 67bis1 sugli appostamenti “temporanei”, vorrebbe sostanzialmente renderli tutti definitivi e non soggetti ad alcuna pianificazione ed autorizzazione. Si tratta di una previsione palesemente illegittima, in quanto in contrasto con la definizione stessa di appostamento temporaneo, che non deve comportare “ alcuna modifica del sito” .

Ci sarebbero ancora tante cose da dire, ma credo che abbiamo riassunto le innovazioni più discutibili contenute in questa omnibus, se così volete ancora chiamarla. Questo non è un esempio di rettitudine, non è un esempio di buona gestione della cosa pubblica e non è un esempio di rispetto verso alcuni portatori di interesse e verso i cittadini di questa Regione. Una cosa grave affermata dall’assessore in aula, ovvero che 8000 persone influenzano il consiglio regionale, perché quelli sparano. Beh assessore, non credo sia un bel segnale da dare là fuori, a quella parte di cittadini, che chiedono regole più stringenti o quantomeno maggiore sicurezza per tutti (cacciatori compresi). Con questa legge, avete di certo proposto il peggio e speriamo che in aula, non si tocchi proprio il fondo.