L’esercizio finanziario 2016 della nostra Regione si adegua alle disposizioni del decreto legislativo 118/2011, e successive attuazioni, sull’armonizzazione del bilancio. Tanto ne abbiamo parlato negli anni passati fino ad arrivare oggi alla sua prima applicazione. Molto è cambiato, ci troviamo di fronte ad una manovra finanziaria che si compone di più documenti finanziari, e con schemi differenti. Rispetto agli altri anni abbiamo notato che le disponibilità finanziarie per il 2016 sono lievemente superiori al 2015 con un totale di stanziamenti pari a 3,7 miliardi che al netto delle spese di funzionamento risultano essere 3,4 miliardi. Anche per questo l’assessore Peroni ha dichiarato che questa si potrebbe finalmente chiamare la manovra finanziaria delle certezze. Ne prendiamo atto ma constatiamo anche che l’entusiasmo per la ‘fine della crisi’ termina con il 2016 e per gli anni successivi non ci si azzarda a prendere in considerazione la tanto sbandierata crescita confermando addirittura cifre inferiori come entrate tributarie. E’ quindi finita la crisi? In effetti fino ad ora abbiamo solo la certezza di aver perso 1200 imprese. Secondo l’ultima indagine congiunturale di Unioncamere Fvg, in regione, a fine settembre, è stato registrato un calo di imprese attive, rispetto allo stesso periodo del 2014, pari a -1,17%. Continuano a calare le imprese della manifattura (-1,7% rispetto al 30 settembre 2014), quelle del commercio (-1,3%), le imprese dell’edilizia (-1,9%), quelle dei trasporti (-3,1%). E non sono certo rassicuranti i dati sulla disoccupazione nella nostra Regione atteso che il dato relativo al secondo trimestre (ultimo disponibile) attesta il tasso di disoccupazione all’ 8,46% contro il 7,09% dell’anno precedente. I miracoli del Jobs Act in Friuli Venezia Giulia li vedono solo gli imprenditori, dato che è della nostra Regione il record negativo di primi licenziamenti di lavoratori assunti con il contratto a tutele crescenti.
L’adeguamento al dispositivo sull’armonizzazione è da ritenersi senz’altro positivo, saremo finalmente in grado di avere numeri omogenei e comparabili, che permetteranno di completare celermente la determinazione dei cosiddetti costi standard, sia in riferimento alla nuova legge sulla finanza degli Enti locali, sia nella comparazione con altri enti regionali e con lo Stato.
Un’altra importante novità viene introdotta dalle misure adottate per applicare il cosiddetto “pareggio di bilancio”. Se da un lato tale obiettivo ci permette di abbandonare la morsa del Patto di stabilità, sentita soprattutto dagli Enti locali, dall’altro ci impone di rivedere profondamente le modalità di stanziamento delle risorse che dovranno necessariamente essere impiegate tutte nel corso dell’anno. E’ presumibile che per l’assestamento di luglio ci saranno risorse inferiori a quelle a cui eravamo abituati e che dovremo disporre di strumenti pronti per impiegare le disponibilità che si accerteranno verso il mese di ottobre del prossimo anno. Auspichiamo che si metta a punto una modalità di gestione che tenga conto del ruolo del Consiglio e che non lo releghi a mero passacarte della Giunta, così come sempre più spesso accade. Il tempo di reazione dovrà essere sempre più breve, pertanto potrebbe essere opportuno anticipare la discussione per determinare gli impieghi anche senza avere la certezza delle risorse, magari predisponendo interventi in ordine di priorità.
