“Inaccettabile l’accusa di malafede da parte del capogruppo della Lega, Mauro Bordin, nei nostri confronti”. Così il Gruppo consiliare del MoVimento 5 Stelle replica alle parole dell’esponente leghista. “Bordin evidentemente non ricorda quando ha dichiarato in aula che la mascherina non serve a nulla, mentre anche ieri nella riunione con i capigruppo il suo stesso presidente ha veicolato un messaggio ben diverso – aggiungono i consiglieri M5S -. Il capogruppo dovrebbe sapere che i provvedimenti vengono resi pubblici solo dopo la loro approvazione: accade a livello nazionale come nella nostra regione”.
“Come ha sottolineato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, le Regioni partecipano alla cabina di regia che monitora i dati sul contagio da mesi e quindi hanno partecipato al processo che ci ha portato fino a qui – sottolinea il Gruppo pentastellato -. Conoscono i parametri presi in considerazione, conoscono il percorso e comunicano i dati al Ministero. Non basta solo l’indice Rt come parametro. Ce ne sono molti altri come ad esempio il tasso di risposta degli ospedali o la capacità di tracciamento. Per questo Fedriga avrebbe dovuto sapere da sé che la nostra regione, grazie anche al lavoro virtuoso fatto dalla regione e ai fondi statali messi subito a disposizione, non poteva ricadere in zona arancione o rossa’”.
“Invitiamo il capogruppo Bordin, se proprio è interessato a chi rilascia dichiarazioni in malafede – rimarcano gli esponenti del MoVimento 5 Stelle – a riflettere su alcuni post e commenti scritti sui social media da un ex consigliere regionale, ora dipendente del Consiglio, secondo il quale la scelta dei ‘colori’ delle Regioni sia stata affidata più alla camorra che agli enti preposti. Segnaleremo l’accaduto al presidente Zanin per valutare se ci siano gli estremi per un intervento disciplinare”.
“Per quanto ci riguarda, la malafede proprio non ci appartiene – conclude la nota del MoVimento 5 Stelle -. Abbiamo semplicemente rilevato come in un momento come questo non si perda occasione di recriminare ogni cosa venga fatta a livello nazionale. Esprimere dissenso, dicendo anche ciò che non va, rientra nella normalità della dialettica politica e deve essere fatto. Dare un segnale ai cittadini di non unità e di dittatura dall’alto è invece una strumentalizzazione”.