Di buone intenzioni sono lastricate le vie che portano all’inferno ed è così che la riforma della Sanità della giunta Serracchiani sebbene partisse da presupposti condivisibili è arrivata ad un testo definitivo che, cosa che è sotto gli occhi di tutti, risulta essere approssimativo e per molti versi campato in aria.
Le imprecisioni e gli errori, denunciati per primi dai professionisti auditi in commissione, sono il sintomo di una mancata condivisione e di un agire frettoloso volto più al dimostrare che si sta facendo qualcosa che al farlo bene.
Ma la cosa più grave non sono le dimenticanze nelle schede ospedaliere, di qualche funzione o di qualche reparto, ma la totale assenza di uno studio suoi risparmi e sui costi che questa riforma comporterà nel breve e nel lungo periodo.
Se uno dei principali motivi che impongono la necessità di predisporre la riforma sanitaria è quello di garantire la sostenibilità economica del sistema, come è possibile che di questo nel testo non si faccia nessun cenno concreto?
Ipocrita inoltre è l’uso continuo dello slogan “mettiamo il cittadino al centro” visto che ci si ricorda di lui solamente quando fa comodo.
Stiamo ancora aspettando che l’assessore venga in commissione, come previsto dalla legge regionale 7/2009, per poter discutere delle liste di attesa per le prestazione sanitarie, ma sono 2 anni che questa legge è disattesa e nella riforma non è previsto nessun provvedimento migliorativo a riguardo.
Inoltre la scelta del modello organizzativo che prevedere la fusione tra le aziende territoriali e quelle ospedaliere potrebbe, dopo aver risolto i problemi di illegittimità e previsti precisi paletti nella distribuzione delle risorse, portare ad un miglioramento sia della continuità delle cure che dell’uso delle risorse, ma ci chiediamo perché sia mancato il coraggio di tagliare ulteriormente il numero delle aziende per arrivare almeno ad un rapporto rispetto al numero di abitanti che si avvicini alla media nazionale, che è di una azienda sanitaria ogni 410.000 abitanti. Ma soprattutto perché si sono accorpati territori che non hanno niente in comune tra di loro? evidentemente si è preferito una suddivisione delle aziende che assomiglia più ad una spartizione politica che ad un’organizzazione che abbia a cuore i percorsi di salute del cittadino.
Per risolvere e chiarire le innumerevoli criticità emerse dalle audizioni credo che l’unica posizione di buon senso da parte di questa maggioranza dovrebbe essere quella mettersi in ascolto, evitare la fretta e dimostrare una vera aperture ad un dialogo che non sia solo di facciata. Domani potremo già verificare questa disponibilità misurando i minuti che si vorrà dedicare al comitato ristretto, che dovrebbe servire a giungere ad un testo unificato. Ci auguriamo che la priorità di questa maggioranza non riguardi solo un rispetto dei tempi “modello Renzie”.”