Se le modalità di predisposizione dei documenti per la manovra finanziaria 2.0 portano ad un maggiore ordine e chiarezza nella materia, l’impianto della divisione degli articoli va sicuramente rivisto innanzitutto allineando la numerazione degli articoli della legge collegata alla manovra di bilancio e la legge di stabilità 2016, e poi ripristinando la suddivisione come nelle passate leggi finanziarie o almeno diradando l’accorpamento delle materie. Non è possibile trattare materie che meriterebbero un articolo a se stante tutte in un unico articolo per l’amore della compattezza. Ad esempio l’articolo 3 della legge di stabilità dove sono state messe insieme materie quali ambiente, territorio, edilizia, mobilità e trasporto, che precedentemente erano suddivise in almeno due articoli. Sintomo che la divisione così fatta dell’articolato è un po’ troppo concentrata, è il tempo record in cui tutta la manovra è stata analizzata in prima Commissione integrata: l’esame compreso di discussione generale si è concluso in soli due giorni. Il Consiglio sempre più ridotto a mero passa carte delle scelte della Giunta, tenendo anche in considerazione l’alta probabilità di vederci presentare dei maxi-emendamenti in aula che avranno sicuramente poco spazio per l’approfondimento, la discussione e la condivisione.
Entrando nel merito dei due testi di legge cerchiamo di analizzare le certezze di questa manovra finanziaria. Ci è d’obbligo notare che nelle tabelle dell’articolo 2 della ddl 125 (Legge di stabilità 2016) per il Rilanciaimpresa lasciamo solo 3.9 milioni di euro. Anche se l’assessore ha promesso che aggiungeranno altri 6 milioni in assestamento, dove sono le certezze in questo caso? Non si rischia forse di disorientare gli imprenditori finanziando a singhiozzo i vari canali contributivi istituiti dalla 3/2015? In questo modo diverse imprese dovranno aspettare il prossimo assestamento con il rischio di non veder finanziati i canali contributivi utili alla loro attività per mancanza di risorse. Ricordiamo che nel 2015 con la legge rilancia imprese n. 3/2015 erano stati destinati 27 milioni di euro alle diverse linee di finanziamento di cui spesi ad oggi 18 milioni. Ci saremmo aspettati di vedere la differenza stanziata per il 2016.
Sempre all’articolo 2 nelle tabelle troviamo la somma di € 70.000 al capitolo 2116 “contributi ai distretti venatori per le spese concernenti la predisposizione dei pvd (piani venatori distrettuali)”. Tali piani venatori dovevano essere predisposti entro il 13 ottobre, stante al Piano faunistico regionale, ma ad oggi ancora non si è visto nulla e oramai siamo fuori tempo massimo. Ci auguriamo che questo sia un segnale concreto della volontà di mettere mano finalmente, ad una riforma organica della materia che sani i profili incostituzionali della nostra legge e che segni un passo certo per chi deve gestire l’attività venatoria, sia egli un cacciatore o colui che dovrà procedere ai controlli. Basta tergiversare ancora o procedere per annunci.
E’ notizia recente l’inclusione della nostra Regione da parte della prestigiosa guida “Lonely Planet – Best in travel” fra le dieci aree del mondo che i turisti «non devono perdere nel 2016». Alle dichiarazioni della Presidente della Regione “intendiamo sfruttare l’accostamento anche nel periodo del Giubileo”, non sembrano seguire iniziative straordinarie per intercettare l’afflusso turistico che potrebbe svilupparsi l’anno prossimo; la legge di stabilità poteva configurarsi in tal senso come la sede ideale per lo stanziamento delle risorse necessarie a realizzare una strategia promozionale apposita: con il testo presentato non sembra si voglia realizzare quel salto di qualità che può scongiurare la marginalità e l’irrilevanza di una regione di confine. Ci sembra di tornare indietro di un anno quando con Expo 2015 ci veniva prospettato l’arrivo di milioni di visitatori (tale da stanziare 3 milioni di euro per parteciparvi) ma di fatto la stagione estiva si è chiusa con un positivo +3,9% di arrivi (50 mila persone) molto lontano però dagli incrementi di altre regioni a noi vicine. Ci auguriamo infine che il cospicuo stanziamento di risorse per il contratto con Trenitalia, tenga conto delle necessità di quei turisti e non che prendono il treno credendo che una mobilità sostenibile ed un turismo sostenibile siano possibili.
