Il MoVimento 5 Stelle Fvg accende i fari sulle scelte fatte in merito al modello organizzativo per la ristorazione nelle strutture sanitarie del Friuli Venezia Giulia. «Abbiamo gettato i soldi pubblici spesi in passato per le consulenze oppure stiamo per optare per un modello di ristorazione ospedaliera più costoso e peggiore da un punto di vista qualitativo? Perché la giunta Serracchiani sta avvallando queste scelte? Quali sono gli interessi in gioco?». Questi i dubbi alla base di una interrogazione depositata dal consigliere regionale del M5S Andrea Ussai.
«Vogliamo sapere se il Comitato di indirizzo dell’Ente per la gestione accentrata dei servizi condivisi (Egas) – composto da tutti i direttori generali degli enti del Servizio sanitario regionale (Ssr) e dal direttore centrale della salute – abbia effettivamente preso visione e nella giusta considerazione lo studio sugli scenari e sulle scelte metodologiche relative ai servizi ristorativi per le aziende del Servizio sanitario regionale. Un lavoro – precisa Ussai – effettuato dalla Fondazione Scuola nazionale servizi e commissionato dallo stesso Egas, che è costato ben 36 mila euro».
«Vogliamo inoltre conoscere un altro aspetto di questa faccenda: gli esiti dello studio intitolato “Organizzazione della ristorazione ospedaliera in Friuli Venezia Giulia” e affidato successivamente ad alcuni professionisti locali, sono stati sottoscritti e accolti da tutti i componenti del gruppo di lavoro regionale istituito proprio per redigere una proposta operativa da sottoporre al Comitato di indirizzo di Egas?» chiede il consigliere regionale pentastellato, che vuole fare luce anche sull’utilizzo- a dir poco strano – delle risorse pubbliche impiegate in questo frangente.
«Quest’ultima domanda è più che pertinente visto che le conclusioni del gruppo di lavoro regionale contraddicono le risultanze emerse dallo studio effettuato dalla Fondazione. Valutazioni diametralmente opposte – insiste Ussai – sia riguardo all’incidenza dei costi del personale e delle materie prime sia riguardo al miglior modello organizzativo da adottare in termini di qualità, efficienza e sostenibilità del servizio».
«La giunta Serracchiani deve chiarire se, in considerazione dell’importanza del progetto per gli enti del Servizio sanitario regionale (Ssr) e dell’ingente spesa prevista per l’appalto di fornitura (21 milioni di euro), si intenda procedere a un ulteriore approfondimento su quale modello organizzativo di ristorazione ospedaliera sia maggiormente adeguato alla realtà regionale. Non vorremmo, come previsto durante la seduta del 22 settembre 2016 del Comitato di indirizzo di Egas, che si fosse già proceduto alla stesura del capitolato della nuova gara per l’affidamento del servizio di ristorazione ospedaliera, facendo propri i contenuti del gruppo di lavoro che prevedevano un’organizzazione “cook&chill” (raffreddamento veloce delle pietanze appena cotte) con un centro regionale di produzione unico. Se così fosse – attacca il consigliere pentastellato – si sarebbe disattesa completamente la mozione n.147, presentata dal M5S e approvata all’unanimità in Consiglio regionale il 30 settembre del 2015, che prevedeva il recepimento dei principi europei e nazionali degli standard qualitativi, garantendo anche la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dei meccanismi di preparazione dei pasti ospedaliere, che raccomandano di servire pasti prodotti in “modalità espressa” in sede ospedaliera, valorizzando l’impiego di prodotti freschi, per garantire criteri qualitativi alti e omogenei per tutte le strutture ospedaliere della regione».
«Quali sono le azioni di contrasto alle maggiori criticità evidenziate nel servizio di ristorazione presso gli ospedali di Udine e Trieste dove attualmente viene utilizzato il sistema “cook & chill”, con pasti serviti ai pazienti che vengono acquistati in Veneto, con tecniche che consentono la produzione addirittura anche 20 giorni prima del loro consumo?» si chiede il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle. «Nella relazione della Fondazione Scuola nazionale servizi emerge, tra le varie problematiche, quella della questione del grave sottodimensionamento della cucina di Cattinara che impatta negativamente sulla tipologia del sistema di produzione dei pasti. Quali sono allora le proposte concrete per superare la mancanza di conformità? Quali sono gli investimenti previsti?».
«Nel caso di Cattinara – conclude Ussai – è noto che molti degenti – se possono – si facciano portare il cibo da casa, non per sfizio ma per il fondato bisogno di nutrirsi adeguatamente. Sono stati presi in considerazione questi elementi inammissibili oggi in un contesto di assistenza sanitaria e di prestazioni che devono essere di livello europeo?».