
“Dobbiamo pensare, ragionare e comportarci come se non fossero già trascorsi 80 anni da quella giornata campale. Dobbiamo infatti continuare a ricordare, a soffrire e a imparare, giorno dopo giorno e ora dopo ora, come se fosse ancora il 27 gennaio del 1945. Affinché il Giorno della Memoria significhi realmente ‘mai più’, ma voglia dire anche che tutti, ma proprio tutti, abbiano compreso realmente il significato di simili disumane brutalità”.
Lo rimarca, attraverso una nota stampa, la consigliera regionale Rosaria Capozzi (MoVimento 5 Stelle) che, partendo proprio dalla data scelta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare le vittime dell’Olocausto attraverso l’anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine della Shoah, chiede che “questa giornata, insieme a tutte quelle che si ripeteranno nell’arco di una settimana doverosamente dedicata alle vittime di un’atroce persecuzione, si riveli per tutti un concreto motivo di riflessione”.
“Quando, il 27 gennaio del 1945, le truppe dell’Armata avevano fatto il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz – aggiunge l’esponente pentastellata – avevano in qualche modo arrecato un durissimo colpo alla cultura dello sterminio di quell’epoca e alle persecuzioni legate a inaccettabili e immorali motivazioni etniche, sessuali, religiose, politiche e militari”.
“Ben vengano, dunque, le bandiere a mezz’asta, insieme ai cortei e alle corone d’alloro, agli incontri e alle ricostruzioni storiche. Tuttavia, questo spirito di partecipazione e di commozione – precisa Capozzi – deve rimanere convintamente lo stesso per tutti i mesi e le settimane dell’anno”.
“L’attuale periodo storico – sottolinea la rappresentante del M5S – non ci consente certamente di archiviare quelle terribili fasi della nostra storia come semplici eventi di un passato che non potrà più ripetersi. Dobbiamo ancora dimostrare nel concreto che, all’enorme evoluzione tecnologica, nell’arco di 80 anni ha fatto seguito una ancor più preziosa evoluzione umana, morale e intellettuale. E, troppo spesso, non ci stiamo riuscendo…”.
“Il Friuli Venezia Giulia e le sue genti ebbero modo di pagare duramente lo scotto di quella follia e proprio dai suoi luoghi di dolore, da Visco e Gonars fino a Trieste, prosegua un fermo rifiuto nei confronti delle ideologie repressive e sanguinarie. All’educazione delle giovani generazioni – conclude Capozzi – faccia perciò eco anche una definitiva presa di coscienza di quelle meno giovani, poste oggi più che mai davanti alle strazianti memorie di coloro che patirono le conseguenze di una cieca e inutile violenza”.