Il comma 3 dell’articolo 3 del ddl 125 merita una riflessione: Per quale motivo nei disegni di legge presentati si prevedono finanziamenti per opere o servizi che non competerebbero all’ente regionale? In occasione dell’approvazione della legge sui beni culturali la Giunta era stata chiara: non sarebbe stato possibile contribuire con interventi a favore degli Archivi di Stato perché di competenza ministeriale. Ci si chiede come mai ora la Regione debba impiegare consistenti risorse per la realizzazione di caserme della Guardia di Finanza o per i servizi cimiteriali ricadenti in ambito demaniale. Contraddizioni del genere illustrano plasticamente come la discrezionalità decisionale della Giunta regni sovrana, in barba alla trasparenza e alla coerenza nelle scelte. Ribadendo il fatto che fra tutti gli accorpamenti di materie, quelli fatti a questo articolo sono quasi oltraggiosi, rileviamo che nonostante la cifra complessiva stanziata per l’ambiente, 54 milioni, possa sembrare notevole, le poste a favore di interventi reali si riducono drasticamente a 6 milioni in quanto 21,5 milioni servono al funzionamento dell’ARPA e 28,5 sono relativi allo sconto carburanti. Gran parte degli stanziamenti per le infrastrutture, mobilità e edilizia, se ne vanno per il servizio di trasporto pubblico locale su gomma e rotaia (130 milioni e 38,5 milioni). Bene il fondo di 2 milioni per la sicurezza stradale, peccato che verranno utilizzati per fare delle rotonde invece che per completare le piste ciclabili o attivare ZONE 30 o PEDIBUS stante i dati sugli incidenti stradali recentemente pubblicati e la drammatica necessità di ridurre le emissioni di CO2. Troppi invece ci risultano i 22,1 milioni stanziati per le infrastrutture che consteranno per la maggior parte in impermeabilizzazione di suolo e opere in aree golenali.
In tema di cultura all’articolo 4 della legge di stabilità 2016 ritroviamo l’ennesimo finanziamento al Museo della resistenza di Palmanova. Si tratta di €. 100.000 che vanno ad aggiungersi ai 120.000 della finanziaria 2015 e ai 50.000 dello scorso assestamento, tutte somme impegnate. A questo punto ci domandiamo quanto costerà con esattezza il Museo della resistenza di Palmanova? Preme rilevare che non essendo ancora predisposti i regolamenti anche per il prossimo anno quasi tutti gli stanziamenti in tema di attività culturali saranno attuati mediante tabelle e non a seguito di una progettazione triennale valutata.
Anche riguardo ai fondi per i corregionali all’estero continuiamo ad avere più di qualche dubbio: sono una delle poste che vengono aumentate e ciò viene fatto con la scusa di dare uno stimolo alla realizzazione di progetti di rete delle relative associazioni, come a dire che, al momento, il ritorno degli investimenti passati è piuttosto carente. Ci chiediamo se, invece di aumentare ulteriormente questi fondi, non sia il caso di rivederne i criteri di assegnazione, tenuto conto anche del fatto che hanno una certa consistenza, soprattutto se paragonate con quelle di interventi forse più rilevanti ed urgenti.
All’articolo 5 per quanto concerne l’istruzione non possiamo condividere le politiche portate avanti sia dal governo nazionale che da quello regionale: non parliamo solo di singoli interventi o finanziamenti ma dell’idea generale, che si sta concretamente e gradualmente attuando, di una scuola sempre più simile ad un’azienda, con tutti i meccanismi valutativi e contributivi che ciò comporta. Non si può pretendere di paragonare scuole pubbliche e scuole paritarie unicamente in termini di costi, come non si dovrebbe farlo riguardo qualunque servizio di interesse generale pubblico. Per questo motivo non possiamo giustificare le anticipazioni dei fondi statali che la nostra Regione, unica in Italia, versa alle sole scuole paritarie per garantirne l’operatività già ad inizio anno scolastico, soprattutto consci della situazione drammatica che si trovano ad affrontare le scuole pubbliche. Non accettiamo che ci venga detto che senza questi fondi le scuole paritarie non sopravvivrebbero se non ci viene prima chiarito come facciano nelle restanti regioni italiane senza tali fondi.
