“Ho aderito con convinzione alla staffetta di digiuno lanciato dal garante dei detenuti di Udine, perché la realtà carceraria merita attenzione e soluzioni e oggi partecipo alla Maratona oratoria per fermare i suicidi in carcere. Chi sconta una pena detentiva non può essere considerato un reietto della società, vanno garantiti diritti perché le condizioni in cui versano le nostre carceri fanno venir meno il fine primario che è quello rieducativo della pena. Basti pensare al carcere di Udine che ospita 149 persone a fronte di 89 posti disponibili, con un tasso di sovraffollamento che ha raggiunto il 179%, tematica su cui l’Italia è stata recentemente ripresa anche dal Consiglio d’Europa”. A dirlo è la consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle Rosaria Capozzi che ha partecipato a Udine alla Maratona Oratoria dell’Unione Camere Penali Italiane.
“Il disagio psichico e l’uso di psicofarmaci portano a molti suicidi che avvengono poco dopo l’ingresso negli istituti di pena, a causa dell’impatto con situazioni spaventose, oppure poco prima della scarcerazione. Questo ci dice molto circa l’assenza di prospettive delle persone in procinto di riacquistare la libertà, perché versano in solitudine, senza lavoro, talvolta senza nemmeno una casa dove andare. Lo spavento per quello che li aspetta fuori dal carcere può spingere al suicidio, perché il carcere non ha assolto al suo compito”.
“Al contrario di quanto non faccia il DDL Sicurezza del Governo Meloni, Vi è la necessità di approvare, nell’immediato, provvedimenti utili per ridurre notevolmente la popolazione carceraria e non per aumentarla ulteriormente. A questi si devono aggiungere riforme che passino per una maggiore attenzione sul tema della salute mentale, concedere misure alternative alla detenzione, si deve riflettere sul loro corretto reinserimento nella società attraverso soluzioni come percorsi di formazione professionale”.
“La funzione rieducativa non può essere ridotta a una mera enunciazione, riprendendo le parole del Magistrato Alessandro Margara autore della riforma dell’ordinamento penitenziario tra le più avanzate d’Europa, il carcere – conclude Capozzi – crea innocenza, trasformando anche il colpevole in vittima: e lo fa con la sua sordità alla storia delle persone, ai loro bisogni, alle loro situazioni personali e familiari”.