
“Il nostro esplicito sostegno alla petizione era doveroso perché va a sancire, anche attraverso le firme raccolte direttamente sul territorio, una preoccupazione da noi più volte manifestata in merito alla chiusura dei consultori. In questo caso il problema riguarda Trieste, ma il principio di salvaguardia di queste strutture va ovviamente esteso all’intera regione”.
Lo evidenzia in una nota stampa la consigliera regionale Rosaria Capozzi (MoVimento 5 Stelle), presente quest’oggi nel salottino presidenziale di piazza Oberdan a Trieste alla consegna della petizione che chiede alla Regione Friuli Venezia Giulia di rinunciare all’accorpamento dei consultori nel capoluogo.
“Passare da quattro a due – aggiunge l’esponente pentastellata – costituisce un grave passo indietro, a spese soprattutto delle persone fragili che costituiscono proprio gran parte dei fruitori di servizi solo apparentemente semplici, ma in realtà molto preziosi”.
“La promozione della salute in senso globale, come viene evidenziato anche nell’istanza, deve infatti costituire un caposaldo. Pertanto, auspico un repentino dietrofront decisionale – precisa Capozzi – che riporti servizi e operatori specializzati anche nei rioni di San Giacomo e San Giovanni, e non solo in quelli di Roiano e Valmaura”.
“Siamo già scesi in piazza una volta per esprimere il nostro dissenso nei confronti di questo provvedimento, schierandoci con chi si oppone all’ennesimo taglio della sanità pubblica – sottolinea la rappresentante del M5S – per spingere i cittadini ad affidarsi a quella privata. Emerge così un progressivo impoverimento dei servizi, mentre aumentano i disagi. La legge, infatti, prevede almeno un consultorio ogni 20mila abitanti e ora più che mai non si può lucidamente pensare che il supporto offerto da due presidi fondamentali per il supporto sanitario possa essere uguale a quello offerto da quattro”.
“La prossimità di servizio – conclude Capozzi – va tutelata e non depotenziata, insieme alle preziose attività di prevenzione che si porta dietro in dote. Pare quindi necessario e doveroso compiere un urgente passo indietro, ripensando e rivalutando anche l’organizzazione per andare incontro alle esigenze del personale e dell’utenza”.