All’articolo 6 della legge di stabilità vediamo i certi 50 milioni di euro di cui 30 milioni di spese correnti e 20 milioni di investimento per i quali si farà ricorso al mercato finanziario. Tale somma in parte è stata stanziata per la riforma sanitaria che non è ancora partita. Abbiamo fatto la riforma sanitaria ma ad oggi non è ancora stato fatto un calcolo dei costi di questa riforma sanitaria. Solo un piccolo spunto di riflessione riprendendo le testuali parole dalla Relazione politica programmatica in cui si dice “Le linee principali su cui si muoverà l’azione della Regione prevedono una riorganizzazione dell’offerta di assistenza sanitaria nella organizzazione dei Centri di Assistenza Primaria (CAP), sedi privilegiate in cui verranno collocate molteplici figure professionali (medici di medicina generale, specialisti, assistenti sociali, infermieri, personale amministrativo) con un accesso allargato (8-12 ore al giorno) con lo scopo di facilitare, in ogni momento della giornata, l’accessibilità ai servizi e trovare una risposta più integrata e meno frammentata alla domanda di salute del cittadino. In tali sedi, si trovano le prime risposte sia di medicina d’urgenza che di medicina d’iniziativa”. Ci chiediamo se questo maggior finanziamento per la spesa sanitaria corrisponderà realmente a maggiori servizi per i cittadini o se sarà solamente un aggravio di spese verso i medici di medicina generale per invogliarli ad aggregarsi. E’ palese il rischio che queste aggregazioni diventino degli ennesimi centri commerciali, questa volta di tipo sanitario, che sguarniscono il territorio, non garantiscono il rapporto fiduciario medico-paziente e, invece che operare un’azione di filtro per l’ospedale possano causare un aumento spropositato delle prestazioni.
Nelle tabelle dell’articolo 6 abbiamo notato che si sono ridotte ma non sono del tutto scomparse le poste puntali a cui un consigliere di maggioranza ha dichiarato che voterà favorevolmente per l’ultima volta. E’ il terzo anno che sentiamo queste dichiarazioni sia all’assestamento che alla finanziaria: sarà davvero l’ultima volta?
Sempre in materia di sanità all’articolo 5 della legge collegata alla manovra di bilancio è stato posto rimedio, con un emendamento presentato dalla maggioranza, da noi sottoscritto e approvato in Commissione, ad una dimenticanza da noi segnalata diversi mesi fa durante la modifica della legge sui trasporti sanitari secondari. Avevamo infatti evidenziato più volte in aula senza essere ascoltati che nel testo di legge non erano incluse, oltre alle associazioni del registro di volontariato, le associazioni di promozione sociale, chiedendo il loro inserimento. Alla fine possiamo dire meglio tardi che mai!
L’articolo 7 della legge di stabilità ci porta a fare le ennesime considerazioni sul tema delle UTI oggetto della riforma degli Enti locali. La prima considerazione riguarda le modalità impositive utilizzate per la scelta di come formare una Uti, che evidentemente non sono state digerite e a cui bisognerà porre rimedio se si vuole portare a compimento una qualsivoglia riforma; la seconda riguarda le modalità operative delle UTI il cui governo, posto ad un livello superiore rispetto alla libera scelta dei cittadini, produce una conseguente riduzione dell’esercizio della democrazia; la terza è che, dato come assodato che la Giunta abbia deciso di portare avanti la riforma con queste modalità di aggregazione, nonostante vengano riservate consistenti risorse per l’incentivazione alle fusioni, di fatto rende questo tipo di aggregazioni ancora meno attraenti. Lasciando comunque obbligatoria l’adesione ad una UTI, la fusione di comuni piccoli o grandi che siano, non ha più alcun senso perché comunque le funzioni del singolo comune risultante andranno alla UTI ottenendo così solamente un’ulteriore complicazione procedurale. E’ difficile spiegare ai cittadini quale sia la convenienza di queste fusioni e pare riduttivo motivarle esclusivamente con una disponibilità di risorse aggiuntive per un limitato numero di anni. Rimanendo in tema di stanziamenti, con questa legge di stabilità si inaugura il dispositivo della legge 18/2015 che prevede lo stanziamento totale delle risorse da trasferire alle autonomie locali per un totale di 437 milioni ripartiti fra i diversi fondi transitori ordinari a loro riservati. Questa modalità rientra nella politica della certezza e dovrebbe consentire finalmente agli Enti locali di poter approvare il bilancio di previsione nei primi mesi dell’anno.
