MISURE PER LO SVILUPPO DEL SISTEMA TERRITORIALE REGIONALE: RELAZIONE DEL M5S

Il corposo provvedimento legislativo che reca una rubrica altrettanto imponente, riprende le cosiddette leggi omnibus spesso utilizzate dalla precedente legislatura di centro destra e aspramente criticate dall’allora opposizione di centro sinistra.

Pur comprendendo le ragioni manutentive dell’ordinamento e il recepimento di norme sovraordinate, si assiste per l’ennesima volta ad una soluzione tampone, non organica e non sistematica che sicuramente porterà altrettanti nuovi problemi, anziché risolvere quelli attuali o quantomeno semplificare la vita di cittadini e operatori.

Ci si riferisce non solo all’assenza di relazione tecnico-finanziaria di diverse disposizioni che incidono sul bilancio regionale e ai dubbi di legittimità costituzionale di alcune modifiche (a dir poco ardite) in materia di distanze (pareti finestrate) e procedure di regolarizzazione degli interventi in zona sismica, ma anche ad alcune precisazioni alle procedure vigenti (soprattutto in materia di varianti urbanistiche di livello comunale) che sembrano infatti dettate più per sollevare gli uffici pubblici da questioni applicative puntuali a loro esclusivo carico, piuttosto che essere sostenute da concrete esigenze di semplificazione a favore dei cittadini.

E pensare che in sede di discussione del ddl 107, ora LR 21/2015, era stata più volte segnalata la scarsa chiarezza del testo normativo che, dietro un paravento di limitare l’ulteriore consumo di suolo agricolo (ponendosi l’obiettivo del raggiungimento del consumo di suolo zero entro l’anno 2050) di fatto andava ad estendere le fattispecie di ampliamento degli insediamenti con procedura di esclusiva competenza comunale e dietro la dimostrazione di pindarici e suggestivi requisiti, senza procedere ad una riforma organica della materia ovvero senza dotare il territorio di un nuovo strumento di pianificazione territoriale regionale, visto che quello tutt’ora vigente è del 1978.
Ma in effetti, l’unica proposta di riforma organica della materia urbanistica che questa legislatura abbia generato è pdl 139, presentata il 18 marzo 2016 d’iniziativa dei consiglieri Dal Zovo, Bianchi, Frattolin, Sergo, Ussai, assegnata alla IV Commissione permanente con provvedimento del 23 marzo 2016 e a tutt’oggi in attesa di calendarizzazione.

Evidentemente l’attuale maggioranza ha dimenticato che al secondo punto del programma di governo vi era una certa riforma dell’urbanistica, obiettivo che ha giustificato anche la nomina di un assessore tecnico esterno.

Fatta questa breve premessa, utile a chiarire le motivazioni di un giudizio sostanzialmente negativo sul provvedimento, ancorché alcune disposizioni, per lo più in materia di semplificazione dei regimi edili, risultino di condivisibile contenuto e in recepimento di quanto già vige nel resto della Repubblica a seguito della cd. riforma Madia, si ritiene utile entrare nel merito, indicando le parti di maggiore criticità nella speranza che l’Aula apporti le modifiche indispensabili a dare concretezza all’ennesima legge manifesto di questa legislatura.

Stiamo per approvare una legge regionale che dovrebbe fare chiarezza sulle attività di manutenzione delle vie di navigazione, ovvero sui dragaggi. Si interviene per semplificare le procedure ed accelerarle, ma queste procedure e queste semplificazioni sono già state abbondantemente utilizzate per la realizzazione dei lavori urgenti dei lavori di dragaggio del fiume Corno. Infatti, per completare gli stessi sono servite sei perizie di variante più lavori complementari affidati cinque mesi fa ma che ancora devono iniziare, nonostante l’affidamento diretto degli stessi alle medesime imprese. Desta inoltre perplessità la norma che prevede accordi con soggetti privati titolari o gestori di marine o di porti e approdi turistici, anche tra loro consorziati, per l’attuazione in via ordinaria da parte degli stessi di interventi manutentivi dei canali marittimi e delle vie di navigazione interna di competenza regionale: tali convenzioni darebbero ai privati la facoltà di scegliere il soggetto realizzatore dell’opera, senza dover sottostare al rispetto delle procedure di scelta del contraente previste dalla normativa vigente.

In materia di sviluppo delle infrastrutture portuali, l’articolo 8 prevede l’avvio di un progetto sperimentale consistente in un servizio intermodale ferroviario di trasporto di brame di ferro tra i porti della regione e le aziende utilizzatrici situate nelle zone industriali di interesse regionale (D1), finalizzato alla riduzione del traffico su strada e all’incremento della connessa sicurezza. Nulla di più condivisibile; attendiamo però ancora di sapere se questo andrà ad interagire con le convenzioni di servizio FFSS e se per la sua concreta attuazione, gli operatori saranno lasciati in balia degli eventi.

In materia di conformazione degli strumenti urbanistici comunali al Piano paesaggistico regionale, la disposizione proposta indica genericamente le procedure della “legge regionale in materia urbanistica” senza indicare specificamente quale, un tanto perché forse la Regione dovrebbe essere in grado di stabilire se tale procedura di mera conformazione possa essere soggetta esclusivamente alle cd. varianti non sostanziali di cui alla LR 21/2015 (e apporre alla medesima legge le eventuali necessarie integrazioni), o anche o solamente alla procedura cd. ordinaria di cui alla LR 5/2007.

