«Il governo Renzi e la giunta Serracchiani, oltre a riconoscere all’area portuale di Trieste la qualifica di Porto franco internazionale, devono garantire tale status concretamente attraverso una adeguata dotazione di strumenti organizzativi e gestionali». A chiederlo sono i portavoce del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale che nei giorni scorsi hanno depositato una mozione incentrata sulla riforma del sistema portuale e sull’attuazione del “Piano strategico nazionale della portualità e della logistica”.
«La legge 84 del 1994 – ricorda Andrea Ussai – ribadisce la particolare disciplina del Porto franco di Trieste, demandando però la sua regolamentazione organizzativa e gestionale a un decreto del Ministero dei trasporti che non è mai stato emanato. L’assenza, pertanto, di una regolamentazione attuativa del Porto franco ha tenuto di fatto lontano da Trieste qualsiasi soggetto intenzionato a investire nello scalo portuale giuliano. Ecco perché il “Piano strategico nazionale” rappresenta un’occasione imperdibile per riaffermare le caratteristiche uniche del porto di Trieste».
«Un “Piano” che però va migliorato, basti pensare – sottolinea il consigliere M5S – che solo pochi giorni fa la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, del decreto c.d. “Sblocca Italia” nella parte in cui – incredibilmente – non prevede che il “Piano strategico nazionale della portualità e della logistica” sia adottato in sede di Conferenza Stato-Regioni. Con la nostra mozione vogliamo proprio che l’esecutivo regionale faccia pressione sul governo Renzi affinché il “Piano” venga riformulato. Innanzitutto – spiega Ussai – bisogna prevedere la compartecipazione degli enti locali e l’intesa con le Regioni nel procedimento di nomina dei presidenti delle Autorità portuali. In seconda battuta, con riferimento alla governance delle Autorità, – va mantenuto il ruolo strategico del Comitato portuale, al cui interno deve essere garantita, in modo ponderato, la presenza del sindaco delle città portuali, anche di quelle non metropolitane. Il sindaco è infatti l’unico organo di espressione diretta della comunità locale. Solo così – sottolinea il portavoce del M5S – è possibile favorire la partecipazione al tempo stesso degli enti locali, dei soggetti istituzionali e degli operatori portuali».
«Per quanto riguarda, poi, l’individuazione delle nuove Autorità Portuali di Sistema sensibilmente ridotte, riteniamo che le scelte siano state effettuate senza alcun criterio oggettivo. È assurdo pensare a una unica Autorità portuale da Ancona a Trieste! Si tratta di decisioni controproducenti rispetto allo sviluppo della portualità e della logistica, scollegate dai piani e dalla programmazione comunitaria e finalizzate unicamente a porre i porti sotto il controllo del potere centrale. Siamo proprio curiosi di sapere cosa ne pensa la presidente della Regione di questa riforma della governance. La Serracchiani, quando parla della specialità della Regione, mette infatti sempre al primo posto la portualità. Questa riforma, invece, esclude le Regioni e gli enti locali dal governo dei porti, riduce la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori, dei territori e degli operatori marittimi dalle scelte che li tocca direttamente e territorialmente e mette a rischio i posti di lavoro dei dipendenti delle Autorità Portuali».
«Ci auguriamo che la presidente Serracchiani accolga la nostra mozione con la quale chiediamo che, per ogni eventuale proposta di accorpamento fra Autorità Portuali situate in diverse Regioni italiane, debba esserci il vincolo per il governo nazionale di prendere queste decisioni di concerto con le Regioni interessate. In caso contrario è evidente – conclude Ussai con un pizzico di amara ironia – che la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia preferisca gestire la nostra specialità esclusivamente da Roma».