Un’ultima considerazione riguarda il tema delle politiche energetiche, grandi assenti di questa manovra finanziaria se non addirittura dal programma di governo di questa maggioranza. Dal 30 novembre all’11 dicembre 2015 si è svolta a Parigi la “Conference of the parties” (Cop21), forse, una delle ultime occasioni per trovare un accordo globale sul clima duraturo ed efficace, a cui hanno preso parte i principali leader del Pianeta. Secondo l’ultimo bollettino della World meteorological organization (Wmo), le emissioni di gas serra sono aumentate del 36% negli ultimi 25 anni, e del 43% rispetto ai livelli pre-industriali. La scorsa primavera, inoltre, sempre secondo la Wmo, per la prima volta i livelli medi globali di anidride carbonica, uno dei principali responsabili del surriscaldamento del Pianeta, hanno superato per un mese intero la barriera simbolica di 400 parti per milione (ppm), ben al di sopra del valore di 350 consigliato dagli scienziati. Se continuiamo a mantenere un tale consumo nel 2050 rischiamo di trovarci in un mondo sotto pressione, con il 60% degli ecosistemi a rischio, temperature in aumento tra i 3 e i 6 gradi centigradi (mentre solo un aumento contenuto entro i 2 gradi è considerato sicuro), mari più alti di un paio di metri, 200 milioni di ‘rifugiati climatici’ e un’altissima probabilità di una riduzione drastica della popolazione mondiale. Non c’è più tempo per pensare a cosa fare o aspettare che altri (lo Stato, l’Europa?) lo facciano per noi, è necessario agire adesso ed attuare tutte le misure possibili per abbattere le emissioni di Co2. Ci domandiamo cosa sia stato fatto in questa direzione in questa finanziaria; leggiamo i numeri, le norme, ma non abbiamo trovato nulla. Stiamo ancora aspettando che venga istituito un “fondo energia” per il finanziamento agevolato dell’efficientamento energetico, come da noi proposto con l’ordine del giorno approvato durante l’assestamento di bilancio del 2014.
Ci troviamo a metà del mandato di questa Giunta e cosa possiamo dire di certo: avete fatto una riforma della sanità che stenta a partire e manifesta già comunque innumerevoli criticità, vi siete votati una riforma degli enti locali che è ferma perché gli stessi enti locali non la vogliono e si prospettano più di 80 commissariamenti, avete ridotto il debito proseguendo un azione già iniziata nella precedente Giunta Tondo, avete approvato una legge sul riuso grazie al consigliere dell’opposizione Revelant, avete approvato la legge sul sostegno al reddito grazie al pressing instancabile del M5S, è notizia di questi giorni l’intenzione della Presidente di rivedere alcuni aspetti del tanto magnificato patto Padoan Serracchiani, si è persa traccia della fiscalità di vantaggio, nessuna riduzione delle imposte, e aspettiamo il volano opere…
L’operato di questa Giunta, il consenso alle sue riforme e le certezze di questa manovra finanziaria ci supportano anche nelle nostre convinzioni: per governare meglio questa regione, con una attenzione particolare rivolta al rilancio occupazionale, allo sviluppo sostenibile del turismo, al garantire i servizi sanitari pubblici ai cittadini, alla realizzazione di opere utili abbandonando definitivamente quelle imposte, inutili e costose, c’è bisogno di una Giunta a 5 Stelle.