In materia edilizia, pur condividendo l’impianto generale delle modifiche alla LR 19/2009 in recepimento alle norme semplificatorie introdotte a livello nazionale nel 2016, si assistono ad alcune estensioni dei limiti dimensionali non coerenti con i principi generali enunciati e introdotti dal medesimo ddl all’articolo 1 del Codice regionale dell’edilizia. Ad esempio le tettoie realizzabili in libera passano da 20 mq a 25 mq (senza valutare che invece ai fini della valutazione della limitata importanza nel contesto statico le metrature stabilite dalle norme regionali di settore sono ben inferiori), utilizzando lo stesso limite volumetrico delle pertinenze (ma volume e superficie coperta non sono proprio equiparabili sotto il profilo dimensionale). Si estende inoltre la facoltà di pavimentazione di aree per parcheggio, che passerà dagli attuali 20 mq ai proposti 100 mq per unità immobiliare, misura forse eccessiva in considerazione che uno stallo di parcheggio è pari a 12,5 mq. Probabilmente la Giunta intende con ciò sopperire alla cronica assenza di posti auto delle nostre città, peccato che tale problema non si risolva pavimentando le residue aree verdi pertinenziali private.

Si introduce anche un nuovo comma all’art. 16 dedicato agli interventi in zona industriale, inserendovi interventi che già rientrano nella definizione di manutenzione e quindi già eseguibili in attività libera, come se la particolare destinazione d’uso comportasse modifiche al regime generale o richiedesse puntualizzazioni diverse rispetto agli interventi eseguibili in tutte le altre zone (è bene ricordare che un volume tecnico resta un volume tecnico, sia esso destinato ad accogliere meccanismi di un ascensore di un condominio residenziale ovvero, come proposto ora dalla Giunta, per accogliere interruttori elettrici, valvole di intercettazione fluidi, ecc.).

L’eccesso di normazione non è mai stato foriero di semplificazione, ma semmai solo testimonianza di un generale abbassamento delle competenze tecniche e di interpretazioni soggettive.

Anche l’inserimento dell’articolo 16-bis con puntuale indicazione degli interventi soggetti a comunicazione asseverata, non tiene conto che il d.lgs. 222/2016 ha trasformato la comunicazione di inizio lavori asseverata in fattispecie residuale, con la conseguenza che non è più necessaria una loro puntuale indicazione in legge, ma semmai –in caso di sussistenza di concrete esigenze di chiarezza- risulta più opportuna una loro individuazione non tassativa in regolamento (come fatto a suo tempo per la precedente fattispecie residuale, la Scia).

L’articolo 33, che a sua volta introduce un nuovo articolo 39-bis alla LR 19/2009, trasforma in misura stabile e sine die, l’efficacia del vigente articolo 58, comma 3 della LR 19/2009.

Il Piano casa del centro destra, tanto criticato e opposto dal centro sinistra nella precedente legislatura, ora non solo viene portato a vessillo della maggioranza, ma anche reso definitivo in assenza di una pianificazione territoriale regionale che porti ad attualità le oramai superate previsioni di PURG. L’applicazione a tutte le destinazioni urbanistiche e la possibilità dell’ampliamento “in corpo distaccato” (intervento, è bene ricordare, considerato border line e ricondotto dalla giurisprudenza tra le nuove costruzioni), non pare in linea con il contenimento di consumo di suolo tanto perseguito dalla Giunta. L’alibi della facoltà per il Comune di modularne o vietarne l’efficacia mediante delibera consiliare o variante di livello comunale secondo le procedure della legge regionale 21/2015, non solo non risolve le problematiche sottese, ma porterebbe ad ulteriori sperequazioni tra territori e cittadini, perseguendo pertanto obiettivi diametralmente opposti a quelli previsti dalla legge.

Purtroppo questo non è l’unico intervento in materia di Piano casa, si segnala che l’articolo 35, passato in sordina durante i lavori consiliari, modifica l’articolo 57, comma 2 della LR 19/2009 vigente, prevedendo che anche le “varianti in corso d’opera” presentate entro il 18.12.2017 vengono fatte salve per poter assentire gli interventi in deroga, con conseguente estensione -di fatto- ad ulteriori tre anni (e senza effettivo inizio dei lavori) delle disposizioni di deroga.

La circostanza che anche la Federazione regionale degli Ordini degli architetti, affermi che “le misure straordinarie sono state identificate come l’unico strumento di adeguamento e rinnovamento del consistente e compromesso patrimonio edilizio regionale, spesso altrimenti limitato, quando non impedito, dalle disposizioni contenute negli strumenti urbanistici attualmente vigenti”, non può giustificare nuove deroghe, ma dovrebbe al contrario portare l’esecutivo regionale ad una seria riflessione sui contenuti degli strumenti urbanistici e sulle procedure per le loro varianti.

Infine, riprendendo le disposizioni in materia di varianti di livello comunale di cui alla LR 21/2015, molti soggetti auditi hanno evidenziato l’inopportunità di estenderne le previsioni (che evidentemente vanno a ridurre i suoli agricoli esistenti) senza l’introduzione della cd. “clausola di invarianza” o di misure compensative. Istituto di certa competenza dello strumento di pianificazione territoriale regionale, ma che per i già denunciate ragioni di inerzia, andrebbe perlomeno introdotto in misura interinale all’interno della legge, che oltretutto persegue -anche se solo sulla carta- la riduzione del consumo di suolo.